Roberto Saviano: “La legge del terrore della camorra barese”

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di MARIO DESIATI – bari.repubblica.it

Roberto Saviano ha un rapporto speciale con la Puglia, pubblico, due volte a Polignano per il Festival del Libro possibile e tre anni fa a Bari, Lecce, Martina Franca per ZeroZeroZero, ma tante altre volte privato, come amante del nostro territorio.

Nei giorni in cui la serie Gomorra va sulla televisione pubblica, a Bari c’è stato un cruente delitto che ricorda alcune delle scene del tuo libro e della serie. Al momento Bari è al centro di una faida e si spara in strada, si parla di due famiglie che lottano per il controllo del territorio, eppure negli anni in cui si parla di malavita e colletti bianchi qui tutto sembra all’antica, spari nella folla, sangue come nelle grandi guerre di mafia, mesi fa vicino Taranto fu addirittura ucciso un bambino. Che fase è questa?
“Quello che tu chiami “metodo all’antica” è l’unico metodo per mantenere il potere, non si può rinunciare al segmento militare, quando ci si accorda, magari per lungo tempo non si spara, non può esistere capitalismo armato delle mafie senza sparare. Il sangue ovviamente richiama un’attenzione che altrimenti sarebbe distratta. Parlerei di “camorra barese”, anche se è una locuzione usata pochissimo per definire la criminalità organizzata del territorio. Un tempo c’erano i Capriati che gestivano il loro potere con una struttura più gangsteristica che partiva dalla città vecchia, poi dopo il conflitto con gli Strisciuglio si è dissolta la vecchia generazione e ora ne stanno nascendo di nuove. Oggi i nuovi gruppi sentono che c’è un spazio vuoto da occupare”.

Si è sparato attraverso un kalashnikov armi da guerra per una semplice faida e per giunta di giorno a due passi da una pineta dove i baresi fanno footing, squadre di fuoco addestrate o lupi solitari? Per la tua esperienza d’inchiesta che tipo di segnale è questo per il territorio? Vuol dire che ci sono luoghi dove si addestrano e corridoio dove transitano armi da guerra nonché depositi.

“Parliamo di gruppi che sanno sparare. Queste armi vengono dall’est e chi si addestra ovviamente lo fa al sicuro, nelle campagne. La Puglia è sempre stata ponte, le armi continuano a passare per la regione nonostante ci fosse stata l’illusione che, dopo la stagione del contrabbando e le violenze sacriste, le organizzazioni criminali fossero finite. Ma la Puglia continua a essere ponte anzi, proprio in virtù di questo, è più facile per un’organizzazione pugliese comprare un kalashnikov che per un’organizzazione napoletana comprare coca. Oggi gli emergenti sono i Campanale che sono quelli che potrebbero colmare la posizione che avevano un tempo i Capriati, stanno portando lo scontro a un livello più alto proprio perché si vive in questo momento una fase in cui la Puglia è in crisi, nessuno ha soldi e loro hanno cash, aumenta la possibilità di controllo delle persone e chi ha materialmente partecipato al commando ovviamente è legata al clan, sono affiliati non lupi solitari”.

Una domanda che esula il fatto di cronaca, ma la Puglia che ruolo ha nella mappa della nuova criminalità organizzata?
“Molto frastagliato, nella Capitanata divisa tra Società foggiana e Mafia garganica, difficili da distinguere, Taranto per esempio è un territorio che vive pressioni di tutte le organizzazioni, della Società foggiana, della Mafia barese, della Camorra e della ‘Ndrangheta, in realtà su questi ultimi il discorso è complesso, tutto ciò che era Sacra Corona Unita e Libera oggi è sotto l’influsso della ‘Ndrangheta. I capizona che da Barletta al tacco un tempo erano sacristi, oggi fanno capo alle ‘Ndrine. Il luogo comune che la Puglia fosse una zona del tutto sicura sul fronte criminalità organizzata ha fatto abbassare la guardia. La vera forza della mafia pugliese è stata quella di essere inserita sempre nel DNA delle organizzazioni mafiose italiane, poi ha un ruolo importante nel mondo dell’agricoltura, spesso i capitali mafiosi foraggiano alcune situazioni in crisi e in Puglia arriva la lunga mano dei cartelli criminali come quello di Rosarno “.

C’è rischio di una guerra tra i clan di città contro i clan di un’altra città?
“Fino ad ora le organizzazioni del sud della Puglia non sono entrate in guerra con quelle di Bari, ma se questo dovesse succedere porterebbe a una situazione di enorme difficoltà. Se la tregua salta non ci sarebbe invasione di un territorio da parte dei clan di un altro, ma ci sarebbero delle alleanze, e dunque più forza e controllo del territorio da parte dei clan. Sarebbe interessante capire le nuove gerarchie, perché da quel che so stanno costruendo un nuovo ordine e questo dimostra grande vivacità. Per esempio nella criminalità barese esiste un grado che si chiama “Regina Elisabetta” che non esiste in nessun’altra organizzazione criminale.
La politica fa poco, ignora, ma adesso la Puglia è costretta a svegliarsi con questi omicidi”.

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