L’inchiesta sul «Francesco Padre» il peschereccio molfettese colato a picco diciassette anni fa a venti miglia dalle coste del Montenegro sembra ad una svolta importante e decisiva per le indagini. Se le indiscrezioni raccolte dalla «Gazzetta» trovassero conferma si potrebbe riabilitare la memoria dei cinque marittimi il comandante Giovanni Pansini, Luigi De Giglio, Francesco Zaza, Saverio e Mario De Nicolò che vennero accusati di contrabbando di armi e di esplosivi. I reperti ripescati nell’ultima prospezione dai subacquei di nave «Anteo» della Marina Militare rivelerebbero, invece, che il peschereccio potrebbe essere stato mitragliato.
Ci sarebbero evidenti tracce di proiettili. Ma il riserbo è strettissimo, non vi è certezza neppure sulla tipologia di tutto il materiale recuperato, di sicuro si conosce solo che si tratterebbe di pezzi di fasciame del peschereccio e poi di un pezzo di indumento raccolto a -247 metri dal palombaro della marina militare Luca Russo il quale ha recentemente rilasciato un’intervista esclusiva al nostro giornale. Di rilievo sono anche le 12 ore di filmato girato sia dal Rov «Pluto» proprio sul «Francesco Padre», sia dal palombaro in tutta la zona di fondale prospiciente il relitto. I periti lo hanno visionato e analizzato fotogramma per fotogramma trovando riscontri alla tesi dell’attacco armato.
Non reggerebbe più la teoria dell’esplosione dall’interno del peschereccio che indicava, invece, un trasporto illecito. Il «Francesco Padre» sarebbe stato colpito dall’esterno. Ma sarebbero i riscontri sui frammenti di fasciame recuperati ad essere stati decisivi, dopo essere stati analizzati dai periti di parte civile Paolo Cutolo e Mario Nigri, due autorità in questo settore, che avrebbero già informato la Procura di Trani. Sulla vicenda c’è un deciso «no comment», i periti hanno avuto disposizioni di non rivelare nulla e anche l’avvocato di parte civile Nicky Persico raggiunto telefonicamente ha preferito non esprimersi, trincerandosi dietro un «no comment».
Che le indiscrezioni raccolte trovino fondamento lo si è compreso anche da alcune dichiarazioni del Procuratore di Trani Carlo Maria Capristo il quale in una recente intervista televisiva ha dichiarato che l’equipe della Procura si appresta a ritornare sul relitto, evidentemente per realizzare nuovi riscontri o cercare conferme. Quando nave «Anteo» aveva terminato le operazioni c’erano, invece, forti dubbi che ci sarebbe stato un ulteriore sopralluogo, ma evidentemente la verità che si attende da diciassette anni si fa più vicina. Una verità che scotta, una nuova «Ustica del mare» come è stata definita: il peschereccio potrebbe essere stato vittima di fuoco amico, e cioè di un attacco fortuito da parte di unità navali della Nato. Sui radar infatti all’ora dell’affondamento non erano segnalate altre unità vicine al «Francesco Padre» oltre alle tante navi militari dell’operazione Sharp Guard impegnate in quel periodo per vigilare sul rispetto dlel’embargo verso l’ex Jugoslavia. Ma tutte le ipotesi sono ancora aperte, l’impor tante adesso è tornare a scandagliare i fondali al centro dell’Adriatico per trovare conferme, fugare i dubbi, e mettere in condizione gli esperti di dimostrare la correttezza delle loro ipotesi.