Puglia, «Il re del Psr in mano ai clan foggiani». Gli incontri di De Benedictis con Manlio Cassandro

Puglia, «Il re del Psr in mano ai clan foggiani» – Interdittiva antimafia all’agronomo Cassandro, caos per i fondi Ue dell’agricoltura –  fonte: MASSIMILIANO SCAGLIARINI – www.lagazzettadelmezzogiorno.it

Uno dei più noti e più attivi agronomi pugliesi, Manlio Cassandro, «ha prestato la propria attività di consulenza nei confronti di soggetti e società che sono risultati all’esito dell’attività di indagine appartenenti direttamente o indirettamente a sodalizi criminali». È con questa motivazione che il prefetto della Bat, Maurizio Valiante, ha emesso una interdittiva antimafia nei confronti della società Cassandro srl del super-consulente barlettano, 61 anni, finito in carcere nell’ottobre 2020 nell’ambito dell’inchiesta «Grande Carro» della Dda di Bari.

Cassandro è tornato libero quasi subito, scarcerato dal Riesame che ha rilevato un difetto di motivazione nell’ordinanza. Ma proprio le risultanze di quella indagine dei carabinieri, secondo cui l’agronomo avrebbe prestato la propria firma per certificare i progetti con cui imprenditori ritenuti vicini ai clan foggiani hanno illecitamente ottenuto i fondi del Psr pugliese, ha convinto la Prefettura della Bat a emettere la misura interdittiva. A Cassandro viene contestato il rapporto con Antonio Andreano, personaggio riconducibile ai Sinesi-Francavilla, sulla base di alcune fatture emesse nel 2019 per i suoi servizi di consulenza che dimostrerebbero – secondo il prefetto – una «continuità» del rapporto tra i due.

La questione è tanto più complicata perché l’ordinanza di arresto di Cassandro poi annullata dal Riesame è stata firmata dal gip Giuseppe De Benedictis, finito in carcere il 24 aprile per corruzione in atti giudiziari. Proprio la scarcerazione di due di quegli arrestati sono tra gli episodi costati il carcere al giudice e all’avvocato barese Giancarlo Chiariello. E negli atti dell’inchiesta sul magistrato figura tra l’altro un incontro tra De Benedictis e Cassandro, avvenuto a febbraio in una masseria di Altamura, nel quale i carabinieri hanno filmato quello che sembrerebbe uno scambio di regali.

In tutto questo il problema principale ce l’ha la Regione. Perché la società di Cassandro oltre ad aver istruito numerose pratiche risulta aver presentato in proprio diverse domande di accesso alla misura 16.2 del Psr, quella per il «Sostegno a progetti pilota e allo sviluppo di nuovi prodotti, pratiche, processi e tecnologie» che stanzia 24 milioni di euro per i gruppi operativi di cui fanno parte privati e centri di ricerca pubblici. Cassandro è insomma partner di numerose Università, le cui domande rischiano di risultare inammissibili. Ecco perché la Regione sta approfondendo la questione con la sua avvocatura. Ed ecco perché anche l’agronomo è corso ai ripari: ha presentato un ricorso al Tar (con l’avvocato Saverio Nitti) e sta per depositare (con l’avvocato Michele Laforgia) una domanda di controllo giudiziario. Si tratta di una specie di commissariamento, che prevede la supervisione aziendale da parte di professionisti nominati dal prefetto, e che consente all’azienda sottoposta a interdittiva di rimanere iscritta in «white list» e dunque di poter continuare  a contrattare con la pubblica amministrazione.

L’interdittiva è stata emessa proprio a seguito dalle richieste di certificazione antimafia avanzate dalla Regione lo scorso anno in relazione a pagamenti collegati con il Psr. La prefettura della Bat ha risposto negativamente, ritenendo che la società di Cassandro possa essere oggetto di un tentativo di condizionamento da parte dei clan foggiani, quelli che nell’indagine «Grande Carro» sono apparsi interessati ai finanziamenti pubblici. La difesa dell’agronomo ha argomentazioni opposte: quello con gli arrestati era un rapporto di consulenza con imprenditori incensurati, e alle fatture emesse nei confronti di Andreano hanno fatto seguito altrettanti decreti ingiuntivi per il mancato pagamento di quanto concordato.

In tutto questo c’è l’incrocio con l’indagine di Lecce su De Benedictis. Nel febbraio scorso, infatti, i carabinieri hanno pedinato il magistrato e l’agronomo e hanno documentato un incontro ad Altamura, prima in una stazione di servizio e quindi in un casale all’interno dell’azienda agricola dell’ex carabiniere Francesco Acquaviva. Al termine dell’incontro De Benedictis ha caricato sul sedile posteriore dell’auto «una busta di cellophane di colore bianco con qualcosa all’interno» e «due cartoni utilizzati per il trasporto di pizze». La distanza ha impedito ai militari di ricostruire con precisione le modalità dello scambio.

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