Pertusillo, nuovi rilievi: «La diga avvelenata da metalli pesanti»

di Massimo Brancati – www.lagazzettadelmezzogiorno.it

In principio fu l’alga cornuta. Colpa del caldo, disse l’allora direttore dell’Arpab, Vincenzo Sigillito, salvo poi correggere il tiro e parlare di frutto del cattivo funzionamento dei depuratori. Nel frattempo, negli ultimi tre anni, si sono verificate morìe di carpe. Mistero sull’origine della «mattanza». Fino a quando l’istituto zooprofilattico ha svelato l’arcano: pesci uccisi da un virus. Sullo sfondo il rincorrersi di dati relativi alla qualità dell’acqua dell’invaso, con monitoraggi di ditte private che cozzano sistematicamente contro i rilievi ufficiali dell’Arpab.

La storia continua. Sul Pertusillo non è stata ancora scritta la parola «chiarezza». Sì, perché se è vero che l’Arpab, un paio di mesi fa, ha escluso dalle sue analisi la presenza di idrocarburi nell’acqua (per la verità, non li avrebbe neppure cercati) è anche vero che il 12 luglio scorso sono stati effettuati altri rilievi che vanno nella direzione opposta. Li ha commissionati Albina Colella, professore ordinario di geologia e sedimentologia dell’Università di Basilicata e presidente dell’Ehpa: sotto la lente d’ingrandimento, in particolare i sedimenti del Pertusillo. Pare che l’Arpab abbia analizzato un’altra diga: i dati registrati, infatti, documentano un inquinamento ancora più grave rispetto a quello evidenziato da analisi precedenti. Il monitoraggio, condotto dal tenente della Polizia provinciale, Giuseppe Di Bello – noto per le sue «battaglie» ambientaliste che gli sono costate anche una denuncia giudiziaria – e da volontari dell’Oipa, evidenzia le più alte concentrazioni di idrocarburi totali finora misurate, corrispondenti a 559 milligrammi/chilo alla foce del lago degli affluenti Spetrizzone e Scannamogliera e di 122 mg/kg alla foce del torrente Rifreddo. Dati molto più elevati rispetto a quelli emersi dai rilievi in aree diverse del lago come dimostra la mappa che pubblichiamo in alto in questa stessa pagina. Le analisi – hanno spiegato ieri, nel corso di una conferenza stampa, Colella e Di Bello – hanno anche mostrato elevate concentrazioni di diversi metalli, quali bario (usato nei fanghi di perforazione petrolifera) vanadio, zinco, rame, piombo, cromo, cobalto, boro, arsenico, alluminio, manganese e ferro. La zona presa in esame – come si vede sempre nella mappa – è costellata da pozzi petroliferi: «La distribuzione degli idrocarburi nei cinque campioni di sedimenti del Pertusillo – hanno aggiunto Colella e Di Bello – mostra che le concentrazioni più alte si trovano allo sbocco nel lago dei corsi d’acqua e in prossimità del vicino sbarramento dell’invaso, mentre decrescono drasticamente verso nord-ovest fino allo sbocco del lago del fiume Agri. Questi dati – hanno concluso – indicano che i maggiori apporti di idrocarburi al lago si devono al torrente Rifreddo e ai fossi Spetrizzone e Scannamogliera, che drenano un’area occupata da pozzi petroliferi e nel cui alveo sono stati probabilmente sversati idrocarburi e altre sostanze tossiche». Fattori inquinanti in un invaso che, lo ricordiamo, fornisce acqua ad uso umano a Puglia e Basilicata.

Ma, insomma, dai nostri rubinetti esce acqua pulita o contaminata? Arpab e Acquedotto Lucano, in questi ultimi tre anni, hanno risposto agli allarmi lanciando messaggi rassicuranti ed escludendo, innanzitutto, la presenza di idrocarburi. Almeno sul fronte di dichiarazioni rese all’opinione pubblica: a giugno scorso, infatti, rispondendo ad un’interrogazione dell’on. Rita Bernardini, il ministro Renato Balduzzi ha sottolineato che dai campioni prelevati dall’Arpa a luglio del 2011 sono emerse alte quantità di idrocarburi totali. Circostanza sfuggita ai lucani «comuni mortali», in barba alla convenzione di Aarhus che rende obbligatorio fornire informazioni ai cittadini quando si tratta di rischi per la salute. Nel lago, insomma, ci sarebbero tracce di petrolio. Le dichiarazioni di Balduzzi confermano quanto segnalato più volte dalla stessa Colella e dal leader dei Radicali lucani Maurizio Bolognetti che nel 2010 fu sottoposto ad un autentico linciaggio mediatico, guidato dall’allora assessore regionale all’ambiente, Vincenzo Santochirico, per aver segnalato, sulla scia di analisi di una ditta privata, la presenza di bario nella diga. Qualcuno agitò anche lo spettro dell’accusa di procurato allarme. Da una parte i «tuttappostisti», dall’altra gli «allarmisti»: in mezzo ci siamo tutti noi cittadini che, una volta per tutte, vogliamo la verità su ciò che si annida nel Pertusillo.

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