L’ex giudice De Benedictis chiama i pm di Torino: “Voglio essere ascoltato su Emiliano”

La procura piemontese ha mandato a processo il governatore (insieme con  il capo di gabinetto Stefanazzi e l’imprenditore Ladisa) per finanziamento illecito in relazione a fatture pagate in occasione delle primarie Pd del 2017. Il nome del presidente compare in alcuni atti delle indagini della Procura di Lecce – fonte: Chiara Spagnolo – bari.repubblica.it

L’ex giudice Giuseppe De Benedictis vuole essere ascoltato dalla Procura di Torino, che ha mandato a processo per finanziamento illecito ai partiti il governatore Michele Emiliano, il suo capo di gabinetto Claudio Stefanazzi e l’imprenditore Vito Ladisa. Lo ha chiesto dopo che la Procura di Lecce ha inviato ai colleghi piemontesi una parte non omissata del memoriale del magistrato sotto processo per corruzione, ritenendo che vi fossero elementi utili per il procedimento che ruota attorno alle fatture pagate da due imprenditori (oltre a Ladisa c’è il foggiano Giacomo Mescia) per la campagna elettorale delle primarie del Pd nel 2017.

In alcuni atti dell’indagine salentina compare il nome di Emiliano, ma per la Procura guidata da Leonardo Leone de Castris non ci sono a suo carico elementi da approfondire. Almeno non in riferimento all’inchiesta che il 24 aprile dello scorso anno ha fatto finire in carcere De Benedictis e l’avvocato Giancarlo Chiariello (entrambi adesso si trovano agli arresti domiciliari e sono sotto processo).

I pubblici ministeri Roberta Licci e Alessandro Prontera hanno invece ritenuto che alcune dichiarazioni di De Benedictis avrebbero dovuto essere valutate dai loro omologhi torinesi. Una volta ricevuti gli atti, il pm Giovanni Caspani non sembra abbia voluto approfondire. O almeno non per il momento. E così gli avvocati Gianfranco Schirone e Saverio Ingraffia hanno chiesto che l’ex giudice venga ascoltato direttamente nella città sabauda.

Cosa abbia da dire sul presidente della Regione è difficile ipotizzarlo. Di certo, la notizia del suo desiderio di collaborare con la giustizia e di inserirsi anche nell’inchiesta torinese non sembra impensierire lo stesso governatore Emiliano né il suo avvocato Gaetano Sassanelli.

Le eventuali dichiarazioni potrebbero riguardare anche l’imprenditore Vito Ladisa, che De Benedictis conosceva e ha incontrato mentre era sotto intercettazione e pedinamento. Nei loro incontri, tuttavia, gli investigatori non hanno trovato alcun atto illecito né questioni che avrebbero meritato ulteriore approfondimento investigativo. E lo stesso, a quanto pare, è avvenuto in relazione a un incontro che De Benedicts ha avuto nell’agosto 2020 con il governatore in un bar di Torre a Mare.

All’epoca il giudice era già intercettato con un amico di Altamura. E sarebbe stato proprio quest’ultimo a fare da tramite per trovarsi faccia a faccia con il presidente della giunta regionale. I carabinieri del Nucleo investigativo di Bari, in quel caldo pomeriggio di agosto, hanno seguito l’allora gip De Benedictis e l’amico e li hanno osservati discutere una ventina di minuti in un bar con Emiliano. In quella circostanza il giudice avrebbe chiesto l’intercessione per risolvere alcune problematiche legate al centro diurno di Terlizzi di cui era socio, ma il governatore avrebbe risposto picche.

Negli atti depositati dalla Procura di Lecce, e che ora sono al centro del processo in corso, non ci sono altri spunti che possano riguardare il presidente né tantomeno Ladisa. Né al momento è chiaro se la Procura di Torino abbia intenzione di ascoltare De Benedictis come persona informata sui fatti. Di certo c’è che la sua posizione, a distanza di un anno dall’arresto, è difficilissima.

Nonostante i ripetuti interrogatori, i pm salentini non hanno creduto all’atteggiamento apparentemente collaborativo dell’ex magistrato, al quale nell’avviso di conclusione delle indagini sono stati contestati gli stessi identici reati ipotizzati all’atto dell’arresto. La presunta corruzione in atti giudiziari, si suppone sia stata commessa – in concorso con l’avvocato Chiariello e altre persone – per agevolare i sodalizi mafiosi di cui facevano parte i pregiudicati scarcerati. Un’accusa gravissima, dalla quale i nove imputati stanno cercando di liberarsi nel processo che proseguirà oggi e dovrebbe concludersi il 29 marzo.

Per De Benedictis è stata chiesta la condanna a otto anni e nove mesi; otto anni e cinque mesi per l’avvocato Chiariello; quattro per il figlio Alberto (penalista anche lui) e per la collaboratrice di studio Marianna Casadibari; tre anni e otto mesi per i tre pregiudicati (Roberto Dello Russo, Antonio Ippedico e Danilo Della Malva, quest’ultimo oggi collaboratore di giustizia), che sarebbero stati favoriti grazie all’accordo corruttivo. L’assoluzione è stata chiesta soltanto per uno dei nove imputati: si tratta dell’l’avvocato foggiano Michele Pio Gianquitto. La parola ora passa alle difese.

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