Voto di scambio a Bari, nel ‘sistema Sandrino’ un software incrociava preferenze e sezioni: “Altro che segretezza”

Si scava nei conti di Sandro Cataldo e di Anita Maurodinoia per capire anche da dove venissero le provviste di denaro che — secondo l’ipotesi dei pm — avrebbero consentito ai coniugi di pagare gli elettori in contanti, 50 euro ciascuno – fonte: Chiara Spagnolo – bari.repubblica.it

«Quando si dice che il voto è segreto è bugia, perché tu lo scopri dopo due secondi e così puoi decidere se pagare o meno»: era scientifico il “Sistema Sandrino”, stando al racconto di uno degli uomini che lo avrebbero conosciuto meglio. L’ex consigliere municipale di “Sud al centro” Armando De Francesco, di Sandrino Cataldo conosceva vita, morte e miracoli: lo temeva perché lo considerava «spietato» e lo definiva «un genio» perché aveva inventato «un sistema infernale che nessuno al mondo conosce tranne lui».

Sistema che negli anni — ipotizza la Procura — gli avrebbe consentito di far diventare la moglie Anita Maurodinoia una che prendeva «più voti di Tatarella», come lei stessa amava ripetere. Più di 6mila preferenze al Comune nel 2019 con “Sud al centro”, 19mila 843 alla Regione col Pd nel 2020 per l’ex assessora regionale ai Trasporti e un peso politico con cui i candidati a qualunque competizione elettorale dovevano necessariamente confrontarsi.

E come stava avvenendo anche in vista delle elezioni amministrative ed europee di giugno, ha evidenziato la giudicePaola Angela De Santis nell’ordinanza con cui ha disposto dieci misure cautelari (una in carcere, sette ai domiciliari e due obblighi di dimora) per altrettante persone accusate di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione elettorale.

Cataldo, che da tre giorni è ai domiciliari, secondo i carabinieri era iperattivo da mesi e non è un caso che i manifesti di “Sud al centro” per preparare le elezioni di giugno fossero comparsi in città fin dalla scorsa estate. A spiegarne il senso era stato un post del presidente Gianlucio Smaldone e dell’allora capogruppo al Comune di Bari, Mary Lorusso (moglie dell’avvocato Giacomo Olivieri), che il 26 febbraio è finita pure lei agli arresti domiciliari, con l’accusa di aver comprato voti dai clan nel 2019.

«Il tema scelto dal movimento politico per ribadire il proprio impegno anche in vista della prossima campagna elettorale per le amministrative del capoluogo — scriveva Mary — è l’orgoglio di sentirsi meridionali e di battersi per la valorizzazione del patrimonio di Bari puntando su tradizione, cultura, commercio, lavoro, sport ed altri temi che saranno sviluppati in un vero e proprio programma per la città». Subito dopo l’arresto, Lorusso si è dimessa e lo stesso ha fatto Anita Maurodinoia dopo la perquisizione del 4 aprile.

Le due donne oltre che amiche erano anche alleate politiche e non è escluso che Cataldo avrebbe potuto fare convergere sulla moglie di Olivieri una parte del suo impegno elettorale se non fosse arrivato l’arresto del 26 febbraio che ha costretto Maria Carmen a rinunciare all’idea di una nuova candidatura. E nei telefoni di Maurodinoia e del marito gli investigatori cercano le tracce di questo rinnovato impegno elettorale, così come ulteriori elementi a sostegno dell’accusa di avere comprato voti per le elezioni comunali a Bari del 2019, a Grumo del 2020 e a Triggiano del 2021, nonché per le regionali del 2020.

Da capire anche da dove venissero le provviste di denaro che — secondo l’ipotesi dei pm — avrebbero consentito ai coniugi Cataldo-Maurodinoia di pagare gli elettori in contanti, 50 euro ciascuno. Di certo, stando alle intercettazioni e alle testimonianze, nessuno veniva retribuito in base alla sola promessa di accordare la preferenza, ma soltanto dopo che i conteggi erano stati fatti.

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In tale prospettiva il cugino omonimo di Sandrino, Alessandro Cataldo (presidente Adisu e marito di Angela Napoletano, consigliera comunale a Triggiano, anche lei indagata) avrebbe predisposto un software che consentiva di capire come erano stati distribuiti i voti nelle sezioni, «così tu puoi vedere questo come ha votato, quello….».

Altro metodo utilizzato, a detta di De Francesco, era la segnatura delle schede: «Avevamo sette-otto formule», che consentivano di verificare se gli elettori assoldati avessero mantenuto i loro impegni. Qualcuno di loro, talmente ansioso di dimostrare a Sandrino che aveva adempiuto alla promessa di votare i suoi candidati, gli chiedeva se era necessario «fare la foto nel seggio». Ma il sistema era talmente consolidato che di quella prova non c’era bisogno.

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