Pusher travestiti da operatori 118 e imbianchini: 56 arresti a Bari, la Dda chiude il cerchio sui clan Parisi e Palermiti

Narcotraffico in piena attività durante il Covid, la mafia come una «società della guerra». L’allarme del procuratore Rossi: «La grave carenza di organico rischia di frenare la lotta alla criminalità organizzata» – fonte: Isabella Maselli – www.lagazzettadelmezzogiorno.it

La Dda di Bari ha chiuso il cerchio sui traffici illeciti dei clan Parisi e Palermiti di Japigia. Dopo i 135 arresti del 26 febbraio scorso sulle presunte infiltrazioni mafiose nel mondo dell’economia pulita e della politica della città, oggi i carabinieri hanno notificato altre 56 ordinanze di custodia cautelare (55 in carcere e una ai domiciliari) per traffico di droga nei confronti dello stesso gruppo criminale (36 erano già in carcere).

L’inchiesta, coordinata dai pm Fabio Buquicchio, Ettore Cardinali, Federico Perrone Capano con l’aggiunto Francesco Giannella, ha documentato quattro anni di gestione del business degli stupefacenti, dalla guerra di mala della primavera 2017 fino al 2020, individuando anche i canali di approvvigionamento, i fornitori e l’organizzazione delle piazze di spaccio. Il business stimato era di 10 chili di cocaina a settimana, venduta al prezzo di 38mila euro al chilo.

Il traffico degli stupefacenti – ha detto il procuratore Roberto Rossirimane la principale attività economica dei clan, perché evidentemente c’è grande richiesta. Con questa indagine proseguiamo il processo di liberazione dei quartieri dalla mafia”. Ma il procuratore ha lanciato anche un allarme sulla carenza di organico negli uffici inquirenti “che sta superando il 20-25% e significa non riuscire a fare quello che i cittadini chiedono. Siamo a un limite oltre il quale – ha detto – il rischio è frenare la lotta alla criminalità organizzata”. E ha lanciato un appello al Csm: “Chiediamo una sforzo per dare alla Procura di Bari un numero sostituti idoneo alla lotta alla criminalità”.

Criminalità che, nel quartiere Japigia, come ha documentato anche questa indagine, ha dimostrato una grande capacità di radicamento sul territorio, diventando “mafia degli affari” e assumendo anche formalmente le sembianze di una società, dove i soci versavano quote e si spartivano gli utili. “la società della guerra” l’hanno definita i collaboratori di giustizia, nata sulle ceneri della faida con il gruppo mafioso rivale capeggiato da Antonio Busco durante gli agguati del 2017.

L’inchiesta ha anche documentato che durante il lockdown Covid le squadra di narcotrafficanti e pusher, per non destare sospetti e riuscire a circolare liberamente, si travestivano da imbianchini e operatori sanitari del 118.

Nel lungo elenco dei presunti componenti di questa “società della guerra” specializzata nel narcotraffico, tornano i nomi del boss Eugenio e Giovanni Palermiti, Michele e Nicola Parisi, fratelli del capo clan Savinuccio, Filippo Mineccia e il “pentito” Domenico Milella, all’epoca braccio destro del boss Palermiti e a capo del narcotraffico.

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