di Lorenzo Pisani
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Due mesi. Entro due mesi il Reparto investigazioni speciali dei Carabinieri di Roma si esprimerà sui 23 reperti del Francesco Padre, il motopesca molfettese affondato il 4 novembre 1994 nel mare Adriatico.
Il materiale ripescato dagli abissi al largo di Budva, in Montenegro, è giunto nei laboratori della scientifica dell’Arma.
Si cercano tracce di polvere da sparo, fori di proiettile e qualsiasi altro elemento che possa far luce sull’inabissamento dello scafo con a bordo i marinai Giovanni Pansini, Luigi De Giglio, Saverio Gadaleta, Francesco Zaza e Mario De Nicolo. Solo l’ultimo riposa in un cimitero.
Dopo 17 anni di misteri e sospetti i familiari attendono l’esito della perizia, cui potranno partecipare i loro consulenti tecnici. Decisiva, circa due anni fa, la riapertura del fascicolo da parte del procuratore capo di Trani, Carlo Maria Capristo.
Le indagini, condotte dal sostituto procuratore Giuseppe Maralfa hanno attraversato archivi e segreti, sono scese alla profondità di 247 metri, dove ancora oggi giace il relitto. Adesso si attende che emerga la verità.