Giudice arrestato a Bari, le telefonate sulle armi: “Arrivano tutte da fuori, tramite contatti con San Marino”

Nelle intercettazioni l’ex gip Giuseppe De Benedictis e il caporale dell’esercito Antonio Serafino parlavano dell’imprenditore Antonio Tannoia, proprietario della masseria in cui si nascondeva un arsenale da guerra – fonte:  Chiara Spagnolo – bari.repubblica.it

Il dottore stava in una situazione in cui poteva prendere… vendeva e acquistava, vendeva e acquistava. Le armi venivano tutte da fuori, tramite contatti con San Marino“. Così il 30 novembre scorso l’ex giudice di Bari Giuseppe De Benedictis e il caporal maggiore dell’Esercito Antonio Serafino parlavano dell’imprenditore andriese Antonio Tannoia. Lo chiamavano “il dottore” e facevano riferimento alla sua passione per le armi e alla grande capacità di procurarsene sempre nuove, conservandole nella stessa masseria di Andria in cui erano custodite quelle del giudice.

Di Tannoia sarebbero le tre pistole e i tre fucili che i poliziotti della Squadra Mobile di Bari hanno trovato il 28 maggio, eseguendo il decreto di perquisizione della Procura di Lecce. Un secondo decreto, in realtà, dopo quello che il 29 aprile aveva fatto scoprire l’arsenale da guerra custodito in una botola della depandance e presumibilmente di proprietà di De Benedictis.

Il giudice è protagonista di due indagini: quella per corruzione in atti giudiziari, per cui il 24 aprile è stato arrestato insieme all’avvocato barese Giancarlo Chiariello (e nella quale altre 10 persone sono indagate), e quella per la detenzione illegale di armi da guerra, per la quale una seconda ordinanza gli è stata notificata quindici giorni fa insieme ad Antonio Serafino. Tannoia era stato a sua volta arrestato in flagranza, dopo la prima perquisizione in masseria e si era dichiarato estraneo all’arsenale del giudice, spiegando di avergli prestato una stanza in virtù di una lunga amicizia ma di non sapere cosa custodisse.

Il prosieguo delle indagini degli agenti del dirigente Filippo Portoghese, tuttavia, ha fatto ipotizzare che la masseria di contrada Borduito, sulla via per Corato, custodisse anche altri segreti. L’uso di un georadar dentro l’immobile principale ha consentito ai poliziotti di scoprire una stanza nascosta dietro gli elettrodomestici della cucina, alla quale si accedeva spostando una finta parete di mattonelle. All’interno c’erano tre pistole e tre fucili in perfetto stato di conservazione e matricolate: sequestro e ulteriori accertamenti. Sul fatto che fosse di proprietà di Tannoia, gli inquirenti per ora hanno pochi dubbi ma, nei prossimi giorni, l’imprenditore (assistito dall’avvocato Mario Malcangi) avrà la possibilità di chiarire la sua posizione davanti ai pm salentini Roberta Licci e Alessandro Prontera.

E spiegare anche il senso delle frasi intercettate tra De Benedictis e Serafino, che – il 23 aprile (quando il magistrato immaginava che l’arresto era vicino) – parlavano di Tannoia dicendo “Tanto ha la roba sua là… Se cadi tu, cade pure lui…” . Cosa che, effettivamente, poi è accaduta, perché l’indagine sull’ex gip di Bari sta trascinando con sé anche altre persone, compreso l’imprenditore andriese. A sostegno dell’ipotesi che le armi scoperte due giorni fa siano sue c’è il modo in cui erano state nascoste: in una intercapedine creata in cucina e celata da un pannello piastrellato dietro gli elettrodomestici. “Per accedervi era necessario smontare il pannello della cucina – hanno annotato sul verbale di sequestro i poliziotti – Lo spazio era fruibile solo da chi aveva piena disponibilità dell’immobile“. A differenza di quello utilizzato da De Benedictis, che si trovava in un piccolo edificio annesso al corpo centrale della masseria e al quale si entrava da una porta indipendente, della quale Tannoia ha affermato di avere fornito le chiavi all’amico giudice.

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