Tentano di rapire un imprenditore a Barletta, sette arresti. L’allarme della Dda: “Qui sequestri-lampo fenomeno diffuso”

Uno degli indagati era agli arresti domiciliari. Il piano della banda era pronto a scattare il 22 aprile 2022. Il procuratore Rossi: “Intercettazioni  necessarie” – fonte: Chiara Spagnolo – bari.repubblica.it

Volevano sequestrare un facoltoso imprenditore di Barletta, titolare di un’azienda che vende tessuti, per farsi consegnare dalla sua famiglia denaro e gioielli ma la polizia ha scoperto il piano grazie alle intercettazioni telefoniche ed è riuscita a sventarlo. “E’ l’ennesima dimostrazione che le intercettazioni sono necessarie per contrastare tutte le tipologie di reato” ha detto il procuratore di Bari, Roberto Rossi, illustrando l’operazione che ha fatto finire sei uomini in carcere e uno agli arresti domiciliari con le accuse di tentato sequestro di persona a scopo di estorsione, aggravato dal metodo mafioso.

L’inchiesta è stata coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia – guidata dal procuratore aggiunto Francesco Giannella e con la pm Daniela Chimienti – e portata avanti dalle Squadre mobili di Bari e della Bat.

Gli arresti, in carcere e ai domiciliari, sono stati eseguiti sulla base di una ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip del Tribunale di Bari Giuseppe Battista su richiesta della locale Direzione distrettuale antimafia. Le accuse sono di tentato sequestro di persona a scopo di estorsione, aggravato dal metodo mafioso. l dirigente della Squadra Mobile di Bari, Filippo Portoghese, ha lanciato un appello ai cittadini a denunciare: “Solo con la denuncia riusciamo a garantire una tutela pronta e a garantire sia le vittime dei sequestri che i loro familiari“.

In carcere sono finiti Elia Merigo detto Rino (57 anni di Andria), Giuseppe Lapenna (49 anni di Andria), Luigi Pistillo detto Gino (39 anni), Savino Gorgoglione (37 anni di Barletta), Paolo Antolino (51 anni di Andria), Giovanni Matarrese (55 anni di Andria). Ai domiciliari Vincenzo Zicchillo (25 anni di Barletta).

Il progetto, ideato e pianificato da tempo, stava per essere messo in atto il 22 aprile 2022 ai danni di un facoltoso imprenditore di Barletta, con lo scopo di estorcere denaro in cambio della sua liberazione.

Il piano

Nel tardo pomeriggio di quel giorno, dopo settimane di preparazione, il gruppo che aveva pianificato il sequestro era in effetti entrato in azione. Ad ognuno era affidato uno specifico ruolo e precise modalità di intervento: la cosiddetta “bacchetta” monitorava l’abitazione e gli spostamenti dell’imprenditore, segnalando l’eventuale presenza delle forze dell’ordine; due degli indagati, a bordo di altrettante auto, si erano posizionati nei pressi dell’azienda da dove sarebbe uscito l’imprenditore, con il compito di monitorarne gli spostamenti per comunicarli agli altri complici che lo avrebbero sequestrato, per poi andare a casa della vittima ed estorcere il prezzo per la sua liberazione.

La conferenza degli inquirenti. Al centro, da sinistra, il procuratore aggiunto di Bari, Francesco Giannella e il procuratore capo Roberto Rossi
La conferenza degli inquirenti. Al centro, da sinistra, il procuratore aggiunto di Bari, Francesco Giannella e il procuratore capo Roberto Rossi 

La pianificazione era stata portata avanti in ogni minimo dettaglio, al punto tale che le auto dei presunti responsabili del delitto erano già posizionate nei pressi dell’azienda, in attesa che l’imprenditore uscisse.

Ma la banda non aveva fatto i conti con gli agenti della Polizia di Stato, che erano appostati per monitorare le loro mosse e impedire il sequestro dell’uomo. Una delle persone arrestate, all’epoca dei fatti, era detenuto agli arresti domiciliari nella sua abitazione ad Andria.

Le intercettazioni

Il rapimento dell’imprenditore tessile barlettano aveva una organizzazione articolata: una prima macchina, una Lancia Y, si era posizionata davanti alla sede dell’azienda in attesa che l’imprenditore barlettano uscisse dalla sua Toyota “tutta scassata”, come veniva definita nelle intercettazioni. Un’altra auto, una Fiat 500, era pronta a raggiungere la casa dell’uomo, dove c’erano sua moglie e sua figlia, per bloccarle in attesa del riscatto. Una terza auto, che gli inquirenti non hanno intercettato, aveva a bordo tre persone in giacca e cravatta, che avrebbero probabilmente finto un controllo fiscale.

Gli investigatori, coordinati dalla Direzione distrettuale antimafia di Bari, sono riusciti a ricostruire i dettagli del sequestro proprio grazie alle intercettazioni. Le indagini hanno permesso di scoprire che un primo commando avrebbe dovuto aspettare l’imprenditore all’uscita dall’azienda, un secondo avrebbe dovuto fare irruzione a casa sua per bloccare – legandole con scotch e corde – moglie e figlia. Il segnale per dare il via all’operazione sarebbe stata proprio l’uscita della Toyota dal parcheggio dell’azienda. Le forze dell’ordine sono intervenute simulando l’uscita dell’auto dell’imprenditore. A quel punto il commando si è mosso, permettendo agli agenti di bloccare una prima auto e di sequestrare scotch, corde e una mazza. L’uomo a bordo è stato indagato a piede libero.

Ma alla casa dobbiamo andare vestiti da Finanza? No, devono andare vestiti con l’abito e la cravatta“. Sono alcune delle trascrizioni delle intercettazioni nell’ambito dell’inchiesta della Dda di Bari. E ancora: “Io una volta che lego lei, devo legare anche lui alla sedia. Quanto vuole urlare, urlasse”. E poi: “La devono acchiappare e la devono fare stare zitta, che là dentro è un condominio. Dobbiamo aprire e ci deve dire dove, perché dice che la cassaforte ha il codice”.

“È stata contestata anche l’aggravante prevista dall’articolo 416 bis del codice penale, per aver commesso il fatto con metodo mafioso, in considerazione della caratura delinquenziale dei soggetti coinvolti e delle modalità esecutive del piano, tali da evocare la forza intimidatrice tipicamente mafiosa, del contesto ambientale di operatività, caratterizzato dal fenomeno dei ‘sequestri lampo‘, purtroppo esistente nel territorio della provincia di Barletta-Andria-Trani”, spiegano gli inquirenti.

Il tentato sequestro sventato, infatti, era stato preceduto da un episodio simile – in questo caso consumato – avvenuto ad Andria negli ultimi mesi del 2021, ai danni del figlio di un imprenditore andriese che, per la sua liberazione, aveva ricevuto una richiesta di riscatto di centinaia di migliaia di euro.

Il fenomeno

Quello dell’imprenditore tessile non era un caso isolato.  “Quello dei sequestri di persona è un fenomeno notevole – ha detto il procuratore Rossi – ma silenzioso, perché riceviamo pochissime denunce da parte delle vittime”. “Il silenzio è grave – ha aggiunto il magistrato – da parte di imprenditori o parenti imprenditori rapiti, grave perché c’è una sfiducia nelle forze dell’ordine e della magistratura ma per fortuna questa operazione di grande importanza ha squarciato il silenzio”.

Nell’ottobre 2021 un altro imprenditore andriese del settore della moda aveva denunciato il sequestro del figlio da parte di finti poliziotti e la richiesta di 600mila euro per liberarlo. Successivamente la richiesta era scesa a 300mila ma poiché la famiglia temporeggiava, i rapitori avevano poi deciso di liberarlo. Dalle intercettazioni telefoniche ed ambientali disposte per cercare di risalire ai responsabili di quel sequestro lampo, la polizia ha scoperto che un gruppo di andriesi stava pianificando un altro sequestro, che sarebbe dovuto avvenire il 22 aprile. Nel corso delle indagini è emerso che, prima di quel giorno, era stato effettuato un altro tentativo il 22 febbraio ma non era andato a segno.

 

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