La sentenza della Corte d’appello nei confronti di 22 esponenti del sodalizio della città vecchia. Riduzione di pena per alcuni imputati – fonte: Chiara Spagnolo – bari.repubblica.it
C’era la mafia nel porto di Bari e aveva il volto della famiglia Capriati della Città Vecchia: la Corte d’appello del capoluogo ha confermato le condanne nei confronti di 22 esponenti del sodalizio criminale del borgo, riducendole in parte. Resta comunque in piedi l’impianto accusatorio della Direzione distrettuale antimafia, così come la condanna a 20 anni, inflitta al capoclan Filippo Capriati.
Sarebbe lui – stando a quanto emerso nelle indagini e poi nei processi – l’attuale reggente della città vecchia, capace di interloquire con i boss degli altri quartieri, a partire dai Palermiti-Parisi. Insieme a Filippo sono stati condannati i suoi uomini di fiducia, ai quali la Corte d’appello ha parzialmente ridotto le pene: da 20 a 14 anni per Gaetano Lorusso, da 16 a 14 per Michele Arciuli, da 16 a 11 e 7 mesi per Pasquale Panza, da 14 a 10 e 8 mesi per Pietro Capriati (fratello di Filippo).
E se le condanne sono state ridimensionate, i giudici di secondo grado hanno ribaltato la decisione della gup in merito al risarcimento chiesto dalla cooperativa Ariete, la società che gestiva la viabilità nel porto, che si è costituita parte civile. Negato in primo grado, dovrà invece essere liquidato in separata sede, perché i giudici hanno ritenuto che il clan – tramite alcuni suoi uomini assunti nella Ariete – esercitassero una pericolosa forma di pressione.
Resta immutato l’obbligo di risarcire le altre parti civili: Autorità di sistema portuale del Mare Adriatico meridionale-Adsp Mam, ministero dell’Interno, Agenzia delle entrate e Associazione antiracket Puglia. I 22 imputati erano accusati a vario titolo di associazione mafiosa, traffico e spaccio di droga, aggravati dal metodo mafioso e dall’uso delle armi, porto e detenzione di armi da guerra, estorsioni aggravate dal metodo mafioso. Le indagini erano state condotte dalla polizia e coordinate dal pm Fabio Buquicchio.