Riciclaggio e colletti bianchi, a Bari in azione la macchina del fango: c’era un giudice nel mirino

I verbali con le intercettazioni nell’ambito dell’inchiesta che ha portato a 59 provvedimenti cautelari e al sequestro di 23 milioni. Coinvolti anche tre avvocati baresi e un ufficiale della guardia di finanza – fonte: Chiara Spagnolo – bari.repubblica.it

Un avvocato che voleva investire nel traffico di stupefacenti, un altro che faceva fotografare un giudice per fargli pressioni, un colonnello della Finanza che forniva notizie ai pregiudicati, un commercialista che tentava di corrompere i funzionari all’Agenzia delle entrate, Erano loro i colletti bianchi che la Dda di Bari ritiene fossero al servizio di due gruppi criminali. Alcuni di loro – gli avvocati Fabio Mesto e Massimo Chiusolo (il primo ai domiciliari, il secondo interdetto) – sono stati intercettati per anni e ritenuti capaci di avere rapporti ai limite del favore con alcuni magistrati e cancellieri (in particolare uno della Corte d’appello) e di acquisire notizie riservate sulle indagini.

In primis quelle che li riguardavano: sui nominativi di Mesto, Chiusolo, Giordano e Amoruso sono stati iriscontrati “una pluralità di accessi al fascicolo – evidenziano nella richiesta di misura cautelare i pm Fabio Buquicchio e Bruna Manganellida parte di personale degli uffici giudiziari per conoscere lo stato del procedimento“. Tentativi di conoscere lo stato dell’arte sarebbero stati fatti anche dall’ex gip barese Giuseppe De Benedictis (ai domiciliari perché sotto processo per corruzione a Lecce) su sollecitazione di Luigi Vito Amoruso (indagato per favoreggiamento) suo socio nonché genero del pregiudicato Francesco Vavalle.

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Del resto, a raccontare l’approccio dei professionisti al mondo giudiziario sono le parole intercettate di Mesto: “C’ho il gip che firmerà, vado in vacanza con lei, è sposata con uno dei miei migliori amici“. O ancora: “Ho un amico della Guardia di finanza. Mi ha detto che non gliene frega dell’evasione, che a loro interessa riciclaggio del denaro“.

Altra vicenda indicativa del clima che si era instaurato attorno a palazzi nei quali si svolgevano le indagini è quella del colonnello Antonio Mancazzo, finanziere di Bitonto in servizio a Roma, finito ai domiciliari con le accuse di corruzione e accesso abusivo a sistema informatico. Utilizzando le credenziali di altri finanzieri (su uno dei quali sono in corso verifiche), “sfruttando la sua superiorità gerarchica” avrebbe effettuato accessi al sistema informatico delle forze dell’ordine per avere notizie in merito alle indagini su Francesco Giordano, il presunto capo del sodalizio criminale.

All’ufficiale erano state promesse due casse di vino Amarone del valore di 250 euro ciascuna. Il colonnello Mancazzo è stato anche intercettato mentre parlava con il cugino Cosimo del tentativo di quest’ultimo di influire su un’indagine della Procura di Trani e inveiva contro la pm Silvia Curione, che non aveva assecondato il suggerimento dell’allora procuratore capo tranese Carlo Capristo.

E chi i favori non li faceva, rischiava di finire nella macchina del fango. Come la giudice di Trani contro cui gli avvocati Mesto e Bisceglie stavano preparando un esposto: “Diremo che lei prende moneta. Mandiamo al Csm, al presidente del tribunale, la devono sospendere“. Nella gogna mediatica rischiava di finire anche un giudice che non aveva rimesso in libertà Mesto (già arrestato nell’inchiesta sull’Arca e all’epoca cliente dell’avvocato Chiusolo): “Gli ho fatto fare le fotografie ieri sera a cena, la polpetta avvelenata è già pronta“.

Gli avvocati, però, avrebbero avuto anche altri ruoli oltre quello di collante con il mondo giudiziario. “Questo è il gioco che ho ideato io, però lo avevo detto di stare sotto un milione di evasione a testa, perché sopra il milione ti fanno fallire”, diceva Mesto, che avrebbe gestito direttamente le frodi fiscali e non a caso è accusato di avere partecipato pienamente all’associazione per delinquere. A Chiusolo e Bisceglie si contesta invece il trasferimento fraudolento di valori per avere aiutato Emanuele Sicolo a mantenere le sue ricchezze nonostante i sequestri.

 

 

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