Nardi, i veleni dell’ex gip: «Io vittima di complotto. A Lecce giudici ricattabili»

L’Anm dopo la condanna annullata: frasi inaccettabili. La difesa del magistrato aveva chiesto alla Cassazione di spostare il processo – fonte: Massimiliano Scagliarini – www.lagazzettadelmezzogiorno.it

Avrebbe voluto che fosse la Cassazione a decidere dove celebrare il suo processo. Il 1° aprile l’ex gip Michele Nardi ha ottenuto anche di più: la Corte d’appello di Lecce ha direttamente annullato la sentenza con cui il magistrato tranese è stato condannato in primo grado a 16 anni e 9 mesi, riconoscendo l’incompetenza territoriale della Procura di Lecce e disponendo il trasferimento degli atti a Potenza dove ora bisognerà ricominciare dall’udienza preliminare. Ma con una istanza di remissione depositata il 23 marzo, Nardi ha lanciato la sua bomba, dichiarandosi vittima di un complotto e lanciando accuse pesantissime a tutti.

Quelle 46 pagine di veleni faranno discutere. Già dopo la sentenza della Corte d’appello la sezione di Lecce dell’Anm è insorta a difesa dei colleghi, parlando di «attacco gratuito verso il lavoro dei magistrati». Stavolta Nardi ne ha per tutti: per i carabinieri che hanno fatto le indagini, per i giornalisti e soprattutto per i magistrati. Partendo dal «totale scadimento della cultura della giurisdizione che connota i magistrati pugliesi»: da quelli di Lecce (che «non sono stati, non possono essere, e tanto meno apparire, imparziali e sereni nella decisione del processo») fino al presidente della Corte d’appello di Bari, accusato (in maniera avventata) di essersi pubblicamente espresso sugli arresti «senza la dovuta prudenza». Una situazione figlia, secondo la difesa di Nardi, dell’«aggressiva e abnorme campagna giornalistica condotta dalla stampa locale nei confronti dell’imputato» e delle «dinamiche in seno all’ambiente giudiziario pugliese di cui tale campagna è sicuramente, almeno in parte, causa».

Nardi aveva ricusato, per grave inimicizia, il presidente di sezione di Corte d’appello, Vincenzo Scardia, lo stesso che ha poi accolto le sue richieste annullando tutto. Nella istanza di rimessione del processo la difesa dell’ex gip ha attaccato anche il presidente del collegio di primo grado, Pietro Baffa, per via di «una certa ricattabilità da parte dell’ambiente giudiziario leccese» poiché il suo nome compare nelle chat dell’ex segretario dell’Anm, Luca Palamara. «Questo – sempre secondo la difesa di Nardi – ha reso la posizione di Baffa particolarmente ricattabile e sottoposta alla influenza anche della Procura della Repubblica locale e ciò ne spiega l’atteggiamento ostile e preconcetto rispetto alla difesa e il continuo pronarsi acritico nei confronti dell’accusa».

Nardi, che ha una condanna passata in giudicato per calunnia, adombra complotti. Racconta che nel 2014 un compagno di scuola di suo figlio «fece la “profezia” che suo padre – cioè l’attuale istante – sarebbe stato arrestato per corruzione dai Cc di Barletta», come poi avvenuto 5 anni dopo. Il figlio di Nardi a inizio 2021 ha poi registrato di nascosto quel compagno di liceo, nel frattempo diventato sottufficiale dei carabinieri, che «alla fine della conversazione registrata è costretto ad ammettere che il padre aveva amicizia con un carabiniere di Barletta».

Ma ce n’è anche per i giornalisti. A partire dalla «Gazzetta», accusata di «un’autentica attività costante di diffamazione e denigrazione», oltre che di contiguità con i magistrati perché «l’entità abnorme della richiesta di pena della Procura (vent’anni) era anticipata dalla stampa prima dell’inizio del dibattimento». Ma non soltanto. Nardi ha registrato di nascosto un giornalista televisivo, che avrebbe ammesso di aver taciuto un fatto sostanziale: «I signori Ferri e Casillo, i due accusatori del Nardi, all’epoca dei fatti si erano rivolti a lui (cioè al giornalista, ndr), quando temevano di essere arrestati, riferendogli che avevano ricevuto una richiesta di tangenti dal dr Savasta e non certo dal Nardi. Nel corso di tale incontro i signori Ferri e Casillo chiedevano a quest’ultimo (al giornalista, ndr) di fare da intermediario con il Savasta per ridurre l’entità della tangente (…). Ma [il giornalista] non aveva sentito la necessità di riferire quanto a lui noto circa l’estraneità del Nardi all’autorità giudiziaria lasciando che questi, in carcere all’epoca di quelle deposizioni testimoniali, venisse linciato pubblicamente».

Già dopo l’annullamento della sentenza le polemiche sono state roventi. «Definire la sentenza emessa dal Tribunale di Lecce “ignobile”, tacciare di incompetenza, o quantomeno di superficialità, lo studio e l’analisi delle carte processuali compiute da quei magistrati rappresentano messaggi fuorvianti per la collettività e sono frasi gravemente lesive della loro professionalità, e dunque di quella dei tanti colleghi che ogni giorno, in silenzio, svolgono il proprio lavoro nel rispetto delle parti e dei principi imposti dalla Costituzione e dalla Legge, primo fra tutti quello della presunzione di innocenza», ha detto la segretaria dell’Anm distrettuale, Laura Orlando, che ha espresso «piena solidarietà» ai magistrati «ingiustamente lesi dai toni di talune dichiarazioni».

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