De Benedictis sul caso-tangenti: «Non ho aiutato i clan»

L’ex gip si difende. E dal suo memoriale spuntano nuove accuse a giudici e avvocati – fonte: Massimiliano Scagliarini e Giovanni Longo – www.lagazzettadelmezzogiorno.it

I rapporti tra magistrati. I favori chiesti e ottenuti da (e per il tramite di) amici e imprenditori. Pagine e pagine in cui si parla di appalti, riferendo le (presunte) confidenze dell’imprenditore Vito Ladisa che tirano in ballo anche il presidente Michele Emiliano. Circostanze in massima parte non riscontrate o non riscontrabili. È per questo che il memoriale dell’ex gip Giuseppe De Benedictis viene ritenuto da chi indaga un distillato di veleni. Ma questo non significa che tutti i racconti dell’ex magistrato, arrestato per tangenti nell’aprile 2021 e tuttora ai domiciliari, siano considerati inattendibili.

Ieri gli avvocati di De Benedictis, Saverio Ingraffia e Gianfranco Schirone, hanno discusso per ultimi nell’udienza davanti al gup Laura Liguori, durata oltre sette ore: la Procura di Lecce ha chiesto in abbreviato la condanna dell’ex giudice a 8 anni e 9 mesi per quattro episodi di corruzione in atti giudiziari. Il principale coimputato – l’avvocato Giancarlo Chiariello – aveva sostenuto che fu il giudice a chiedergli denaro a fronte della scarcerazione dei suoi clienti. La difesa di De Benedictis (che ha depositato una nuova memoria) ha respinto questa ricostruzione, chiedendo l’assoluzione per due degli episodi contestati, l’esclusione dell’aggravante di aver favorito dei mafiosi (le scarcerazioni riguardano processi di criminalità organizzata). Soprattutto, per accorciare la condanna hanno invocato l’attenuante della collaborazione, puntando (anche) sulla genuinità di quanto raccontato ai pm di Lecce in decine e decine di ore di interrogatorio.

Ed è anche per questo che l’ex giudice ha chiesto di essere interrogato a Torino, dove Emiliano e Ladisa (insieme al capo di gabinetto Claudio Stefanazzi e all’imprenditore Mescia) sono a giudizio per finanziamento illecito ai partiti in relazione alle primarie Pd. De Benedictis ritiene di avere qualcosa di specifico da dire su Emiliano e Ladisa, ma la Procura di Torino – che a febbraio ha avuto da Lecce il memoriale e l’interrogatorio – appare scettica sulla rilevanza della sua narrazione. Questo perché l’ex gip molfettese ha raccontato ciò che dice di aver appreso da Vito Ladisa, un «riferito» che non è ritenuto riscontrabile e a tratti sconfina nel pettegolezzo (vedi l’incontro in una tenuta salentina con un noto politico del centrosinistra).

Ha parlato a lungo, ad esempio, dell’appalto dell’ospedale della Fiera del Levante (nei giorni precedenti al suo arresto sui giornali infuriavano le polemiche sui costi): De Benedictis ha detto che fu Emiliano a ordinare all’ex dirigente della Protezione civile, Mario Lerario, di portare le carte dell’appalto alla Finanza (è vero, ma lo avevano scritto i giornali), mentre tutto il resto del racconto non ha trovato riscontri. Poi l’ex giudice ha parlato di appalti del mondo delle mense (con riferimento a Ladisa) e di alcune delle indagini aperte sulla Regione: un misto di fatti noti e valutazioni personali sue e (a suo dire) di Ladisa. Ancora, le vicende relative alla scelta del nuovo procuratore di Bari e le asserite «preferenze» di Emiliano a questo proposito.

Quando ha chiuso le indagini sulla presunta corruzione in atti giudiziari, la Procura di Lecce ha coperto con «omissis» tutte le parti degli interrogatori di De Benedictis non attinenti alle sentenze comprate. Ma non tutte le ulteriori dichiarazioni sono state ritenute irrilevanti. Su quelle che riguardano gli avvocati del foro di Bari c’è stata una continua interlocuzione con i magistrati del capoluogo: lo dimostra il fatto che i pm salentini ieri hanno depositato in udienza un verbale del pentito di mafia Domenico Milella, in cui si parla di Chiariello ma anche di un altro avvocato il cui nome è coperto da «omissis» (probabilmente perché sottoposto a indagini). Il gip si è riservato di ammettere il nuovo documento.

Nelle «nuove» dichiarazioni di De Benedictis è emerso il nome di un ex magistrato della Corte d’appello di Bari che sarebbe stato in rapporti stretti con Chiariello («Da lui – avrebbe detto l’avvocato all’ex gip – posso avere tutto»). Ancora, De Benedictis ha parlato di un avvocato da lui definito «il principe del continuato» (un meccanismo giuridico che consente al condannato di ottenere sconti di pena), ma ha allo stesso tempo negato di aver avuto soldi da due dei legali baresi di cui aveva parlato un pentito di mafia. La sentenza per la corruzione nel Tribunale di Bari dovrebbe essere pronunciata martedì. Nei prossimi giorni la Procura di Lecce deciderà se replicare alle arringhe difensive degli imputati. 

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