Molfetta – Le rotte fra i Balcani e la Puglia: ieri le sigarette, oggi la droga

 

fonte: redazione – www.molfettaviva.it

Siamo agli inizi degli anni ’80, il contrabbando rappresenta un affare miliardario. Sono più di 100mila le casse di sigarette che ogni mese attraversano l’Adriatico e raggiungono la Puglia, per poi essere smistate in Italia e all’estero.

Alla fine degli anni ’90, invece, i traffici internazionali via mare, a bordo di gommoni, coinvolgono anche stupefacenti e armi: dal Montenegro e dall’Albania alla Puglia, e da qui verso l’Italia settentrionale e talvolta pure nei Paesi europei. I traffici di sigarette e di droga non sono certo terminati da allora, anzi. E la Puglia, il tacco dello stivale della penisola italiana, continua a essere la sponda di riferimento. Ma Molfetta rappresenta una novità?

Lo abbiamo chiesto ad un ex maresciallo dell’Arma dei Carabinieri ormai in pensione, impegnato negli anni ’90 nella lotta al contrabbando di sigarette a nord di Bari, con molteplici sequestri di “bionde”. «Esiste una mappa dei canali del traffico di armi e droga dai Balcani. Trani, Bisceglie, Molfetta, Giovinazzo e San Girolamo-Fesca – rivela la nostra fonte che chiede di rimanere anonima – sono dei punti d’approdo utilizzati dal vecchio contrabbando e passati adesso nelle mani dei trafficanti di armi e droga».

L’ex investigatore illustra il più famoso punto di partenza di armi e droga: «È senza dubbio Valona – assicura – dove gli scafisti restano i padroni della città e dei suoi commerci legali e illegali». Tutti diretti in Puglia, sulle coste delle ex province di Lecce e Brindisi sino a quelle a sud e soprattutto a nord di Bari dove, sempre secondo l’ex militare, la road map degli scafisti conta quattro mete di sbarco, equamente dislocate fra Trani e Bari.

«Negli anni ’80 e ’90 – ricorda – il punto d’approdo ubicato sul litorale che unisce Trani a Bisceglie era nelle mani del gruppo che faceva capo a Salvatore Annacondia, quello tra Bisceglie e Molfetta era gestito dalla famiglia De Bari, la meta di sbarco individuata sulla costa tra Molfetta e Giovinazzo era controllata dal clan Capriati, mentre la riviera che da Giovinazzo conduce a San Girolamo-Fesca era sotto l’egida del clan Parisi».

Adesso, invece, «i punti d’approdo di Molfetta, a nord e a sud, sono gestiti dal clan Strisciuglio». Cambiano dunque gli attori, ma chi prende il testimone di generazioni passate nella criminalità organizzata continua comunque a sancire accordi internazionali per muovere armi e stupefacenti dai Balcani. Anche la collaborazione fra gli investigatori italiani e albanesi, però, è sempre più stretta. Insieme stanno portando avanti una battaglia energica.

«Dietro a ogni maxi-sequestro di droga – riporta un sito web specializzato – c’è una precisa strategia che mira a stroncare o comunque rallentare i traffici, assestando colpi duri e sempre più frequenti e sondando, nel frattempo, fra reti e contatti, per ricostruire le organizzazioni. Di cui i corrieri spesso sono solo attori comprimari». L’intervento dell’8 marzo scorso è stato avviato da un elicottero del Reparto Operativo Aeronavale e ha coinvolto, strada facendo, la D.I.A. di Bari e la Guardia di Finanza.

Dopo un breve inseguimento, i militari hanno bloccato in mare al largo di Molfetta un gommone che stava raggiungendo le coste pugliesi, recuperando e sequestrando 1 tonnellata e 215 chili di marijuana che due albanesi, poi arrestati a bordo del natante, avevano gettato in mare. I due trafficanti, di 37 e 34 anni, entrambi di Valona, hanno tentato senza successo di sfuggire alla cattura e a questo scopo, per aumentare la velocità del natante, avevano cercato di alleggerire.

Il gommone, lungo 9 metri e dotato di due potenti motori fuoribordo, è stato portato agli ormeggi della Stazione Navale della Guardia di Finanza a Bari e sequestrato. I due a bordo sono accusati di detenzione e traffico internazionale di stupefacenti. La marijuana sequestrata era confezionata in 59 colli di varie dimensioni, per 1.215 chili. Merce che avrebbe fruttato oltre 12 milioni di euro.

Stupefacente e barca sono stati sequestrati, mentre i due albanesi sono stati arrestati per traffico e detenzione di stupefacenti. Ora, dunque, sono in corso gli approfondimenti del caso. Resta da chiarire la provenienza della merce illegale e a quale organizzazione del luogo fosse destinata. Sul primo punto, gli inquirenti non sembrano avere dubbi: l’origine balcanica sembra essere l’ipotesi più accreditata. Restano da individuare i destinatari della droga a nord di Bari e i canali di approvvigionamento.

«Il carico, commissionato dal clan Strisciuglio, è stato eseguito a nord di Bari e non a sud – ragiona la nostra fonte – per non correre il rischio di invadere aree altrui. Ma il sequestro potrebbe essere stato favorito da una soffiata fatta da chi sapeva di poter fare lo sgambetto agli Strisciuglio». Uno sgambetto che ha mandato in fumo oltre 12 milioni di euro.

 

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