Caso Bellomo, Tar: destituzione è proporzionata e giustificata

Lo scrive il Tar del Lazio nella sentenza con la quale ha respinto il ricorso proposto per contestare, tra l’altro, il Dpr con cui fu destituito e il Dpcm con cui la sanzione fu proposta – fonte: www.lagazzettadelmezzogiorno.it

La sanzione della destituzione di Francesco Bellomo, l’ex Consigliere di Stato finito al centro della cronaca perché accusato di stalking e violenza privata su quattro studentesse, «è il frutto di un procedimento disciplinare svolto nel rispetto delle norme di legge e regolamentari ed è una misura proporzionata e giustificata, alla luce degli addebiti specificamente contestati e della gravità della lesione cagionata al prestigio e all’immagine della magistratura amministrativa». Lo scrive il Tar del Lazio nella sentenza con la quale ha respinto il ricorso proposto per contestare, tra l’altro, il Dpr con cui fu destituito e il Dpcm con cui la sanzione fu proposta.

Rispondendo al motivo di ricorso sull’indeterminatezza della contestazione e la genericità degli addebiti, i giudici hanno ritenuto che «la descrizione di ciascun capo di incolpazione risulta estremamente puntuale e specifica ed è il frutto dell’acquisizione di elementi conoscitivi nel corso degli accertamenti preliminari svolti dall’organo di autogoverno».

Riguardo, poi, all’ipotizzato difetto di motivazione e alla violazione del principio di proporzionalità della sanzione, il Tar ha scritto che «la decisione del Consiglio di Presidenza, riguardando apprezzamenti di merito, è sindacabile entro i limiti della cognizione circa la congruità, logicità, ragionevolezza della motivazione e l’assenza di travisamento dei fatti. Sotto questo profilo, tenuto conto che i capi di incolpazione hanno ad oggetto circostanze fattuali che risultano riportate in maniera corretta, dalla lettura emerge una ampia ed esaustiva motivazione sulla gravità delle condotte, nella quale sono individuate, in relazione ai quattro capi di incolpazione, sia singolarmente che in un’ottica unitaria, numerosi elementi lesivi dell’onore e del prestigio della magistratura amministrativa».

In più, il Tar ha rilevato che «l’istruttoria si è svolta coerentemente con la disciplina prevista dalla legge, ivi compreso lo svolgimento delle audizioni disposte nel corso del procedimento. L’acquisizione di dati riguardanti anche aspetti privati della vita del ricorrente è dipesa dalla stretta commistione tra tali aspetti e il contenuto degli addebiti contestati. La ‘fuga di notiziè riguardanti il procedimento disciplinare, poi, benché deprecabile non è sintomatica della presenza di un eccesso di potere negli atti impugnati».

In conclusione, secondo il Tar, “dall’ampio quadro probatorio raccolto emerge una situazione abnorme, in cui le vicende strettamente personali di alcune allieve venivano adoperate dal ricorrente con finalità pseudo-scientifiche e asseritamente formative, attraverso condotte incompatibili con il rispetto dell’obbligo in capo a un magistrato di non compromettere la propria credibilità e, con essa, il prestigio dell’istituzione giudiziaria che rappresenta“; e «tutte le condotte contestate nel procedimento disciplinare sono suffragate da un robusto insieme di prove, non scalfite nella loro genuinità e significatività dalla documentazione prodotta dal ricorrente».

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