Le vittime del pizzo denunciano, quattro arresti nel clan Lorusso

Le vittime del pizzo denunciano, quattro arresti nel clan Lorusso

bari.repubblica.it

Incastrati dalle vittime: le quattro persone ritenute affiliate al clan “Lorusso” del quartiere San Girolamo a Bari, sono state arrestate perchè determinanti sono state  le denunce delle vittime costrette a pagare il pizzo. Dovranno rispondere di associazione per delinquere di tipo mafioso finalizzata alle estorsioni, detenzione e porto di armi da fuoco comuni e da guerra e detenzione, ai fini dello spaccio di droga.

Si tratta di Umberto Lorusso, di 36 anni ai domiciliari, ritenuto al vertice del sodalizio criminale, suo fratello Saverio di 37 già detenuto per altra causa, Giacomo Pappagallo, 24 anni già in carcere, e Umberto Loseto 38enne rintracciato a Concorezzo, in Lombardia, che secondo quanto emerso dalle indagini avrebbe avuto il compito di procurare armi e droga al gruppo.

Grazie alle denunce di alcune vittime già a ottobre, gli agenti della squadra Mobile – diretti da Luigi Rinella – fermarono Saverio Lorusso, Sebastiano Armenise, Giacomo Pappagallo e Raffaele Petrone, accusati di fare parte di un giro di estorsioni ai danni dei commercianti del quartiere San Girolamo, ma anche di un’associazione mafiosa finalizzata alle estorsioni e di violenza privata. Un quartiere in cui la fibrillazione in atto, per il controllo del territorio, era palese da tempo: a dimostrazione di ciò numerosi sono stati i ferimenti e i tentativi di omicidio. A fare la differenza nelle indagini, a quanto appreso, sono stati due collaboratori di giustizia che hanno ammesso la disponibilità di armi all’interno del gruppo provvisto anche di due mitragliette.

Il gruppo avrebbe chiesto un pizzo di 500 euro ai commercianti e 100 euro per ciascuna macchinetta mangiasoldi ospitata negli esercizi commerciali. Alcuni avrebbero anche occupato in modo abusivo abitazioni e avrebbero fatto, in prima persona o lasciando che vi provvedessero mogli e compagne, la spesa gratis in supermercati e macellerie della zona. Benché non fosse di dimensioni ‘estese’, il gruppo sottoponeva i suoi uomini a riti di affiliazione mafiosa.

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