In questi giorni, si parla molto di criminalità, di connivenze e degli attentati dinamitardi che hanno interessato alcuni imprenditori del mattone, o pseudo tali. Se ne parla come fossero fatti marginali, lontani dalla nostra quotidianità e dal nostro quieto vivere. Come se fossero, un problema di altri e non un nostro.
Anche l’irruzione fatta l’altra notte nel comitato elettorale di Pasquale Drago, con furto e danneggiamenti, è stato derubricato da qualcuno, come un semplice furto simile ad altri che avvengono nelle case e campagne dei molfettesi. Io esprimo la mia solidarietà al dott. Drago e spero che le Forze dell’Ordine, attraverso le telecamere pubbliche e private presenti in piazza, riescano ad invidiare i responsabili.
Una routine a cui ci si deve abituare fino allo sconfinamento dell’assuefazione? No, e lo dico agli sprovveduti, ai delegittimatori di mestiere e a certi direttori di network che giocano a fare i giornalisti. Il furto nel comitato è avvenuto in una piazza che è frequentata ormai da ciurme di delinquenti giovanissimi, eredi di quello che resta della ex baby gang e di alcune famiglie ben conosciute dalle forze dell’ordine.
Molti di loro erano presenti nella piazza, poco distanti dal comitato, e poco prima della chiusura del comitato hanno inveito e insultato alcuni presenti nello stesso comitato. I giovinastri che gironzolano in quella piazza sono gli stessi che hanno partecipato ai gravi fatti di Capodanno, quando tra un botto e l’altro sono saltati in aria il cassonetto per la raccolta di indumenti e quello di olio esausto.
E qualcuno di loro è entrato nel fascicolo d’indagine dei due attentati dinamitardi presso la mia abitazione. Purtroppo, nonostante la mia opposizione il giudice ha deciso l’archiviazione. Nel quarto anniversario del secondo attentato, quello più grave del 16 giugno 2018, devo prendere atto che ancora non ci sono i colpevoli dei due atti intimidatori. Un giorno scriverò qualcosa sul perché, con il mio avvocato, abbiamo fatto opposizione all’archiviazione di un lavoro investigativo fatto male dal PM di turno, che approfondisce una sola pista investigativa sulle 30 da me indicate. L’unica speranza che mi rimane è quella di aspettare il pentimento di qualche criminale locale che sveli i tanti segreti dei fatti criminali irrisolti nella nostra città, compresi i miei attentati.
Eppure questi signori, tornando ai giovinastri che abitano piazza V. Emanuele, sono sempre presenti in tante situazioni di microcriminalità cittadina. A tal proposito una domanda diventa quasi scontata, questi giovani rampanti stanno crescendo perché vogliono diventare liberi e autonomi professionisti del crimine o già lavorano per conto terzi?
E i servizi sociali, in tutti questi anni, hanno seguito loro e le loro famiglie, e come?
di Matteo d’Ingeo
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