Pisicchio e le dimissioni lampo da commissario Arti: l’ipotesi di un messaggio inviato da Emiliano poche ore prima dell’arresto

La procura ricostruendo quanto accaduto nella giornata di venerdì 12 aprile, vuole capire se c’è stata una fuga di notizie sull’arresto oppure si sia trattato di una coincidenza. Lo smartphone dell’ex assessore ai domiciliari è sotto sequestro – fonte: Chiara Spagnolo – bari.repubblica.it

Un messaggio del governatore Michele Emiliano inviato all’ex commissario Arti Alfonso Pisicchio la mattina del suo arresto. C’è anche questo al vaglio della Procura di Bari, che sta cercando di capire se le dimissioni di Pisicchio dall’Agenzia regionale per la tecnologia e l’innovazione – arrivate il 12 aprile, poche ore prima della notifica dell’ordinanza cautelare – siano una coincidenza. O se qualcuno lo abbia avvisato di quello che stava per accadere. Sul punto domande precise sono state poste all’ex assessore nell’interrogatorio di lunedì davanti alla giudice Paola Angela De Santis e la risposta è suonata sostanzialmente così: Emiliano gli avrebbe inviato un messaggio la mattina di venerdì scorso, dicendo che l’inchiesta di cui era protagonista avrebbe subito un’accelerata. Una profezia forse. O l’ipotesi di chi ragiona da magistrato e sa che un’inchiesta ancora aperta, a quattro anni dal suo inizio, potrebbe essersi trasformata in una richiesta di misure cautelari.

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Dal fare ipotesi al decidere di commissariare Pisicchio, però, c’è un abisso. E, per ora, non si capisce bene come abbia fatto Emiliano a superarlo, anzi le dichiarazioni rese dall’ex assessore nell’interrogatorio di garanzia creano ulteriori interrogativi. Ai quali si potrà cercare di rispondere innanzitutto valutando il contenuto del suo telefono, che è stato sequestrato il giorno della perquisizione e affidato a un consulente informatico. Dell’esistenza del messaggio del governatore l’indagato ha potuto dare conto grazie a degli screenshot effettuati il 12 aprile, prima che la Guardia di finanza arrivasse ad arrestarlo. Ma è evidente che sul punto saranno necessari approfondimenti. Anche perché le versioni della vicenda fornite per ora dai diretti interessati cozzano tra loro.

Alfonso Pisicchio nella tarda mattinata del 12 aprile, infatti, aveva inviato alla Regione una lettera di dimissioni e poi aveva spiegato a Repubblica: «Non c’è assolutamente nulla di politico. La mia aspirazione è la direzione dell’accademia delle Belle Arti. E siccome a fine mese viene pubblicato il bando, temo sia incompatibile con il ruolo che svolgo». A stretto giro la giunta regionale aveva comunicato l’affidamento dell’agenzia al dirigente Cosimo Elefante, senza nemmeno nominare Pisicchio, come se si trattasse di atto slegato dalle dimissioni. ”Alfonsino”, dopo qualche ora è stato posto agli arresti domiciliari nell’ambito di un’inchiesta per corruzione, truffa e finanziamento illecito ai partiti.

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La coincidenza tra dimissioni e arresto è saltata subito agli occhi, tanto che Emiliano si è affrettato a chiarire i motivi della defenestrazione: «La nomina a commissario Arti di Alfonso Pisicchio è stata effettuata nel dicembre scorso, sulla base del fatto che aveva dato assicurazioni che le indagini a suo carico erano state chiuse con archiviazione. Nel momento in cui è stato richiesto allo stesso di dare riscontro fattuale a queste assicurazioni, alla luce delle verifiche a 360 gradi che l’amministrazione regionale sta effettuando su tutte le eventuali situazioni giudiziariamente rilevanti, lo stesso non è stato in grado di dare tali riscontri». Da qui la decisione di commissariare il commissario. Anche se, stando a quanto avrebbe dichiarato Pisicchio, la mattina del 12 aprile il presidente sapeva molto di più di ciò che ha dichiarato nel comunicato e cioè che l’indagine era ad una svolta.

 

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Pisicchio tira fuori i messaggi con Emiliano il giorno dell’arresto: «Mi disse: c’è un’indagine su di te, dimettiti o ti caccio»

fonte: GIOVANNI LONGO E MASSIMILIANO SCAGLIARINI -www.lagazzettadelmezzogiorno.it

Chissà cosa accade nella testa di un uomo cui qualcuno annuncia che c’è una indagine su di lui e, quindi, deve scegliere tra dimettersi o essere cacciato. Alfonsino Pisicchio, l’ex assessore regionale pugliese all’Urbanistica finito ai domiciliari mercoledì 10, ha raccontato che gli è accaduto proprio questo, in quelle concitate ore in cui tutto è precipitato. A ora di pranzo la giunta ha approvato una delibera con cui gli è stato revocato l’incarico di commissario straordinario dell’agenzia Arti. A sera, letta la notizia, la Procura di Bari ha anticipato l’esecuzione della misura cautelare che il gip aveva depositato 48 ore prima e che con ogni probabilità avrebbe atteso fino al lunedì successivo.

E dunque, cosa successe quella fatidica mattina? Pisicchio lo ha raccontato al gip Ilaria Casu durante l’interrogatorio di garanzia di lunedì scorso. Lo ha fatto leggendo, da un foglio stampato, lo screenshot della conversazione di Whatsapp con il presidente della Regione, Michele Emiliano. Uno scambio di messaggi che – ha detto l’ex assessore, cui la Procura di Bari contesta le ipotesi di corruzione e turbativa d’asta per un appalto truccato in cambio di posti di lavoro – lo aveva colpito e sconvolto a tal punto da fotografare la conversazione, girarla ai più stretti familiari, e parlarne immediatamente al telefono con la moglie. Quando mercoledì 10 è stato arrestato dagli uomini della Finanza, agli ordini del colonnello Arcangelo Trivisani, a Pisicchio e a suo fratello Enzo sono stati sequestrati i telefoni cellulari che ora vengono esaminati dal consulente della Procura, Raffaele Colaianni. Enzo è stato sorpreso dai militari mentre cancellava alcune conversazioni, ma i software forensi permettono quasi sempre di recuperarle. Lo screenshot che l’ex assessore ha letto davanti al gip è stato preso dal telefono della moglie. È quello che lui stesso le aveva inviato.

«C’è una vecchia inchiesta che ti riguarda e che ha ripreso slancio», gli ha scritto in sostanza Michele Emiliano spiegandogli così perché gli stava chiedendo di lasciare l’incarico nell’Arti, l’Agenzia regionale per la tecnologia, dove lo stesso governatore pugliese lo aveva nominato nel dicembre precedente. Alle rimostranze di Pisicchio, alla richiesta di chiarimenti da parte dell’uomo politico che ha vissuto vent’anni a fianco di Emiliano, essendone per un periodo anche vicesindaco di Bari, il governatore ha fatto riferimento a «fonti romane». Fonti romane molto informate, visto che sarebbero state a conoscenza di alcune novità molto precise: in particolare dell’«attualizzazione delle esigenze cautelari», cioè dell’informativa delle Fiamme gialle che il pm Claudio Pinto ha depositato l’8 febbraio per spiegare al gip perché, dopo oltre tre anni dai fatti contestati, c’era ancora la necessità di rinchiudere Pisicchio ai domiciliari. «Possiamo vederci e parlarne?», gli chiede dunque Pisicchio. La risposta di Emiliano è «no». «O ti dimetti o ti revoco».

I messaggi tra Emiliano e il suo ex assessore sono stati letti (e sono finiti a verbale), ma non sono stati depositati durante l’interrogatorio. Il perché è ovvio: la Procura ha in mano il cellulare di Alfonsino e quello di Enzo, e potrà dunque verificarli da sé insieme alla tempistica di tutta questa storia che ha imposto un’accelerazione inusuale all’esecuzione degli arresti. Non capita tutti i giorni che una misura cautelare venga eseguita dopo il tramonto. E la descrizione fatta da Pisicchio di quel mercoledì pare la sceneggiatura di un giallo malriuscito.

Conviene a questo punto riassumere i tempi per come emergono dagli atti disponibili (tra cui non c’è il verbale dell’interrogatorio di garanzia di Alfonsino Pisicchio, non ancora depositato). Il primo atto dell’indagine è una informativa del Noe dei carabinieri datata 12 marzo 2019, in cui si dà conto di una denuncia della stessa Regione sulle polizze fideiussorie false presentate a garanzia delle autorizzazioni concesse ad alcune cave. Otto giorni dopo, il pm Claudio Pinto (con l’aggiunto Alessio Coccioli, da tre giorni passato a guidare la Procura di Matera) firma una delega per ascoltare la dirigente Barbara Valenzano, che conferma i fatti e li integra con ulteriori elementi. Le indagini procedono. Il 16 gennaio 2023 il pm Pinto deposita una richiesta di custodia cautelare con cui chiede il carcere per sei persone (tra cui i fratelli Pisicchio), i domiciliari per altri quattro e l’interdizione per ulteriori tre indagati. L’8 febbraio viene depositata la nota del Nucleo di polizia economico finanziaria in cui ci sono, scrive il pm, gli elementi «che consentono di ritenere attuali e concrete le esigenze cautelari». Enzo Pisicchio risulta rappresentante legale di Iniziativa Democratica e Bari al Centro, due liste legate al centrosinistra. Ad Alfonsino fa riferimento invece Senso civico per la Puglia, e tra gli elementi di novità portati dalla Finanza c’è appunto la delibera del 7 dicembre 2023 con cui è stato nominato dalla giunta commissario straordinario dell’Arti.
Torniamo ai tempi (una cronologia dei fatti, che non intende in alcun modo metterli in correlazione l’uno con l’altro). Il gip Ilaria Casu deposita l’ordinanza di custodia cautelare alle 17,10 di lunedì 8 aprile: è proprio quella nota di febbraio della Finanza a convincerla dell’esistenza di un pericolo di reiterazione delle condotte corruttive contestate ad Alfonsino Pisicchio, per le quali il gip ritiene sufficienti i domiciliari. L’ordinanza (sul frontespizio del documento c’è una sigla di «pervenuto» che lo attesta) viene ritirata dal pm il giorno successivo, martedì 9 aprile.

La mattina di mercoledì 10, di prim’ora, Alfonso Pisicchio sostiene quella conversazione con Emiliano. Poi – è sempre lui a raccontarlo nell’interrogatorio – sconvolto, dopo aver parlato al telefono con la moglie ed aver girato lo screenshot ad altri familiari (il fratello, forse anche una cognata), si reca nello studio del suo avvocato Michele Laforgia dove resta fino al pomeriggio. Nel frattempo la giunta regionale si riunisce e adotta la delibera numero 9/2024 della Segreteria della presidenza in cui dispone il «trasferimento delle funzioni commissariali» di Arti a un dirigente, senza fare riferimento alcuno a dimissioni di Pisicchio. La firma digitale del governatore Emiliano risulta apposta alle 14,13 del 10 aprile, alle 15,48 un comunicato stampa della Regione informa della nomina di un nuovo commissario ancora una volta senza riferimenti alcuno al nome di Pisicchio, che fa invece circolare tra i giornalisti una sua lettera di dimissioni datata sempre 10 aprile. Quando sui siti appare la notizia, in Procura decidono evidentemente che non si può aspettare il lunedì. Gli arresti vengono eseguiti intorno alle 20.
Il resto è tutto noto. Il giorno dopo l’arresto, Emiliano con un altro comunicato stampa spiegherà che «la nomina (di dicembre all’Arti, ndr) è stata effettuata sulla base del fatto che il prof. Pisicchio aveva dato assicurazioni che le indagini a suo carico erano state chiuse con archiviazione. Nel momento in cui è stato richiesto allo stesso professor Pisicchio di dare riscontro fattuale a queste sue assicurazioni, alla luce delle verifiche a 360 gradi che l’amministrazione regionale sta effettuando su tutte le eventuali situazioni giudiziariamente rilevanti, lo stesso non è stato in grado di dare tali riscontri. Per questa ragione in data di ieri (cioè mercoledì 10, ndr) ho proposto alla giunta di sostituirlo con un dirigente della Regione Puglia».
Laforgia, che il martedì in una conferenza aveva parlato di «indagini in corso, ci sono rumors di nuove iniziative», riterrà opportuno rimettere il mandato difensivo e allo stesso tempo spiegare che in quelle sue frasi non c’era «nulla di sibillino»: «Non sapevo e non potevo sapere nulla dell’ordinanza custodiale depositata alle 17,10 di lunedì scorso anche nei confronti di Alfonso Pisicchio, dal quale ero stato nominato difensore a seguito di una perquisizione eseguita nel lontano luglio 2020. Quello che sapevo, e che era noto a tutti, compresi naturalmente gli indagati, gli organi istituzionali e l’opinione pubblica, è che potevano esservi nuovi arresti e che vi era da quattro anni un procedimento pendente per gravi reati a carico di Pisicchio e altre persone».

Sarà ora il nuovo difensore di Alfonsino Pisicchio, l’avvocato Salvatore D’Aluiso, a scegliere la strategia. Lunedì dopo l’interrogatorio D’Aluiso ha detto che valuterà l’ipotesi di chiedere la revoca degli arresti. Ieri, interpellato dalla «Gazzetta», non ha voluto fare alcun commento su quanto riferito dal suo cliente. «No comment» anche dal professor Vito Mormando, difensore di Enzo Pisicchio (insieme al collega Francesco Paolo Sisto, omonimo del viceministro alla Giustizia) che durante l’interrogatorio ha scelto la strada del silenzio. Anche lui sta valutando l’ipotesi di un ricorso al Tribunale del Riesame. La Procura, intanto, ha fatto acquisire la delibera con cui Emiliano ha revocato l’incarico di Alfonsino, ed esaminerà il contenuto del suo cellulare. Lì dentro ci sono tutti i messaggi. Potrebbe esserci anche qualche risposta.

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