da www.lagazzettadelmezzogiorno.it/…
Omicidio volontario nei confronti di ignoti: è l’ipotesi di reato sulle quali indaga la procura della Repubblica di Trani nel tentativo di far luce sulle circostanze dell’esplosione di un peschereccio di Molfetta (Bari) – il Francesco padre – avvenuta il 4 novembre 1994 a 20 miglia dal Montenegro, nella quale morirono cinque persone.
La procura ha avviato dieci giorni fa, per la terza volta, le indagini sulla vicenda: nel 1997 e nel 2001 le inchieste furono archiviate per la morte del presunto reo, il motorista Luigi De Giglio, per il trasporto di armi ed esplosivo destinato a Paesi dell’ex Jugoslavia, il cui scoppio accidentale avrebbe causato la tragedia. Contro questa ipotesi i familiari di De Giglio hanno chiesto, e ottenuto, di riaprire l’inchiesta.
I resti del peschereccio e degli altri quattro componenti l’equipaggio, come accertarono immagini filmate, si trovano a circa 294 metri di profondità. Tra le ipotesi formulate dai familiari delle vittime, che hanno chiesto il recupero del relitto, quelle che l’esplosione sia stata causata dalla manovra di un sommergibile. In quel periodo, infatti, erano in corso operazioni della Nato nell’ambito del conflitto nei Balcani.
«L’ipotesi investigativa di omicidio volontario – afferma l’avv. Nichy Persico che insieme con i colleghi Ascanio Amenduni, Nino Ghiro e Vito D’Astici assiste alcuni parenti delle vittime – è in linea con quanto sino a oggi ipotizzato dagli stessi familiari in quanto, evidentemente, esclude il fatto accidentale nonchè il trasporto di esplosivi. Certo è – conclude Persico – che in questo momento ogni ipotesi ha bisogno di essere attentamente vagliata».