Mafia, a Foggia c’è un nuovo collaboratore di giustizia: «Imprenditore Panunzio non doveva essere ucciso»

C’è un nuovo pentito nella “società” foggiana: è Patrizio Villani, 45 anni allevatore di San Marco in Lamis, legato al clan Sinesi-Francavilla, una delle tre batterie al vertice della mafia del capoluogo dauno. Villani, detenuto dal dicembre 2016, è condannato in via definita a 30 anni di carcere quale esecutore materiale dell’omicidio del 21enne Roberto Tizzano e il ferimento dell’amico Roberto Bruno avvenuti ad ottobre 2016 in un bar alla periferia di Foggia nell’ambito della guerra di mafia locale. Ha deciso di collaborare con la giustizia lo scorso 10 maggio.

Questa mattina nell’aula bunker di Bitonto dove è in corso il processo con rito abbreviato a carico di una quindicina di imputati accusati a vario titolo di mafia, estorsioni e usura, tra cui lo stesso Villani, i due pm della Dda Federico Perrone Capano e Bruna Manganelli hanno chiesto di poter ascoltare il neo collaboratore di giustizia depositando un verbale di 150 pagine. Il Gup di Bari Antonella Carfagna, dopo aver rigettato la richiesta di rinvio da parte degli avvocati della difesa, ha disposto l’interrogatorio del pentito nelle prossime udienze del 3 e 24 giugno. L’inchiesta, denominata ‘Decima Bis’, nel novembre 2020 portò all’arresto di una quarantina di persone e conta attualmente 40 imputati in attesa di giudizio tra rito ordinario e quello abbreviato.

IMPRENDITORE PANUNZIO NON DOVEVA ESSERE UCCISO

La “Società foggiana” non doveva uccidere ma solo spaventare Giovanni Panunzio l’imprenditore foggiano ucciso il 6 novembre del 1992 perché si rifiutò di pagare alla mafia una tangente da due miliardi di lire. Ad affermarlo è Patrizio Villani, 45 anni, allevatore di San Marco in Lamis, ritenuto killer della mafia di Foggia e nuovo ‘pentitò. Villani sostiene di averlo appreso in carcere da Donato Delli Carri che per l’omicidio di Panunzio fu condannato in via definita a 26 anni di reclusione. A dire di Villani, Donato Delli Carri gli avrebbe confidato di essere stato presente la sera dell’agguato al costruttore foggiano compiuto in via Napoli, ma l’obiettivo del commando era solo spaventarlo, mentre Federico Trisciuoglio (all’epoca dei fatti semplice affiliato, poi divenuto capo clan) agì di testa sua e lo ammazzò.
Trisciuoglio non è mai stato imputato per l’omicidio di Panunzio. Villani ha aggiunto, inoltre, che fu un esponente del gruppo Francavilla-Sinesi a dire a Trisciuoglio di assumersi la responsabilità dell’omicidio e di scagionare Delli Carri, ma l’uomo si rifiutò. Questo avrebbe creato una frattura interna alla mafia foggiana, un tempo unita ma poi scissa in tre batterie. Le dichiarazioni di Villani sono presenti nel verbale di 130 pagine depositato ieri dai due pm della Dda di Bari durante il processo con rito abbreviato chiamato «Decima Bis» in corso nell’aula ‘bunker’ di Bitonto (Bari) davanti al gup Antonella Carfagna e che conta una quindicina di imputati, tra cui lo stesso Villani. Il neo collaboratore di giustizia è detenuto dal dicembre 2016: è stato condannato in via definita a 30 anni di reclusione quale esecutore materiale dell’omicidio di Roberto Tizzano, di 21 anni, e per il ferimento dell’amico Roberto Bruno, avvenuti ad ottobre 2016 in un bar alla periferia di Foggia. Ha deciso di collaborare con la giustizia lo scorso 10 maggio e sarà ascoltato nelle udienze del 3 e del 24 giugno.

Villani ha dichiarato di essere stato affiliato nel 2009 alla batteria Sinesi – Francavilla in una cerimonia compiuta nel carcere di Foggia e celebrata da un nipote del capo clan Roberto Sinesi (che non era presente). Secondo le sue dichiarazioni, l’affiliazione è avvenuta con un quarto grado, quello che in gergo mafioso viene definito della ‘santà, mentre il capo clan Roberto Sinesi ha il grado più alto, settimo grado: ‘il medaglionè. I Sinesi – racconta il pentito – sarebbero stati affiliati da clan calabresi, mentre i Moretti da ex cutoliani. Villani ha detto ai due pm che percepiva dalla mafia uno stipendio mensile tra i 1500-1800 euro al mese. Ha anche confessato di aver compiuto l’omicidio di Roberto Tizzano e il ferimento di Roberto Bruno nell’ottobre 2016 in un bar alla periferia di Foggia, fatti per i quali è stato condannato a 30 anni. Villani ha fatto recuperare agli agenti della Squadra Mobile anche la pistola che, dagli esami balistici, è risultata essere quella utilizzata per commettere l’attentato dell’8 settembre 2016 contro i due figli di Federico Trisciuoglio (rimasti illesi). L’agguato avvenne due giorni dopo il ferimento di Roberto Sinesi (mentre era in auto con il nipotino di 4 anni, rimasto anch’egli ferito). Secondo le dichiarazioni di Villani entrambi gli attentati furono ispirati da un esponente del clan Francavilla perché voleva far sembrare ci fosse una guerra tra Trisciuoglio e Sinesi.

fonte: www.lagazzettadelmezzogiorno.it

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