Porto, d’Ingeo: «Il comune sapeva delle bombe, ecco le prove»

Per il coordinatore del Liberatorio Politico, il Palazzo di Città era al corrente della presenza dei residuati bellici ma è andato avanti lo stesso con la gara d'appalto

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di La RedazioneMolfettalive.it

Matteo d’Ingeo interroga Antonio Azzollini sui rallentamenti dei lavori del nuovo porto, con una tesi che non mancherà di suscitare clamore: per il coordinatore del Liberatorio Politico, il Comune di Molfetta era al corrente della presenza dei residuati bellici, ma è andato avanti lo stesso.

Lo aveva già sostenuto cinque mesi fa e lo ripete oggi, commentando alcune dichiarazioni rese da Azzollini al mensile l’altra Molfetta.

«Perché allora si scelse di inaugurare e avviare i lavori prima di bonificare le acque? Fu un escamotage in vista delle elezioni?», ha chiesto il giornale. «Ne dubito – ha risposto Azzollini -. Il problema è che se non c’è un’opera in corso non danno credito alla richiesta di un’amministrazione comunale di effettuare una bonifica. In caso di lavori di bonifica a vuoto chi paga? Solo con il ritrovamento effettivo degli ordigni a lavori iniziati abbiamo potuto convincere lo Stato Maggiore della Difesa (unico ente autorizzato per l’esecuzione di questo tipo di lavori) ad effettuare la bonifica».

«Azzollini non ha il tempo di leggere le carte o fa finta di non conoscerle», replica d’Ingeo, che elenca una lunga serie di date e documenti.

Si parte dal 28 dicembre 2001, L’articolo art.52, comma 59, della Legge Finanziaria finanzia un piano di risanamento ambientale delle aree portuali del Basso Adriatico. Il 10 marzo 2006 i ministeri dell’Economia e dell'Ambiente individuano chiaramente la regione del "Basso Adriatico" come l'area marittima compresa tra il faro di Vieste e Capo d'Otranto. Tale Piano prevede la bonifica dei fondali dagli ordigni individuati nelle aree ricomprese nella fase I (Porto Vecchio di Manfredonia, Porto di Molfetta, Porto nuovo di Bari, area costiera di Torre Gavetone ed isolotto di Sant'Emiliano).

«Tra questi interventi avevano priorità assoluta il porto di Molfetta e l’area antistante Torre Gavetone, non perché – riporta il Liberatorio – era in atto il progetto per la costruzione del nuovo porto, come afferma il sindaco, ma perché in seguito a numerose interpellanze parlamentari trasversali agli schieramenti politici, e nessuna del Senatore Azzollini, era stato chiesto l’intervento di bonifica a causa del potenziale pericolo che le bombe chimiche e convenzionali potevano rappresentare per i cittadini, i lavoratori del mare e per l’ambiente.

E’ strano che il senatore Azzollini non sia a conoscenza dei fatti pur facendo parte della commissione bilancio, ed essendo lui presidente della stessa, dal lontano 26 giugno 2001».

«Caro sindacosenatorepresidente Azzollini, lo sminamento del porto di Molfetta era stato già programmato e finanziato ancor prima che cominciassero i lavori del suo ampliamento e prima ancora, e questo è ancor più grave, che cominciasse l’iter per procedere al bando di gara e del relativo capitolato d’appalto dei lavori stessi», dichiara d’Ingeo.

E continua nella sua raccolta di dati a supporto delle sue accuse. Già nel 1 luglio 2004 la giunta comunale nomina l’ing. Enzo Balducci responsabile del procedimento amministrativo. Nella delibera si approva il capitolato d’appalto per l’aggiudicazione del servizio di ricognizione e bonifica dei fondali marini con la seguente motivazione: «Ritenuto che tale operazione di indagine e bonifica del fondale marino dell’area portuale, così come individuata negli elaborati di progetto, è indispensabile per poter dragare i fondali in tutta sicurezza, evitando spiacevoli inconvenienti dovuti alla presenza di ordigni bellici inesplosi presenti sul fondale».

L’approvazione del progetto esecutivo del servizio di monitoraggio e bonifica viene sancita il 25 novembre 2004; mentre il 28 dicembre dello stesso anno fu indetta l’asta pubblica per l’appalto, affidato il 25 gennaio 2005 all’associazione temporanea di imprese Lucatelli srl e Imdc di Trieste.

Anche la capitaneria di porto fornisce il suo contributo all’identificazione delle aree ricche a rischio per la presenza di residuati bellici. E' il comandante della capitaneria di porto in carica, Massimo Gasperini – continua la ricostruzione – a comunicare alla procura di Trani il 6 maggio 2005 la presenza, «non solo di una bomba al fosforo di 100 libbre a 30 metri dalla diga “Achille Salvucci”, ma di numerosi proiettili di medio e grosso calibro unitamente a varie cassette di munizioni per le quali la Prefettura di Bari doveva provvedere alla bonifica».

Circa sette mesi più tardi, il 2 gennaio 2006, l’Ati Lucatelli chiede la sospensione del servizio «essendo impossibilitata a proseguire avendo individuato una nuova zona particolarmente intasata, detta “zona rossa”, georeferenziata di superficie mq.118.000 circa», ricca di ordigni esplosivi e richiede l’intervento del nucleo dei palombari della Marina Militare, lo Sdai.

Più di un anno dopo, siamo giunti al 2 marzo 2007, l’Ati Lucatelli «propone di chiudere l’appalto per l’impossibilità a procedere, senza richiedere maggiori oneri, ma, contabilizzando il servizio svolto sino al momento del rinvenimento della “zona rossa”» a causa della mancata rimozione e brillamento degli ordigni rinvenuti per carenza di fondi.

Intanto, l’iter burocratico per la definizione dell’appalto è andato avanti: dopo aver approvato il progetto definitivo il 25 giugno 2006 e il bando di gara, il 17 ottobre dello stesso anno viene varato il disciplinare di gara definitivo e indetto l’appalto integrato.

Due provvedimenti – fa notare d’Ingeo – varati nonostante fosse nota la presenza sui fondali del porto delle bombe.

«La fretta è già costata alle casse pubbliche circa 8 milioni di euro, come risarcimento all’impresa che, pur avendo vinto una gara d’appalto, non può procedere ai lavori. Questa è la nostra verità – conclude – sui lavori del nuovo porto di Molfetta e passando la parola al sindaco per smentirci, vogliamo solo ricordargli che un buon amministratore non avrebbe dovuto far partire un bando per l’appalto dei lavori del nuovo porto pur essendo consapevole del rischio di trovare i fondali pieni di bombe».

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