L’opposizione, interna ed esterna, ignora le dimissioni del Sindaco Natalicchio. Allora tutti a casa!

Il primo atto della sceneggiata, “Nostra Signora Molfetta, si dimetta“, si è concluso a sipario aperto e senza applausi. Non un fischio dal loggione, non un pomodoro marcio sul proscenio, non un urlo disperato dalla platea, nessuna veste stracciata dalla protagonista piagnucolante. Quelli che si aspettavano lanci di coltelli e canne fumanti sono rimasti delusi. Probabilmente anche nelle sale giochi la malavita locale ha lucrato sulla scommessa di quel venerdì diciassette.  Dopo un’ora di attesa, il segretario comunale procede all’appello, il Presidente dichiara aperta la seduta e concede la parola al consigliere De Candia. Tutti in silenzio, gli spettatori si aspettano dichiarazioni piccanti dopo 5 giorni di “ammuina” sulle dimissioni del sindaco e invece nulla di tutto questo; De Candia annuncia che lui e qualche altro consigliere, hanno abbandonato il PD per seguire il prode Guglielmo, causa di tutti i mali, e che la loro nuova casa politica si chiama “Democrazia è Partecipazione”. Non era una semplice comunicazione ma un intervento politico che necessitava di un conseguente dibattito che non c’è stato.

Il Presidente e l’aula prendono atto del tradimento in danno al “Partito delle grandi intese” e proseguono con il punto dell’ordine del giorno che riguarda le comunicazioni del Sindaco ai sensi dell’art. 43 del vigente Statuto comunale. L’attenzione dell’aula è rivolta al sindaco ma lei delega il presidente per la lettura delle sue dimissioni.  Una lettera scarna, fredda, rituale che non lascia intravedere le reali motivazioni delle già annunciate dimissioni. Ecco, in quel momento, ci si rende conto che la propaganda sulle dimissioni durata cinque giorni nel mondo virtuale della rete e di Fb, non trova altrettanta “passione” nel mondo reale e ufficiale, che è quello di un Consiglio Comunale in cui si consuma un atto importante, per le sorti di una comunità, qual è la comunicazione delle dimissioni del primo cittadino. Dopo una frettolosa lettura di 80 secondi della lettera di dimissioni, quello che tutti auspicavano era un dibattito accorato per sostenere le ragioni delle parti in causa che hanno tenuto banco nel mondo virtuale per cinque giorni. Sarebbe stato corretto che la sindaca e i protagonisti del Pd spiegassero alla città i motivi della crisi in atto, invece niente di tutto questo.

L’aula ha continuato a trattare gli altri punti all’ordine del giorno come se le dimissioni ufficializzate dalla sindaca fossero un temporale estivo passeggero, denso di fulmini e tuoni, avvenuto fuori dall’aula e che non aveva turbato minimamente i presenti. Mai in questa città si è verificato un evento del genere, mai abbiamo assistito ad un silenzio così assordante di fronte ad una comunicazione di dimissioni del primo cittadino. E’ intollerabile e inaccettabile assistere ancora a questi spettacoli di mediocre elevatura in cui il personale politico, eletto dal popolo, trascorre giornate intere a scrivere e rispondere ai “mipiacisti” della rete e poi non trova il coraggio per assumersi la responsabilità di dibattere in consiglio comunale le ragioni di una crisi. Quali le ragioni, quali i ricatti, quali le poltrone, quali gli equilibri politici, quale il futuro della città. Nulla di tutto questo cari concittadini. Si è consumato ieri pomeriggio uno squallido quadretto di neo-consociativismo da prima repubblica e prove tecniche di piccolo governo di larghe intese. Un sindaco presenta le dimissioni in Consiglio Comunale, ma in aula nessun consigliere, o forza politica di maggioranza o di minoranza, chiede, si oppone, avvalla, contrasta la decisione. Nessun consigliere interviene per chiedere spiegazioni di una scelta. Allora, cosa bisogna pensare? Che tutti i presenti hanno accettato le dimissioni e preferiscono tacere? Oppure tutti hanno paura di andare a casa e attendono che terzi politici esterni risolvano in 15 giorni la crisi senza spargimenti di sangue in aula? Ma c’è ancora qualcosa che non ci convince. L’opposizione, quella opposizione che aspetta il voto del Senato per l’arresto di Antonio Azzollini per decidere la linea “apolitica” da intraprendere, quella opposizione che ha scritto e vomitato veleni sulla Natalicchio fino a qualche giorno fa, ieri ha taciuto.

Si è visto mai una opposizione che, davanti ad un piatto così appetibile, quali le dimissioni di un sindaco, non intavola argomentazioni, interventi fiume per accellerare questa triste agonia. No, silenzio assoluto. Ebbene, senza perdersi in lunghe e inutile riflessioni, la situazione è chiara. Da una parte abbiamo una sindaca che non rappresenta più quella maggioranza politica con cui ha cominciato il proprio sindacato, non ha più la piena fiducia della sua maggioranza e di tanti cittadini che l’hanno votata, e lancia razzi di soccorso verso Roma perchè qualcuno venga a liberarla nel mare in burrasca. Il suo vero problema è che non ha capito cos’è la politica, cosa vuol dire governare democraticamente e aprirsi a quella partecipazione da lei tanto propagandata. Dall’altra parte c’è quella famosa opposizione di cui si diceva prima che “praticamente” non ha personale politico all’altezza di accelerare i tempi delle dimissioni della sindaca. Anzi, direi che non possono permettersi il lusso di far sciogliere il consiglio comunale, andare tutti a casa e tornare alle urne. Troppo rischioso per loro perché in questo momento storico a Molfetta, come in Italia, se ci fossero le elezioni loro scomparirebbero. E allora ecco che il governo delle larghe intese è un possibile orizzonte da raggiungere, ma non ora. Perciò ieri non hanno tentato l’assalto alla diligenza, meglio prendere tempo e, chissà, in questo tempo creare una nuova maggioranza trasversale con quel Pd con cui a Roma governano.

Pertanto se lo scenario è questo, un penoso quadretto che rappresenta la peggiore prima repubblica, TUTTI A CASA, e subito.

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