Pisicchio e il giallo delle dimissioni dall’Arti: tre ore dopo scattano le manette. Lunedì il suo avvocato Laforgia aveva evocato nuovi arresti

La delibera della giunta regionale: è stato revocato. La lettera dell’ex assessore: mi sono dimesso io – fonte: Massimiliano Scagliarini – www.lagazzettadelmezzogiorno.it

Una riunione volante della giunta regionale, ieri a ora di pranzo, ha rimosso Alfonso Pisicchio dall’incarico di commissario dell’Arti, l’agenzia regionale per la tecnologia, nomina che l’ex assessore regionale aveva ottenuto a dicembre dopo aver insistito con il governatore Michele Emiliano: a seguito della mancata rielezione in Consiglio regionale, nel 2020, il professore barese chiedeva un riconoscimento politico che è stato finalmente trovato facendo dimettere il predecessore Vito Albino e consegnando all’esponente di Senso civico una poltrona di secondo piano. La scelta fatta ieri dal governatore Michele Emiliano è stata ufficialmente motivata con la necessità di «accelerare il percorso di riforma dell’Agenzia» (così dice la delibera), affidando l’incarico commissariale a un dirigente (il responsabile della transizione digitale, Cosimo Elefante).

La decisione, anche per le modalità con cui è stata comunicata (la Regione ha detto di aver «commissariato» l’agenzia, dimenticando che il commissario era già Pisicchio) ha creato un giallo, l’ennesimo, di questi giorni di inchieste giudiziarie e di veleni. A creare altri dubbi è arrivata la lettera di dimissioni dall’incarico, in cui Pisicchio dice di aver «esaurito» il suo compito di riorganizzazione dell’agenzia. Ma né il comunicato ufficiale né la delibera adottata ieri parlano di dimissioni, ed è quantomeno singolare.  E potrebbe c’entrare qualcosa con la decisione della Procura di eseguire l’ordinanza cautelare di pomeriggio, invece che alle prime ore del mattino. L’ordinanza nei confronti dei fratelli Pisicchio è infatti stata depositata lunedì alle 17,30.

Il caso Pisicchio scoppiò a luglio 2020, tre mesi prima delle scorse elezioni regionali ed era quasi stato dimenticato. Alfonso Pisicchio (allora assessore all’Urbanistica) e suo fratello Enzo (detto Roberto) furono perquisiti dalla Finanza su ordine del pm Claudio Pinto con l’accusa di corruzione propria e impropria: con il sospetto di aver fatto pressioni per truccare appalti in cambio di assunzioni funzionali ad interessi elettorali. Nelle perquisizioni a casa di Roberto Pisicchio (difeso dal professor Vito Mormando) venne trovata una ingente somma di denaro contante (circa 65mila euro) che il dirigente della Leonardo giustificò – appunto – con le necessità elettorali. Ma soprattutto durante le prime fasi dell’inchiesta saltò fuori una lista di nomi che, sempre secondo quella vecchia ipotesi, potevano costituire lo scambio illecito tra un dirigente pubblico, alcuni imprenditori (tutti indagati) e i fratelli Pisicchio. Nel mirino c’erano tre appalti, uno del Comune di Bari, uno di Aeroporti, uno di alcuni ospedali pubblici. Dopo le perquisizioni di luglio 2020 non si è più saputo nulla, ma nemmeno si è mai saputo di una archiviazione del fascicolo.

Ecco dunque le suggestioni che ieri hanno preso a circolare dopo il comunicato della Regione. L’avvocato difensore di Pisicchio è Michele Laforgia, candidato in pausa dalle elezioni comunali di Bari. Martedì sera, annunciando la «remissione» della sua candidatura ai partiti che la sostengono, l’avvocato Laforgia ha parlato della possibilità che il Comune di Bari possa essere sciolto per mafia. E nell’ambito di questo ragionamento ha fatto un inciso sibillino. «È un rischio concreto, visti i segnali che vengono dal governo, anche dopo le elezioni, confermate per giugno prossimo – ha detto Laforgia -, considerate le indagini ancora in corso e i rumors di ulteriori, possibili iniziative della magistratura nelle prossime settimane».

Il 7 novembre, annunciando la sua volontà di candidarsi, l’avvocato penalista barese si disse contrario alle primarie spiegando che a Bari «c’è ancora una criminalità organizzata che domina i territori e, come dimostrano gli atti giudiziari, governa anche parte dei voti». Laforgia è l’avvocato di Nicola Canonico, arrestato a ottobre 2022 con l’accusa di voto di scambio politico-mafioso proprio in relazione alle elezioni 2019, dunque ben conosce i meccanismi descritti in quei fascicoli. Dall’ordinanza che il 4 aprile ha portato ai domiciliari Alessandro Cataldo si è appreso che Armando De Francesco, il principale accusatore dell’ex marito della ex assessora regionale Anita Maurodinoia, volendo denunciare il «metodo Sandrino» si era rivolto al suo amico avvocato Davide Bellomo (ora parlamentare della Lega) che lo aveva indirizzato da Laforgia.

Cataldo fino alla sera prima dell’arresto era in campo per stringere alleanze con uno o l’altro dei candidati alle primarie. Durante l’interrogatorio di garanzia, agitando il colloquio con De Francesco registrato con una telecamera nascosta il 12 marzo e trovato su una penna Usb il giorno dell’arresto, Sandrino ha negato di aver comprato voti, ha detto di essere vittima di un complotto e ha fatto presagire una sorta di ricatto ai suoi danni: «Mi stavo occupando delle primarie, De Francesco continuava a chiamarmi per dirmi “non ti fidare”, “non ti fidare” (di qualcuno degli interlocutori, ndr), così ho deciso di incontrarlo e l’ho registrato». La Procura naturalmente non gli crede.

Una risposta a “Pisicchio e il giallo delle dimissioni dall’Arti: tre ore dopo scattano le manette. Lunedì il suo avvocato Laforgia aveva evocato nuovi arresti”

  1. Buona sera
    non sono mai stato berlusconiano, ma purtroppo nella Storia Italiana, le inchieste ad orologeria sono fatti storicamente e ciclicamente acclarati. Non vorrei che vi sia un asse M5Stelle e parte della magistratura per deligittamare il PD in vista delle europee e divenire il movimento di riferimento a sx, per poi condizionare lo stesso Partito democratico. Perchè dopo questo tempo? Strano intreccio fra magistratura ed avvocati penalisti…

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