La marcia dell’ipocrisia

A Molfetta, quando non si hanno argomenti concreti per contrastare la microcriminalità e l’illegalità diffusa, si organizzano “marce per la legalità” e quella del 21 febbraio scorso, organizzata da tre parrocchie – Immacolata, San Domenico e San Gennaro –, è stata una delle tante che si ripetono ciclicamente nel tempo. Ne ricordo una simile organizzata il 9 gennaio del 2005 dalla Parrocchia Immacolata e dal Comitato di quartiere “Piazza Paradiso”. Diciannove anni fa si marciava per la devastazione avvenuta in Piazza Paradiso, nella notte di S. Silvestro del 2004-2005, quando potenti deflagrazioni mandarono in frantumi decine di vetri delle finestre dei residenti, automobili distrutte, lesioni alle facciate condominiali e portoni divelti.

Gli organizzatori di allora erano indignati per quei fatti, mentre gli organizzatori della marcia del 21 febbraio scorso sono partiti dall’indignazione per i fatti dell’ultimo Capodanno e, mentre riflettevano sul da farsi, si sono ritrovati nel bel mezzo di un raccapricciante omicidio di cui si è avuto notizia il 17 febbraio. Il reo confesso omicida sicuramente ha poche affinità con il concetto di legalità, dal momento che aveva già in passato usato un’arma da taglio durante una rapina. La vittima era un giovane ragazzo strappato alla vita in modo violento, e ancor più violento è stato il modo in cui il suo carnefice ha tentato di occultarne il corpo. Vittima e carnefice entrambi protagonisti di un film già visto in questa città, che ci ha riportati indietro negli anni bui della sua convivenza civile.

In via Immacolata, al civico n.27, quasi trent’anni fa, nello stesso stabile fu trovato il corpo senza vita di Francesco Salinetti, detto “il messicano”. Un personaggio di spicco della criminalità locale vicino a ben note famiglie malavitose e che, probabilmente, era l’armiere delle stesse. Dunque un destino tragico quello del civico n.27 di una via maledetta, quella via che dagli anni ’90 non ha mai voluto cambiare pelle, scenario di illegalità diffuse ancora oggi sottaciute. Sullo sfondo ancora lo spaccio di droga affidato oggi a giovanissimi, ancora incensurati, che si muovono in un sistema collaudato di ordinazione on line e consegna a domicilio, oppure di spaccio all’interno di attività commerciali.

E’ stato un errore clamoroso di sottovalutazione, oppure qualcuno ha voluto far coincidere la marcia della legalità (diventata poi anche della non violenza) nello stesso pomeriggio dei funerali della vittima barbaramente accoltellata? Mentre istituzioni laiche e religiose si affrettavano a giustificare quella “marcia della non violenza” con omelie e comunicati stampa ufficiali, tutti erano colpiti da amnesia improvvisa collettiva mettendo in secondo piano le illegalità dei fatti di Capodanno.

A tal punto che nessuno si è reso conto (o ha fatto finta di non sapere) che parallelamente all’organizzazione della “marcia legale”, amici e parenti della vittima cominciavano ad imbrattare muri e appendere lenzuola onorando il nome della vittima. Nelle stesse ore il tam-tam dei social ha permesso, sempre a parenti e amici della vittima, di organizzare una manifestazione parallela che è confluita in quella organizzata dalle parrocchie. Le immagini e le testimonianze di quel pomeriggio ci dicono che molte presenze, in chiesa e nella marcia, non avevano molto a che fare con l’etica della legalità.

La conferma di questa visione dei fatti ci viene dalle foto diffuse in rete in cui si nota un “rosario votivo”, tra i palloncini bianchi, che si leva in cielo dal sagrato della chiesa in cui si svolgevano i funerali della vittima. Quell’immagine ci rimanda ad un altro “rosario votivo” liberato in cielo il 5 maggio del 2019 a devozione di un noto pregiudicato molfettese durante la Festa dell’Annunziata. Anche allora c’era di mezzo la parrocchia di San Gennaro. Una simbologia che deve farci riflettere sulla leggerezza con cui, istituzioni pubbliche e religiose, accolgono e tollerano certe manifestazioni “popolari”. Il dolore per la perdita di una giovane vita è cosa ben diversa dall’ostentazione di certa simbologia.

Detto questo è necessario pensare al dopo. Spenti i riflettori sulla marcia dell’ipocrisia tornerà il silenzio complice? Politici e chierici torneranno a parlare di legalità solo dopo il prossimo omicidio? La provocazione è stata lanciata nell’ultimo numero di questo giornale con la proposta della campagna di educazione alla legalità ma, ad oggi, non si registrano controproposte o idee alternative. E’ auspicabile che, in avvicinamento al 21 marzoGiornata della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie”, il Comune di Molfetta e il Presidio di Libera organizzino almeno una settimana di incontri sulla legalità e sull’antimafia sociale attiva.

Nel frattempo terremo sotto osservazione le mosse del Sindaco e del Presidente del Consiglio Comunale. Dal primo cittadino si aspetta un decreto sindacale con cui si nomini uno o più avvocati per preparare l’eventuale costituzione di parte civile contro gli autori dei fatti di Capodanno. E’ strano che l’abbia annunciato in un comunicato stampa del 16.01.2024 e non l’abbia ancora fatto. In passato è stato molto più premuroso, dopo una sola settimana dal rogo di tre auto in via Zuppetta del 25 settembre 2020, il sindaco con decreto n. 65929 dell’1 ottobre 2020, nominò l’Avv. Tommaso Poli per preparare l’eventuale esposto a carico di ignoti e per costituirsi parte civile contro eventuali responsabili del rogo. Forse allora non c’erano nomi di indagati e l’operazione serviva solo alla propaganda di palazzo?

Oggi invece i nomi si conoscono già e l’immagine negativa della città è stata riportata per parecchi giorni dalle testate giornalistiche regionali e nazionali. Non escluderei anche la costituzione di parte civile contro i responsabili dell’omicidio De Gennaro. Quindi attendiamo questa nomina, perché nel caso non ci fosse, sarebbe molto grave e  la narrazione dei fatti cambierebbe completamente.

Invece il Presidente del Consiglio Comunale dopo essersi cosparso il capo di cenere, in un comunicato stampa con cui preannunciava la sua partecipazione alla “marcia della non violenza” (anche lui ha dimenticato la legalità), ha fatto sapere che è al lavoro per convocare una fantomatica “Commissione Fenomeni Delinquenziali”.

Talmente ci crede poco a quello che dice, che ha dimenticato il vero nome dell’organismo istituzionale. Non esiste una “Commissione Fenomeni delinquenziali”, bensì un “Comitato comunale di monitoraggio dei fenomeni delinquenziali”. Forse, in cuor suo, preferirebbe un organismo interno al Consiglio Comunale senza cittadini esterni che darebbero fastidio, oppure l’errore è dovuto allo sforzo che lo stesso sta facendo per giustificare la sua grave omissione per non aver convocato il Comitato dopo due anni dal suo insediamento alla Presidenza del Consiglio Comunale.

Vorrei concludere questa riflessione rispondendo alle dichiarazioni rilasciate da un parroco dopo il delitto del 17 febbraio.

Lui ha dichiarato: “Abbiamo fallito tutti in questa storia triste. Siamo tutti responsabili! Non possiamo fare finta di nulla, tocca tutti. Dobbiamo chiederci non perché è successo ancora, ma cosa potevamo fare e non abbiamo fatto…?”.

Rispondo che personalmente non mi sento responsabile. Dopo oltre trent’anni di cittadinanza attiva, quasi in completa solitudine, non ho mai fatto finta di nulla. Quello che potevo fare l’ho sempre fatto, e lo rifarei ancora, nonostante abbia pagato un prezzo… perché c’è sempre da pagare un prezzo, ma… “io non tacerò!”.

fonte: Matteo d’Ingeo – Mensile “l’altraMolfetta” – Marzo 2024

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