Licenziato medico, aveva chiesto una mazzetta a un laboratorio di analisi di Molfetta

Bari, «mazzette» dai privati: licenziato medico dalla Asl

fonte: MASSIMILIANO SCAGLIARINI – www.lagazzettadelmezzogiorno.it

A settembre 2014 fu arrestato in flagranza dalla Finanza mentre intascava una mazzetta da 10mila euro dal proprietario di un laboratorio privato di Molfetta. Ieri un medico della Asl di Bari, Michele Picciariello è stato licenziato in tronco dopo quasi cinque anni in cui non è mai rientrato al suo lavoro, quello di responsabile dell’Unità di valutazione dell’appropriatezza dei ricoveri: era l’uomo dei controlli sulle strutture accreditate, ma chiedeva soldi per chiudere un occhio.

Il procedimento ai danni di Picciariello si è concluso ieri con la firma, da parte del direttore generale della Asl, Antonio Sanguedolce, della delibera che prende atto della proposta dell’Ufficio procedimenti disciplinari. La Procura di Bari (il pm Luciana Silvestris e l’aggiunto Giorgio Lino Bruno) era intervenuta dopo la denuncia della titolare del laboratorio di analisi di Molfetta, secondo cui il medico avrebbe paventato l’esistenza di una serie di irregolarità che si sarebbero potute sistemare con una tangente da 50mila euro. E così la consegna della prima rata è stata ripresa dalle telecamere della Finanza, in un video in cui si vede Picciariello che apre una busta gialla e conta il denaro (fidarsi è bene…). Per questo l’uomo finì ai domiciliari e l’arresto venne poi convalidato dal Gip. A fine giugno, nel frattempo rimesso in libertà, Picciariello ha patteggiato una pena di tre anni e quattro mesi per concussione. E così il procedimento disciplinare è ripartito e si è concluso con il licenziamento senza preavviso che scatta a partire da oggi.

Nel caso del medico bitontino – che ora passa anche all’esame dell’Ordine – la Asl ha atteso la condanna in sede penale. Non sarà così per i «furbetti del cartellino» degli ospedali di Molfetta e Monopoli, che a luglio sono finiti al centro delle indagini coordinate rispettivamente dalla Procura di Trani e da quella di Bari. La differenza sta nel fatto che, nel 2017, i decreti Madia hanno modificato la normativa sul pubblico impiego introducendo il principio della tolleranza zero: chi tenta di truffare il proprio datore di lavoro e viene scoperto in flagranza, dice la legge, deve essere licenziato.

I procedimenti disciplinari relativi ai fatti di Molfetta e Monopoli sono infatti partiti poco dopo gli arresti, con la Asl che ha acquisito gli atti di indagine dalla magistratura, e riguardano tutte le persone che sono state colpite da provvedimenti cautelari (tra loro in tutto 26 medici) con l’accusa di aver utilizzato in maniera impropria il badge per l’entrata e l’uscita dal lavoro. Così come prevede la legge, l’azienda sanitaria ha inviato una contestazione di addebito dando la facoltà alle persone interessate di fornire la propria versione dei fatti. Nei prossimi giorni, l’ufficio procedimenti disciplinari diretto dal dottor Vincenzo De Filippis depositerà le proprie conclusioni che saranno poi recepite nelle delibere. La legge, come detto, prevede una sola sanzione possibile, il licenziamento senza preavviso, derogabile per giurisprudenza in un unico caso (se si tratta di un unico episodio di tenore lievissimo): il dipendente potrà ovviamente impugnare la sanzione davanti al giudice del Lavoro.

Le persone coinvolte nelle inchieste sugli ospedali di Molfetta e Monopoli sono nel frattempo tornate in libertà, ma restano quasi tutte sospese dal servizio proprio in virtù delle risultanze delle indagini, basate su riprese video, che hanno documentato le assenze ingiustificate. Gran parte degli indagati ha anche rimborsato la Asl per il valore economico delle ore non lavorate, in maniera da evitare l’intervento della Corte dei conti.

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