Roma, dove la mafia è più vicina al potere

NZO

image di Roberto Saviano – espresso.repubblica.it

Mappare le mafie, riconoscerne il ruolo centrale nell’economia mondiale, dar conto delle loro evoluzioni, ecco cosa fa, in maniera scientifica l’“Atlante delle mafie. Storia, economia, società, cultura” edito da Rubbettino. Al Salone del Libro di Torino è stato presentato il terzo volume della collana. A parlarne c’erano i curatori Enzo Ciconte e Francesco Forgione e con loro il procuratore della Repubblica di Roma Giuseppe Pignatone.

Mi soffermo sul capitolo curato da Pignatone e dal procuratore aggiunto Michele Prestipino “Le mafie su Roma, la mafia di Roma”, perché le loro prime parole le sento particolarmente vicine. Scrivono: «È storicamente ben nota la difficoltà, talora una vera e propria ritrosia, anche culturale, a riconoscere l’esistenza delle mafie nel nostro Paese». Da Berlusconi che accusò chi parla e scrive di mafia, finanche chi produce o interpreta film e serie televisive che raccontano la mafia, di diffamare il paese, di esportare un’immagine negativa dell’Italia, alla politica attuale che tratta il problema sempre e soltanto secondo un’ottica emergenziale. Senza domandarsi seriamente come possa essere emergenza ciò che interessa il nostro paese da secoli. Come possa essere emergenza ciò che ormai è diventato e riconosciuto come parte stessa del nostro Dna, del nostro passato, del nostro presente e purtroppo anche del nostro futuro.

Pignatone e Prestipino continuano: «Certamente maggiori, e ancor più difficili da scalfire, le resistenze ad ammettere la penetrazione e l’espansione degli interessi mafiosi in vaste zone delle regioni del centro-nord, ritenute, evidentemente a torto, immuni da tale pericolo». Mi accusarono di diffamare il Nord, di averlo “chiamato mafioso”, raccolsero firme contro di me che avevo parlato delle infiltrazioni della ’ndrangheta al Nord in televisione, ignorarono le inchieste diventate ora condanne, che mostravano implacabilmente una realtà criminale in espansione. Una realtà criminale che ormai si sentiva a casa ovunque in Italia, non solo più al Sud.

E ancora: «Ipotizzare, poi, che le mafie abbiano messo radici anche a Roma, la Capitale del Paese, è sembrato ai più, e a taluni sembra ancora oggi, una costruzione investigativa tanto ardita, da apparire addirittura interessata fantasia». Eppure dopo Mafia capitale nessuno può più dire che Roma sia immune dal fenomeno criminale. Nessuno può più ricondurre alla sola Banda della Magliana l’associazionismo criminale della capitale. Anzi, a studiare la storia criminale di Roma, ci si accorge che proprio per i legami accertati con la Banda della Magliana, tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni’80, a Roma aveva la sua base operativa Pippo Calò, noto come il “cassiere della mafia”. In seguito Pasquale Galasso, boss della Nuova Famiglia di Carmine Alfieri, coinvolto nell’omicidio a Roma di Vincenzo Casillo detto ’o Nirone, luogotenente di Cutolo, una volta divenuto collaboratore di giustizia, raccontò che «la mafia su Roma c’è stata sin dagli anni ’60/’70, c’è e ci sarà sempre. Roma era già mafiosa, era già il ricovero, la protezione dei mafiosi. Nel 1982 ho conosciuto Pippo Calò, Michele Zaza stava a Roma, Mario Iovine sta a Roma da 15/20 anni, i Moccia non esistono più a Napoli, ad Afragola, stanno a Roma».

Giovanni Falcone diceva che la mafia, come ogni fenomeno umano, è destinato a finire. Io aggiungo che prima della fine, la mafia, come ogni fenomeno umano è destinato a evolversi, a mutare con il mutare dei tempi. Prima dell’estinzione (se mai avverrà) cambierà pelle mille volte. E come ogni fenomeno umano nasce nella terra delle periferie per prosperare e crescere sull’asfalto delle città, laddove può entrare in contatto con politica e imprenditoria. Questo è da sempre la mafia romana, una mafia che riesce più di ogni altra a oleare gli ingranaggi perché è vicina al potere, quello vero, quello che conta, quello che decide degli investimenti, della destinazione di fondi, quello che muove denaro e consenso.

E nel silenzio della politica dove nonostante le tante parole spesso non seguono fatti, nel silenzio che avvolge il fenomeno criminale, l’“Atlante” occupa un vuoto, un vuoto riempito dalle esperienze di quanti vi hanno collaborato, dalle loro voci: voci necessarie.

Utilizzando il sito o eseguendo lo scroll della pagina accetti l'utilizzo dei cookie della piattaforma. Maggiori Informazioni

Questo sito utilizza i cookie per fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o cliccando su "Accetta" permetti il loro utilizzo. Altervista Advertising (Arnoldo Mondadori Editore S.p.A.) Altervista Advertising è un servizio di advertising fornito da Arnoldo Mondadori Editore S.p.A. Dati Personali raccolti: Cookie e varie tipologie di Dati secondo quanto specificato dalla privacy policy del servizio. Luogo del trattamento: Italia – Privacy Policy: https://www.iubenda.com/privacy-policy/8258859 Altervista Platform (Arnoldo Mondadori Editore S.p.A.) Altervista Platform è una piattaforma fornita da Arnoldo Mondadori Editore S.p.A. che consente al Titolare di sviluppare, far funzionare ed ospitare questa Applicazione. Dati Personali raccolti: Cookie e varie tipologie di Dati secondo quanto specificato dalla privacy policy del servizio. Luogo del trattamento: Italia – Privacy Policy: https://www.iubenda.com/privacy-policy/8258716

Chiudi