Mazzette al capo della Protezione civile: il feeling Lerario-Zema tra cene, telefonate e acquisto di mobili

L’ex capo della Protezione civile regionale Mario Lerario agli arresti domiciliari dal 23 dicembre 

La Procura sospetta “un conflitto di interessi” alla luce della fitta rete di contatti, ricostruita dalla guardia di finanza, tra l’ex dirigente ai domiciliari dal 23 dicembre, e l’imprenditore barese. Sotto la lente anche il sistema delle “forniture complementari”: ecco di cosa si tratta – fonte: Chiara Spagnolo – bari.repubblica.it

I rapporti personali “che fanno sospettare un conflitto di interessi” tra l’ex capo della Protezione civile Mario Lerario, il suo braccio destro Antonio Mercurio e l’imprenditore barese Sigismondo Zema. E poi il meccanismo delle “forniture complementari,” quale sistema utilizzato per frazionare gli appalti e affidarli sempre alle stesse ditte amiche. Sono due degli elementi che stanno venendo fuori nel corso delle indagini che la Procura di Bari sta conducendo sul sistema messo in atto negli anni passati in alcuni uffici della Regione, prima il Provveditorato economato e poi la Protezione civile. Le novità stanno emergendo dall’incrocio di migliaia di atti, acquisiti alla Regione o su fonti aperte dagli uomini del Nucleo di polizia economico-finanziaria, con i risultati di attività investigative tradizionali, quali appostamenti e intercettazioni.

L’esistenza di un meccanismo collaudato e ripetitivo, del resto, era già stata evidenziata dagli investigatori nelle informative presentate nei mesi scorsi al procuratore Roberto Rossi e all’aggiunto Alessio Coccioli. Quegli atti fanno parte del materiale depositato dopo l’arresto di Lerario, avvenuto il 23 dicembre. L’ex dirigente regionale è in carcere da quel giorno e il 17 marzo l’avvocato Michele Laforgia discuterà l’appello cautelare davanti ai giudici del Riesame, chiedendo la sostituzione della misura con gli arresti domiciliari.

 

Intanto le indagini proseguono e riguardano anche il materiale trovato durante le perquisizioni del 24 dicembre e del 9 febbraio a diversi imprenditori. Tra loro c’era anche quel Sigismondo Zema che il 17 agosto scorso partecipò con la moglie a una cena in un ristorante di Fasano insieme a Lerario e alla sua famiglia, a un altro dirigente regionale e all’imprenditore Domenico Tancredi, anche lui finito sotto la lente degli inquirenti. L’incontro conviviale – secondo i finanzieri che lo hanno registrato – sarebbe il sintomo di una frequentazione personale (condita anche da un numero elevato di contatti telefonici) tra Lerario e gli imprenditori a cui affidava appalti, che lascerebbe trasparire un evidente conflitto di interessi.

A sostegno di tale ipotesi, hanno portato anche l’analisi degli affidamenti alla ditta Demetrio Zema. A partire dal 2018, quando è stata acquistata una fornitura di mobili da 189mila euro per gli uffici regionali, dopo la consultazione di 27 operatori economici e scegliendo l’offerta economicamente più vantaggiosa. Un anno dopo, Lerario e Mercurio (all’epoca in servizio all’Economato) avevano autorizzato una “fornitura complementare” di arredi per ufficio, liquidando alla Zema 235mila euro in prosecuzione del precedente appalto.

Proprio in quella dicitura (“fornitura complementare”), gli investigatori hanno individuato la traccia di un altro metodo che sarebbe stato ricorrente nel “sistema Lerario” ma che risulterebbe irregolare considerato che la fornitura complementare per affidamenti diretti può essere utilizzata solo nel caso in cui il cambio del fornitore comporti incompatibilità o difficoltà tecniche sproporzionate. “Ma quali difficoltà tecniche avrebbe provocato l’acquisto di mobili da ufficio da un’altra ditta?” si chiedono i finanzieri. E, ancora, che fretta c’era di comprare il mobilio tramite la fornitura complementare se l’iter per l’acquisizione e ristrutturazione degli immobili in cui dovevano essere sistemati durava da anni.

Dubbi a cui adesso dovrà rispondere la Procura, alla quale è stata portata l’evidenza del fatto che l’affidamento diretto alla Zema per il mobilio deglli uffici regionali, tra il 2018 e il 2019, alla fine è arrivato a 424mila euro ossia ben al di sopra della soglia dei 40mila consentita dalla legge. Non a caso nell’informativa si ipotizza che i due affidamenti “distaccati di soli 8 mesi, in realtà nascondano un frazionamento artificioso dell’appalto”. Lo stesso metodo sarebbe satto utilizzato anche con altri imprenditori e per importi anche più consistenti.

Nel capitolo dedicato a Zema, inoltre, i finanzieri hanno elencato altri lavori: l’allestimento per una mostra archeologica al museo Castromediano di Lecce (37mila euro), la fornitura di arredi e attrezzature per la presidenza della giunta regionale (50mila), mobili e sedute per gli uffici di via Gentile (70mila), articoli vari per la mensa del Consiglio regionale (185mila), l’adeguamento del magazzino dei dpi (137mila) nonché la direzione della fabbrica (per 72mila) affidata direttamente a Sigismondo Zema.

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