Francesco Padre, i familiari: «Speriamo che i reperti possano parlare»

 


Foto: © MolfettaLive.it

di Rosanna Buzzerio
www.molfettalive.it

Riprenderanno nei prossimi giorni leoperazioni di recupero dei reperti del “Francesco Padre” nelle acque al largo del Montenegro. 

E’ lo stesso capo della Procura di Trani, Carlo Maria Capristoin un’intervista rilasciata ad Antenna Sud, a dichiarare che «dallo studio di un reperto sono state trovate delle indicazioni tecniche molto importanti, che ci inducono a ripetere l’immersione in una zona limitrofa a quella già oggetto della raccolta dei reperti». 

Alle operazione di recupero dei reperti presente Maria Pansini, figlia del comandante del motopesca affondato il 4 novembre 1994, da sempre in prima linea alla ricerca della verità. Ha voluto vedere con i suoi occhi quello che resta del peschereccio e dei suoi uomini. E’ lei a raccontarci le emozioni e le sensazioni provate a bordo del cacciamine “Viareggio”. 

Lei ha vissuto in prima persona il recupero del “Francesco Padre” che sensazioni le ha suscitato rivedere il relitto? Quale è stato il suo primo pensiero? 
«Intanto è bene chiarire che non si è mai parlato di recupero dell'intero relitto del“Francesco Padre”, perché i costi sarebbero molto elevati; si è andati lì per cercare di recuperare i resti umani e parti del peschereccio che potessero chiarire le dinamiche della tragedia; le emozioni provate in quei momenti sono difficili da descrivere. 
Il primo pensiero appena partiti dal porto di Brindisi sul cacciamine “Viareggio” è stato: ecco anch’io come il peschereccio sto percorrendo la stessa rotta che li ha portati via per sempre, lasciando in noi parenti tante domande su cosa fosse successo e ora che mi viene data la possibilità vado sul luogo perché sia fatta giustizia».
 

Nelle immagini girate due anni dopo l’affondamento del peschereccio, il suo nome era ancora riconoscibile. Si notavano i resti dell'equipaggio. E oggi, dopo 17 anni? 
«Nelle immagini girate nel giugno 1996 dall’Impresub il peschereccio era intatto, ma soprattutto si vedevano i resti umani, oggi invece il peschereccio c’è ancora, coperto da molte reti lasciate da altri pescherecci, ma i resti dell’equipaggio non ci sono più». 

Nel corso delle operazioni di recupero gli inquirenti e gli esperti di parte hanno già potuto sollevare qualche ipotesi su quello che è accaduto quel 4 novembre 1994? 
«Le posso dire solo che durante tutte le fasi, da quelle della perlustrazione con il Pluto all’ultima con il palombaro, tutti gli inquirenti, periti, avvocati erano lì attenti ad osservare lo schermo, cercando di individuare anche il più piccolo elemento che potesse essere utile ai fini dell’indagine». 

I reperti recuperati possono parlare ancora? 
«Lo spero proprio. Comunque sono stati nominati altri periti, proprio perché i familiari vogliono essere, questa volta, parte attiva nella ricerca della verità. Sono specialisti di altissimo livello. Da ultimi vi sono Paolo Cutolo e Mario Nigri, per la parte esplosivi e balistica, e in precedenza il chimico Domenico D'Ottavio. In testa, naturalmente, l'Ing. Francesco Mastropierro, da sempre a noi vicino in questa triste vicenda. Colgo l'occasione per ringraziarli di tutto cuore per quel che stanno facendo e che faranno». 

Rispetto al passato sembra ci sia molta più collaborazione sul caso del “Francesco Padre”, sia da parte della Procura, che della Marina Militare… 
«Questa volta forse, a differenza di 17 anni fa, c’è la volontà di tutti affinché si giunga alla verità. 
Tutti stanno facendo la loro parte, è un lavoro di collaborazione, in passato è mancato proprio questo; si era creato un muro tra Procura e familiari, oggi per fortuna tutto è diverso. La Marina Militare si è messa a completa disposizione, peccato il maltempo ha portato ad accelerare le operazioni, ma non per questo fatte in modo superficiale». 

Sarà presente anche lei quando i reperti saranno esaminati? 
«Non lo so. Ma se sarà possibile sarò presente. Quegli oggetti sono, comunque, tutto ciò che resta del “Francesco Padre” e della sua storia. 

Vorrei cogliere l’occasione per poter ringraziare il procuratore Capristo, il pm Maralfa, i nostri avvocati Persico, Amenduni, Ghiro, D’Astici, gli investigatori e tutti coloro che con noi familiari si battono affinché la verità possa emergere, nonostante siano passati 17 anni. Grazie».

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