Caso Capristo, l’imprenditore D’Introno ai pm di Potenza: “Dava i miei fascicoli a Savasta e Scimè”

Ha patteggiato due anni e sei mesi nell’inchiesta che ha coinvolto gli ex magistrati Nardi e Savasta. Ma più volte ha parlato anche sui rapporti con l’ex procuratore – fonte: Chiara Spagnolo – bari.repubblica.it
 
Da un lato la condanna come corruttore di giudici, dall’altro le continue dichiarazioni, che aiutano altri magistrati a mettere insieme le indagini sulla giustizia che sarebbe stata svenduta prima a Trani e poi a Taranto: l’imprenditore di Corato Flavio D’Introno ha patteggiato la pena di due anni e sei mesi davanti al Tribunale di Lecce, che lo ha ritenuto vittima e a tempo stesso complice degli ex magistrati Michele Nardi e Antonio Savasta, già condannati a 16 e 10 anni per corruzione in atti giudiziari.

Da un lato la condanna come corruttore di giudici, dall’altro le continue dichiarazioni, che aiutano altri magistrati a mettere insieme le indagini sulla giustizia che sarebbe stata svenduta prima a Trani e poi a Taranto: l’imprenditore di Corato Flavio D’Introno ha patteggiato la pena di due anni e sei mesi davanti al Tribunale di Lecce, che lo ha ritenuto vittima e a tempo stesso complice degli ex magistrati Michele Nardi e Antonio Savasta, già condannati a 16 e 10 anni per corruzione in atti giudiziari.

 
D’Introno si trova nel carcere di Trani, dove sta scontando una condanna per usura (quella che avrebbe cercato di evitare pagando i magistrati) ma, nei mesi passati, è stato ascoltato due volte dai pm di Potenza che hanno condotto l’inchiesta che l’8 giugno ha portato alla notifica di un obbligo di dimora per Capristo, ha fatto finire in carcere l’avvocato Piero Amara e il poliziotto Filippo Paradiso, ai domiciliari l’avvocato Giacomo Ragno e l’ex consulente Ilva Nicola Nicoletti.
 
Anche a Potenza, però, D’Introno viene ritenuto vittima e complice allo stesso tempo, tanto che gli vengono contestati due capi di imputazione, relativi alla corruzione in atti giudiziari e alla concussione nei confronti degli imprenditori Sergio e Massimo Zucaro. L’imprenditore, del resto, ha ammesso i suoi rapporti a filo doppio con Nardi: «Capristo dava tutti i miei fascicoli a Savasta e Scimè su indicazioni di Nardi. Ogni volta che c’era un fascicolo che mi riguardava Nardi parlava con Capristo e poi mi diceva che era tutto a posto e di andare da Savasta e Scimè ».
In un caso, in particolare, il procuratore capo si sarebbe recato personalmente nella segreteria di Savasta, per depositare insieme a Nardi un’integrazione di querela, scritta da quest’ultimo per conto del fratello di D’Introno.
Il motivo della presunta accondiscendenza di Capristo nei confronti di Nardi, D’Introno lo fa risalire agli anni precedenti al suo arrivo a Trani: «Nardi aveva credito nei confronti di Capristo, perché si era interessato alla sua nomina». Cosa che sarebbe accaduta anche quando il magistrato puntava alla guida delle Procura di Taranto, come ha testimoniato Savasta: «Quando ancora la commissione del Csm non aveva fatto le proposte per le nomine, Nardi mi disse che sicuramente Capristo sarebbe andato a Taranto e che a Trani sarebbe arrivato Di Maio. Mi parve strano che Di Maio da sostituto procuratore sarebbe diventato direttamente procuratore capo».
Savasta ha inoltre aggiunto: « Ho constatato personalmente che Nardi era ottimo amico di Capristo e fu grazie a lui che i miei rapporti con il procuratore capo divennero buoni e cominciò a chiamarmi per nome» .
Di quei rapporti, ha parlato anche D’Introno: «Quando ci fu l’insediamento di Capristo a Trani, Nardi organizzò una grande festa insieme all’avvocato Giacomo Ragno» . Tale circostanza è stata smentita dall’ex giudice, il quale — ascoltato dai pm lucani — ha ricondotto i suoi rapporti con il procuratore sui binari della pura cordialità. D’Introno invece ha sostenuto diversamente: «Nardi, Capristo, Savasta e Scimè erano tutti coinvolti in questa vicenda che accomodava le questioni giudiziarie a Trani » .
 
E forse non solo: « Nel 2010 c’era la questione della Masseria San Felice di Bisceglie, di cui Savasta era proprietario e nella quale si svolgevano tutte le feste dei magistrati. Lui ebbe problemi con l’imprenditore Di Miccoli, a causa di un’indagine della Procura di Lecce, e Nardi lo rassicurò dicendo che c’era Capristo ». Tali questioni adesso sono finite all’attenzione del procuratore di Potenza, Francesco Curcio, e della pm Valeria Farina Valaori, che coordinano indagini ancora in corso. A Lecce, invece, il patteggiamento di D’Introno ha messo fine a un altro capitolo del processo sul “Sistema Trani”.
L’avvocato Vera Guelfi avrebbe voluto chiudere il patteggiamento a due anni, ritenendo che la grande collaborazione fornita dall’imprenditore alla Procura meritasse un riconoscimento e invocando la legge Spazzacorrotti, in base alla quale i denuncianti non sono imputabili. I pm, però, sono stati fermi e il patteggiamento si è chiuso a due anni e sei mesi. Altrettanto ferma è stata la giudice di sorveglianza Simonetta Rubino nel rigettare la richiesta di affidamento ai servizi sociali, facendo restare D’Introno in carcere, nel quale deve scontare un residuo di pena di 2 anni e 8 mesi.

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