Marco Di Stefano e la “falegnameria virtuale” della cultura

Marco Di Stefano *campagnacultura

fonte: https://snapblog.tumblr.com

Come si chiama?
Marco Di Stefano

Di che si occupa?
Falegnameria virtuale

Secondo lei, quali sono le funzioni della cultura nella società contemporanea?
Sollazzare le elites economiche e soddisfare le elites culturali nel sollazzarle.

E quindi, entrando più nello specifico, quali potrebbero/dovrebbero essere le funzioni della cultura a Molfetta? Per esempio, la cultura, in questa comunità territorialmente circoscritta, a quali bisogni potrebbe rispondere?
Allo stato attuale, la cultura a Molfetta si esplica in un intrattenimento che non abbia eccessive pretese e non sforzi troppo i neuroni ad un’utenza medio – borghese impigrita e consuetudinaria. E’ difficile dire quali siano i bisogni per una generazione successiva o con altre necessità, forse il godimento di spazi collettivi serviti per i più piccoli e non solo (parco urbano di lama Martina), sicuramente un miglioramento della qualità della vita che parta dai servizi alla collettività.

Secondo Lei la cultura a Molfetta esercita le sue funzioni in riferimento ai ceti popolari?
I ceti popolari oggi non hanno il tempo o la necessità di aver bisogno della cultura oppure seguono i loro codici che non trovano rispondenza nella élite medio – borghese che si occupa di cultura. Spesso il mancato approfondimento è figlio della mutata fruizione o del completo assorbimento dettato dalla necessità di sopravvivere. In questo scenario, forse, sarebbe più interessante lavorare sulla didattica con gli istituti scolastici per lo sviluppo delle sensibilità nei più piccoli, ma serve una disponibilità dei dirigenti a tenere aperti gli spazi in orari extra – scolastici (difficile con i pochi soldi a loro disposizione) ed un investimento del pubblico nella formazione che vada oltre la scadenza amministrativa (l’utopia della politica migliore dei cittadini che la votano) o sulla commistione dei linguaggi alti e bassi (per cui servirebbero operatori di estrema sensibilità).

Quali sono i principali problemi che un amministratore della cultura a Molfetta deve affrontare per svolgere al meglio la sua funzione?
La destinazione delle risorse pubbliche; la necessità di immaginare dei nuovi scenari di gestione dei beni paesaggistici e culturali coinvolgendo le elites economiche della città e non solo (ammesso che esistano), prima che gli stessi deperiscano per il mancato utilizzo o siano oggetto di estrazione selvaggia di valore a seguito del loro abbandono (es. il Pulo, Oasi Torre Calderina).

Essere un operatore della cultura spesso è difficoltoso. Quali sono i bisogni di chi produce o promuove la cultura a Molfetta? E secondo Lei, qual è il principale.
Che esistano occasioni di raccordo tali da permettere a coloro i quali si sono formati (anche fuori) di portare, seppur temporaneamente, le loro conoscenze o i loro progetti in città.

Focalizziamo l’attenzione sulle strutture a disposizione degli operatori, nella nostra città: ci sono, sono sufficienti, sono adeguate agli scopi?
Oggi, se possibile, la presenza di spazi a disposizione dell’utenza è financo eccessiva. Questo determina una qualità non sempre all’altezza (più nella proposta che nel servizio) per far quadrare i costi vivi di gestione a scapito del personale che vi opera.

Cosa vorrebbe che si facesse della Cittadella degli Artisti?
La Cittadella è uno spazio nato e cresciuto sotto quattro diverse amministrazioni, sviluppato a partire da esigenze di alta formazione e soddisafacimento dei bisogni di elites culturali ed economiche medio – alto borghesi, oggi, in rapida sparizione. I costi di gestione sono e restano elevatissimi a fronte di una penuria assoluta di portatori d’interessi economici disponibili ad assumersene la responsabilità. Allo stato attuale, può servire a dare una casa alle molteplici realtà che in maniera episodica vogliano usufruire delle sue strutture, ma è difficile immaginarne una gestione continuativa a meno di una grossa sinergia tra pubblico (con il bilancio sempre più in rosso e continui tagli lineari alla spesa corrente) e privato o privati sensibili.

Il Forum della Cultura è stato un momento quasi “rivoluzionario” per la vita culturale cittadina, almeno nelle intenzioni. Ritiene che questa realtà abbia apportato i benefici sperati? E perché?
Il Forum della cultura poteva essere un’occasione per mettere in contatto chi lavora nel campo della cultura, ovvero, ci vive, con chi opera in maniera semi – amatoriale (seppur degnissima) o amatoriale in senso puro. Le varie conoscenze ed approfondimenti dovevano essere utili a coadiuvare le linee di politica culturale prestabilite o a formarle in caso di difficoltà di una pubblica amministrazione nell’elaborarle; a mettere a sistema gli spazi culturali della città; ad aprire una discussione su come reperire risorse economiche e su come investirle nell’ottica della crescita di un nuovo pubblico e di maggiore conoscenza del territorio.

A suo avviso quale riterrebbe il principale errore che un amministratore potrebbe commettere nel tentativo di attuare politiche culturali in una città come Molfetta?                                                     Quello di non avere una visione chiara di ciò che intende fare e la capacità di saper coinvolgere gli attori della città, oltre a valorizzare le eccellenze della stessa che è conoscenza del territorio e lungimiranza del decisore politico.

Il 2013 rappresenta uno storico spartiacque politico. Sotto il profilo delle politiche della cultura, ci direbbe cosa è cambiato rispetto al passato? E cosa si aspettava che cambiasse?
Il 2013 rappresenta soltanto un cambio di leadership politica, per il resto, i nodi della cultura restano aperti e nessun processo è stato avviato per risolverne almeno uno di questi, preferendo gestire le problematiche nella consapevolezza che la politica possa fare poco o nulla per cambiare gli indirizzi.

Abbiamo parlato della funzione alta della cultura in una comunità, ma Lei ritiene che una corretta strategia delle politiche culturali possa generare anche ricchezza? E se sì, pensa solo agli operatori diretti o anche ad un indotto più ampio?
Affinché la cultura possa generare economie, ovvero, attività lavorativa che venga retribuita, servirebbe individuare degli obiettivi o dei luoghi che rappresentino una particolarità del territorio non solo nord barese ed investire sugli stessi in competenze e conoscenze, ma alla base ci deve essere la necessità che persone laureate e formate si mettano in gioco in una prospettiva imprenditoriale (non solo cooperativa di servizi, ma fondazione pubblica/privata dei beni culturali). In questo contesto due obiettivi concreti possono essere il Pulo e l’Oasi di Torre Calderina.

Risposta flash: la cultura a Molfetta oggi solo con tre parole
Elitaria e piccolo – borghese

Risposta flash: il suo personale maggior rammarico per Molfetta, rispetto alle politiche culturali.
Non aver realizzato un database aggiornato di operatori/trici culturali del territorio (anche operanti fuori) che sia d’ausilio per il lavoro dell’ente pubblico; l’aver accettato di non entrare nella vita della Fondazione Valente; la perdita di milioni di euro per progetti di riqualificazione non rispondenti alle reali esigenze (ieri la Cittadella, oggi, forse, il palazzo di piazzetta delle Erbe), ma piuttosto a quelle di gruppi d’interesse precisi.

Risposta flash: ancora solo tre parole per dirci come immagina la cultura a Molfetta nel domani migliore
Qualità della vita

Potendo realizzare un suo desiderio nell’ambito delle politiche culturali, cosa farebbe a Molfetta?
Investirei le poche risorse nella ruralità del territorio e comincerei a promuovere, magari con l’ausilio di banca etica, nuove forme di gestione dei beni pubblici (es. parco di mezzogiorno).

Ora facciamo un gioco: io le dirò delle affermazioni e Lei dovrà dirmi se le trova auspicabili o meno. Risponda in maniera secca e diretta, spiegando in pochissime parole il motivo della sua risposta.

1. Nel 2018 il programma culturale di Molfetta sarà inserito in un cartellone unico che parte da Barletta e arrivi a Giovinazzo
Sarebbe solo uno strumento di marketing, se alla base ci fosse solo l’esigenza, da parte delle varie amministrazioni, di stare tutti insieme, facendo sempre le stesse cose o promuovendo i soliti carrozzoni.

2. Con un solo ticket un turista potrà muoversi su bus e treni, dentro e fuori città. Con lo stesso ticket potrà ottenere riduzioni e sconti per spettacoli, visite museali, esposizioni, eventi culturali.
Questa è una buona idea, ma andrebbe verificata con gli enti sovraordinati e non deve andare a discapito della proposta culturale, ovvero, peggiorando le condizioni economiche degli operatori.

3. Ogni comunità del nostro SLOT (Sistema Locale di Offerta Turistica) avrà proprie specificità culturali, enogastronimiche, ambientiali e di intrattenimento da promuovere dentro un bacino attrattivo più ampio della sola Molfetta.
L’importante è che l’aspetto eno–gastronomico non diventi prevalente rispetto a quello culturale e sia occasione di veicolare percorsi che portino alla conoscenza del territorio, di chi lavora realmente nella filiera corta e della biodiversità, ovvero, sia occasione di crescita per l’utenza (g.a.s. di quartiere o scolastici).

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Lella Salvemini *campagnacultura

 

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