ONDA NERA

Mediterraneo.

 

Il Mare Nostrum è inquinato da grandi quantità di petrolio e lo avvelenano valanghe di sostanze chimiche. In Italia a rischio anche le aree protette: al largo della Toscana il governo Berlusconi ha autorizzato un rigassificatore. Greenpeace: “Veleni a galla”  

E’ l’impasto dei colori a folgorare il viaggiatore che sbarca in questa trentina tra isole e isolotti di natura incontaminata. L’acqua blu cobalto si illumina di turchese sotto costa, là dove accarezza il verde acceso della macchia e le scogliere di granito rosato modellate dal maestrale. Le cinque e miglia e mezzo di mare che separano l’isola di Razzoli (Parco Nazionale della Maddalena dal ’96) da quelle di Lavezzi si trovano sulla rotta di grande navigazione che da Marsiglia, per lo Stretto di Messina scende al Canale di Suez e si dirige nell’estremo Oriente. Chi ha esperienza di navigazione sa che queste acque sono difficili a cause di secche, scogli e venti tesi.
Ecologisti, scienziati e navigatori concordano nel ritenere che lungo la Penisola italiana sono particolarmente a rischio di inquinamento petrolifero proprio le Bocche di Bonifacio (fra Sardegna e Corsica), la laguna di Venezia e lo Stretto di Messina. Si tratta di zone di incalcolabile valenza naturalistica e grande importanza storica per l’umanità: ecosistemi sensibili che vanno protetti dal verificarsi di incidenti le cui conseguenze sarebbero catastrofiche. Ogni giorno è inquinato da grandi quantità  di petrolio e lo avvelenano fiumi di sostanze chimiche. Mentre sono numerosi i traffici illegali di scorie nucleari – spesso inabissate – a solcare i suoi mari. Sono alcune gravi emergenze del Mediterraneo.
Un mare sempre in bilico tra vita e morte e che non smette mai di stupire. Greenpeace sta combattendo dall’Italia la sfida per poterlo salvare, appuntando l’attenzione sul Santuario dei Cetacei (nato nel 1999 – un triangolo marino protetto a parole che si estende dalla Liguria alla Toscana fino alla Sardegna e include la Corsica. L’ultimo rapporto – “Veleni a galla” – sulla base di una solida documentazione scientifica non fa sconti: «Da anni Greenpeace denuncia che la mancanza di norme specifiche e controlli rigorosi hanno portato l’area a uno stato avanzato di degrado. Dal 2010 l’inquinamento da sostanze pericolose oltre a contaminare l’ambiente sta avendo un impatto negativo anche sulla catena alimentare. – I guerrieri dell’arcobaleno non scherzano e sono ben documentati – Tra i fattori che maggiormente minacciano il Santuario troviamo inquinamento, traffico marittimo, contaminazione da batteri fecali e dulcis in fundo, l’imminente costruzione di un rigassificatore di fronte alla costa di Pisa-Livorno». A cui si sommano le ininterrotte esercitazioni belliche della Nato – con unità a propulsione ed armamento nucleare – e delle varie forze armate italiane, da nord a sud della penisola, isole ed aree marine “protette” (sulla carta) ben incluse. Diamo i numeri: solo nel 2011 l’Unep ha rilevato “un migliaio di sversamenti deliberati di greggio”. 
Un milione di tonnellate ogni santo anno: è la quantità di “oro amaro” che inghiotte  suo malgrado la culla della civiltà occidentale, a causa di incidenti e perdite fisiologiche. Anche se la Convenzione di Barcellona – in vigore dal 1976 – li vieta espressamente, gli scarichi nocivi si moltiplicano. Il Mare Nostrum è la rotta di navigazione preferita per il trasporto di petrolio dai paesi produttori a quelli industrializzati. Pur rappresentando appena lo 0,8 per cento della superficie marina mondiale, è interessato dal 35 per cento del traffico marittimo planetario. In cifre: 400 milioni di tonnellate annue – secondo stime UNCTAD (la Conferenza delle Nazioni Unite sul Commercio e lo Sviluppo) – che potrebbero diventare circa un miliardo nel 2012.
Ogni giorno – attesta il Centre of Documentation Reaserch on Accidental Water Polluction – in questo bacino naturale, che impiega 80 anni per il ricambio delle sue acque superficiali circolano 250 – 300 petroliere (il 70 per cento ancora monoscafo). L’assenza di un sistema di controllo VTS (Vessel Traffic Service) integrato per l’intera area mediterranea non consente di acquisire dai centri di controllo notizie in anticipo sulle navi in difficoltà come avviene in Canada. 

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