Orto-frutta abusiva, cos’è e cosa nasconde realmente?

di Maria Laura Scala

Qualcuno lo chiama “mercato della miseria e della povertà”, in realtà con la crisi che colpisce indistintamente il piccolo commercio e la grande distribuzione gli unici a non rischiare di abbassare le saracinesche sembrano essere proprio i venditori di frutta e verdura che spuntano ormai come funghi nelle diverse zone della città occupando abusivamente le pubbliche strade ed i marciapiedi. Negli ultimi anni il numero dei venditori “ambulanti a posto fisso” è aumentato a vista d’occhio; c’è chi utilizza il classico motocarro come negozio itinerante, chi il proprio furgoncino piazzato sul marciapiede, sulle strisce gialle o su quelle pedonali bianche dove aprono le proprie bancarelle con ingombranti ombrelloni senza tener conto delle minime condizioni igienico-sanitarie e soprattutto dello smog delle auto in transito. Alcune indagini svolte in tal senso indicherebbero che molti dei prodotti ortofrutticoli in commercio abusivo sono ricchi di pesticidi usati in agricoltura per preservare il prodotto e quindi risulterebbero cancerogeni per la nostra salute. Cosa arriva allora sulle nostre tavole?

Noi Italiani crediamo di sapere tutto sulla mafia, su cosa gestisce e come si comporta; pensiamo che ci basti vivere la nostra vita normalmente, lavorare correttamente, mangiare e dormire per starne fuori e non alimentarla in nessun modo. In realtà basta fare spesa ad una delle loro bancarelle per essere inconsapevolmente colpevoli di aumentare vertiginosamente i loro introiti e incassi. La camorra, la ’ndrangheta e la criminalità in genere, sono particolarmente interessate al business dell’agro-alimentare perché considerato terreno fertile e duraturo visto che gli alimenti sono bisogni primari necessari. Per le mafie investire nell’agricoltura e nell’alimentazione significa avere garanzie certe. Dove la crisi indebolisce il settore, la criminalità trova un terreno più fertile per attecchire.

Numerose sono, infatti, le condanne che confermano il patto tra “ mafia e mercato dell’ortofrutta” per il monopolio del trasporto di frutta e verdura in tutta Italia, per il rici­clag­gio di denaro e per la gestione dei mercati ortofrutticoli abusivi. Un rapporto nato per controllare un settore strategico dell’economia: le mafie utilizzano proprie ditte di trasporto sulle quali viaggiano anche droga e armi, possiedono società di facchinaggio per il carico e scarico e decidono i prezzi di vendita all’ingrosso a cui commercianti e ambulanti devono attenersi. E’ emblematico come le organizzazioni criminali possano influire sull’economia nazionale dettando le regole che incidono fortemente sulla libertà imprenditoriale e che finiscono per determinarne anche i prezzi dei prodotti arrecando danni irreparabili ai commercianti che non riescono a fronteggiare la concorrenza sleale dei “colleghi da marciapiede”.

Per questo l’Amministrazione Comunale di una città dovrebbe impegnarsi a sollecitare l’intervento della Polizia Municipale e delle Forze dell’Ordine per contrastare questi fenomeni di degrado e di illegalità e interessarsi ai controlli dei prodotti alimentari venduti sulle bancarelle abusive perché non si tratta solo di un problema di pericolosità della merce ma anche di rispetto delle norme e dei regolamenti che i negozianti corretti rispettano ogni giorno in un contesto di concorrenza sleale con chi la legge non intende rispettarla o non la conosce proprio.

In passato il Comune ha affrontato il problema offrendo la possibilità di mettersi in regola; ma chi opera nell’illegalità lo fa per scelta: sfugge all’Inps, non ha nessuna contabilità, non paga il suolo pubblico, è invisibile allo Stato. Il numero di coloro che esercita questo mestiere per necessità è irrisorio. Molti di loro usufruiscono del sussidio di disoccupazione o hanno già uno stipendio o svolgono l’attività di venditore abusivo come secondo lavoro. Nella nostra città ci sono anche degli abusivi storici che da sempre esercitano la loro attività in alcune postazioni strategiche.

Per contrastare tutto questo bisogna essere “consumatori attivi” cercando un rapporto diretto con i produttori locali, tornando alla spesa a km zero e al consumo di prodotti unicamente stagionali preferendo il cibo “buono” cioè quello venduto dall’ortolano di quartiere che non ha subito i rincari della “filiera illegale”.

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