Malavita foggiana, la magistratura indica nomi e collegamenti dei mafiosi della città. Ricostruita la cupola

Dinamiche criminali e assetti della “Società Foggiana” negli atti dell’inchiesta sul bombarolo Antonio Rameta di

La cupola foggiana negli atti dell’inchiesta sul bombarolo Antonio Rameta. I magistrati dell’antimafia hanno indicato i nuovi assetti della “Società Foggiana” e lo hanno fatto nelle carte giudiziarie sul fermo dell’albanese Rameta, uomo che – stando al pentito Carlo Verderosa -, era “a disposizione dei clan”. Rameta è stato condannato in primo grado a 6 anni di carcere per gli attentati al pub Poseidon e al centro diurno “Il Sorriso di Stefano”. Ma per conto di chi era “a disposizione” il giovane albanese?

I magistrati antimafia – le carte sono firmate dai pm Carmela Manganelli e Rosa Pensa e dal procuratore aggiunto della DDA, Francesco Giannella – hanno fatto il punto partendo dalla fisionomia strutturale dell’organizzazione malavitosa. “Caratterizzata – si legge negli atti – da una suddivisione in batterie e da una forte connotazione a base familiare. Negli anni la criminalità organizzata foggiana ha continuato a ridefinire gli equilibri di potere tra le diverse batterie in maniera violenta e spregiudicata, con una ulteriore sanguinosa guerra di mafia, sviluppando processi di gestione centralizzata delle risorse economiche del sodalizio, soprattutto per garantire una regolare assistenza economica agli associati detenuti”. L’obiettivo è soprattutto quello di “consolidare la capacità di controllo territoriale mediante l’intensificazione dell’attività estorsiva e lo sviluppo di altre forme di infiltrazione nel tessuto socio-economico”.

Numerose le operazioni antimafia dal 2013 ad oggi: “Corona”, “Criseide”, “Ripristino”, “Rodolfo”, “Saturno”, “H24”, “Decima Azione”, “Decimabis” e “Decimabis 2”. Eppure la ‘Società Foggiana’ “continua a mantenere intatta la caratteristica del vincolo mafioso a base familiare”.

La cupola

“Per quanto riguarda la batteria Moretti-Pellegrino-Lanza, la stessa – scrivono i magistrati – continua ad essere costituita da soggetti facenti parte delle famiglie che fanno capo a Moretti Rocco e a Lanza Vito Bruno. Con Rocco Moretti vi sono il nipote Moretti Alessandro; Perdonò Massimo, cognato di Moretti Alessandro; Tizzano Francesco, che convive con C.D., sorella di C.V., legata sentimentalmente a Moretti Pasquale, figlio di Rocco Moretti, attualmente detenuto e Tizzano Fabio, fratello di Tizzano Francesco. Dalla parte di Lanza Vito – si legge ancora – troviamo i figli Lanza Leonardo e Lanza Savino, coinvolti nei fatti di sangue dopo l’agguato al padre del settembre 2015 e Bruno Rodolfo (ucciso nel 2018), fratello del defunto Giovanni a sua volta coniugato con L.L., la figlia di Vito Lanza”. Ma avrebbero un ruolo attivo anche Gianfranco e Antonio Bruno, rispettivamente cugino e figlio di Rodolfo.

 
Rocco Moretti, Vito Lanza e Roberto Sinesi

Nel passare ad analizzare l’altro gruppo criminale forte della città, i magistrati scrivono: “Per quanto riguarda la batteria Sinesi-Francavilla, la stessa continua ad essere costituita da soggetti facenti parte delle famiglie che fanno capo a Roberto Sinesi e ai Francavilla, legati ai Sinesi dal matrimonio intercorso tra la figlia di Roberto e Francavilla Antonello,condannato per la sua appartenenza alla Società Foggiana nell’operazione Corona. Con Sinesi Roberto si ritrova suo figlio Sinesi Francesco, così come anche i suoi nipoti Biscotti Luigi e Sinesi Cosimo Damiano. Con i Francavilla si ritrovano i fratelli Francavilla Ciro e Francavilla Giuseppe, cugini di Francavilla Antonello (e del fratello Emanuele, ndr) nonché Salvatore Antonio genero di Francavilla Leonarda, sorella di Francavilla Antonello”.

Il duopolio

I magistrati fanno sapere che “oltre al familismo mafioso, un’altra caratteristica che continua a riscontrarsi è quella della suddivisione nelle tre batterie Moretti-Pellegrino-Lanza, Sinesi-Francavilla e Trisciuoglio-Prencipe-Tolonese”. Ma nella fase successiva all’operazione Corona (2013) si è avuto modo di assistere ad una sorta di duopolio,costituito dalle batterie Sinesi-Francavilla e Moretti-Pellegrino-Lanza, impegnate fra di loro in una feroce contrapposizione armata per la leadership interna e, allo stesso modo, in una capillare attività estorsiva gestita secondo logiche di tipo consociativo”.

Federico Trisciuoglio

E ancora: “La batteria Trisciuoglio-Prencipe-Tolonese, duramente colpita dall’impatto repressivo dell’operazione Corona, seppur attualmente in forte difficoltà è, tuttavia, sempre percepita all’interno dell’organizzazione come parte integrante della Società Foggiana, con cui dover interloquire. Ed infatti, nella gestione dell’attività estorsiva, sebbene siano principalmente attive le batterie Sinesi-Francavilla e Moretti-Pellegrino-Lanza, il sodalizio punta sempre a coinvolgere anche la batteria Trisciuoglio-Prencipe-Tolonese nelle scelte strategiche concernenti la riorganizzazione del settore delle estorsioni e cerca di farsi comunque carico del mantenimento dei vertici della batteria Trisciuoglio-Prencipe-Tolonese che si trovano in carcere, come Tolonese Raffaele”.

Stipendi e cassa comune

Per i magistrati, “le batterie evidenziano, sempre, una comunanza d’intenti e di modalità operative: dalla disponibilità delle armi, all’utilizzo di schede telefoniche fittizie; dal controllo del territorio alla commissione di altri reati, tesi al reperimento di denaro, da destinare all’associazione, agli scopi associativi, al sovvenzionamento economico degli affiliati e all’assistenza legale dei detenuti. Altro profilo di continuità concerne il tema della cassa comune, degli stipendi e dell’assistenza agli associati detenuti. Si tratta di profilo organizzativo della Società Foggiana, che – in base all’analisi delle pronunce giudiziarie che hanno riconosciuto, in via definitiva, l’esistenza della predetta organizzazione mafiosa – costituisce uno degli elementi caratterizzanti: nella stessa confluiscono i proventi delle attività illecite, a loro volta di pertinenza esclusiva dell’associazione e, come tali, sottratte alla libera disponibilità dei soci, che intanto possono fruirne, in quanto e nella misura in cui ne vengono espressamente autorizzati da quei soggetti che, in seno al gruppo, sono preposti alla spartizione delle somme”.

I “cassieri” vecchi e nuovi

Franco Spiritoso

“L’indagine Corona – riportano ancora gli inquirenti negli atti dell’inchiesta Rameta – ha consentito di accertare che, nonostante l’esistenza di batterie contrapposte nel cartello delinquenziale in esame, i proventi delle illecite attività affluissero in un’unica ‘cassa’ dell’organizzazione, gestita sin quando era in vita da Spiritoso Franco, da cui si alimentavano anche i detenuti di spicco Rizzi Giosuè, Moretti Rocco, Trisciuoglio Federico, Prencipe Salvatore e Tolonese Raffaele. Tuttavia, ogni batteria disponeva di un elemento di fiducia, con funzione di cassiere al quale si riferivano gli appartenenti del gruppo. Spiritoso Franco soprannominato ‘Capone’ per il ruolo apicale da tutti riconosciutogli all’interno dell’organizzazione, in quanto insignito dai vertici dell’organizzazione, era ritenuto punto centrale del sodalizio, come peraltro emerso in modo inconfutabile anche dalle intercettazioni ambientali a carico del duo Carella-Zucchini e veniva da tutti riconosciuto quale ‘cassiere’ della mala foggiana,a cui si riferivano le batterie, anche se in guerra tra loro”.

E ancora: “Ulteriore conferma dell’esistenza della ‘cassa comune’ emergeva anche dalle dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia (Catalano Antonio, Bruno Raffaele, Verderosa Michele) che univocamente dichiaravano che i proventi delle attività delittuose confluivano nella ‘cassa’ gestita dallo Spiritoso che a sua volta provvedeva al pagamento degli stipendi degli associati, al mantenimento dei sodali detenuti e delle loro famiglie, nonché alle spese legali per i processi che vedevano coinvolti i consociati. Nel corso di una conversazione ambientale registrata il 21 agosto 2009, Tolonese Raffaele, alla presenza diCassitti Massimiliano e Soldo Rocco, esternava la mancata elargizione del suo ‘stipendio’ da parte di Ariostini Savino e Ernesto Gatta, lamentandosi del fatto che non risultavano mai puntuali e che posticipavano i giorni fino a far, addirittura, saltare la mensilità: ‘…dal 5 me lo sposti al 10… dal 10 me lo sposti a fine mese!’. Puntuale interveniva l’osservazione fatta da Cassitti che facendo il confronto con i precedenti gestori della cassa, ovvero Franco Spiritoso ed Imperio Ciro, sosteneva che i soldi dovessero essere destinati agli aventi diritto entro pochi giorni dalla riscossione della estorsione. Ma Cassitti esaltava ancora di più il metodo usato in precedenza dai defunti Spiritoso Franco e Bernardo Antonio. In effetti – proseguono i magistrati – il dato secondo il quale Imperio Ciro e Ariostini Savino erano i delegati alla gestione della cassa troverà un irrecusabile riscontro in due captazioni nel corso delle quali sarà l’Ariostini in persona a manifestare tale suo ruolo, offrendo una sorta di rendicontazione a Tolonese Raffaele. Nella circostanza, emergerà come l’altro soggetto a cui era devoluto tale compito era Gatta Ernesto (come peraltro confermato dalle intercettazioni telefoniche a suo carico). Significativo – evidenziano gli inquirenti – è che Francavilla Emiliano chiedesse ad Ariostini Savino i soldi da inviare ai detenuti Francavilla Ciro e Francavilla Giuseppe. Ovviamente la presenza di una ‘cassa’ è stata accertata anche nei precedenti processi sulla Società Foggiana”.

Nella recente inchiesta “Decima Azione” la questione della cassa comune è stata ribadita come “un concetto più volte emerso nel contesto delle indagini, dove gli indagati fanno riferimento soprattutto lamentandosi o compiacendosi, a seconda della diversa gestione della stessa da parte del responsabile, nominato direttamente dai vertici dell’associazione o delle singole batterie”. (In alto, da sinistra, Raffaele Tolonese, Roberto Sinesi e Rocco Moretti in immagini tratte da video di operazioni antimafia)

Utilizzando il sito o eseguendo lo scroll della pagina accetti l'utilizzo dei cookie della piattaforma. Maggiori Informazioni

Questo sito utilizza i cookie per fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o cliccando su "Accetta" permetti il loro utilizzo. Altervista Advertising (Arnoldo Mondadori Editore S.p.A.) Altervista Advertising è un servizio di advertising fornito da Arnoldo Mondadori Editore S.p.A. Dati Personali raccolti: Cookie e varie tipologie di Dati secondo quanto specificato dalla privacy policy del servizio. Luogo del trattamento: Italia – Privacy Policy: https://www.iubenda.com/privacy-policy/8258859 Altervista Platform (Arnoldo Mondadori Editore S.p.A.) Altervista Platform è una piattaforma fornita da Arnoldo Mondadori Editore S.p.A. che consente al Titolare di sviluppare, far funzionare ed ospitare questa Applicazione. Dati Personali raccolti: Cookie e varie tipologie di Dati secondo quanto specificato dalla privacy policy del servizio. Luogo del trattamento: Italia – Privacy Policy: https://www.iubenda.com/privacy-policy/8258716

Chiudi