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Difetti di notifica nella prima udienza, martedì, del processo di appello nei confronti di Pino Amato, Giovanna Anna Guido e Pasquale Mezzina.
Per cominciare a dibattere dei fatti del 2005 si dovrà attendere il 24 settembre. Si fronteggeranno in aula la procura generale, rappresentata da Giuseppe Scelsi, ex sostituto procuratore della Dda di Bari e ora alla Corte d’Appello, il Comune di Molfetta, parte civile rappresentato dall’avvocato Maurizio Masellis e i tre imputati Amato, Guido e Mezzina, condannati nel maggio 2010 rispettivamente a tre anni, un anno e quattro mesi, due mesi e venti giorni di reclusione (la pena di Amato fu condonata dall’indulto; a quelle di Guido e Mezzina fu concessa la sospensione condizionale e la non menzione della condanna).
Voto di scambio il reato principale contestato all’ex presidente del Consiglio comunale e assessore, ora nell’Udc, per cui il pm Giuseppe Maralfa chiese e ottenne la condanna con l’accusa di aver messo in atto una presunta rete di contatti a fini elettorali. Assieme ad Amato furono condannati anche la rappresentante legale dell’istituto di vigilanza La Securpol s.r.l. e l’ufficiale di Polizia municipale, mentre andarono assolti gli altri imputati Girolamo Antonio Scardigno, Gaetano Brattoli, Vincenzo de Michele e Vito Pazienza.
Patteggiarono, e quindi il loro procedimento fu definito in udienza preliminare, il tenente Vincenzo Zaza e l’ufficiale Gianfranco Michele Piccolantonio, entrambi nella Polizia municipale, condannati rispettivamente a tre e un anno di reclusione (anch’essi beneficiarono dell’indulto).
I fatti che portarono alla condanna si riferiscono al 2005, epoca in cui Amato, eletto nelle liste di Forza Italia, ricopriva la carica di assessore alla Polizia municipale nella giunta di Tommaso Minervini. Le indagini nacquero da alcune minacce ricevute dallo stesso politico, quando ancora ricopriva la carica di presidente del Consiglio comunale. Furono avviate ricerche che non riuscirono a identificare gli autori dei messaggi, ma al contempo portarono gli inquirenti alla formulazione delle accuse.
In quattro hanno presentato istanza di appello. Sono i tre imputati e l’avv. Bartolomeo Morgese, legale di Matteo d’Ingeo, coordinatore del movimento Liberatorio politico, parte civile che in primo grado non vide riconosciuta la richiesta di risarcimento.
Il 24 settembre, alla ripresa del procedimento, la corte (Mancini, Rizzi, De Scisciolo) provvederà alla stesura di un calendario di udienze.
…e pensare che molti dei “soggetti” citati non solo sono in circolazione ma, addirittura, PRETENDONO ( a quale titolo poi?) di condizionare la politica molfettese. Questi ” Cetto Laqualunque” DEVONO essere fermati!!! Serve un argine a questo degrado morale perchè la STAMPA LOCALE ( soprattutto la “Novella 2000” che va tanto di moda ultimamente) tace , preferendo il pettegolezzo alle notizie …serve il LIBERATORIO!!!