Interrogazione dell’On.Giulio Marcon sulla bonifica bellica a Molfetta

4/04515 : CAMERA – ITER ATTO 16/04/14 17.49

ATTO CAMERA INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/04515

Dati di presentazione dell’atto

Legislatura: 17 –  Seduta di annuncio: 212 del 15/04/2014

Primo firmatario: MARCON GIULIO Gruppo: SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA’

Data firma: 15/04/2014

Destinatari

Ministero destinatario:

MINISTERO DELL’AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE MINISTERO DELLA SALUTE, MINISTERO DELLA DIFESA

Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELL’AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE delegato in data 15/04/2014

Stato iter: IN CORSO Atto Camera

Interrogazione a risposta scritta 4-04515 presentato da MARCON Giulio testo di

Martedì 15 aprile 2014, seduta n. 212

MARCON. — Al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere, premesso che: Molfetta, città di quasi 60 mila abitanti, 25 chilometri a nord di Bari si affaccia sulla costa del mare Adriatico, con il quale ha sempre avuto nella storia un rapporto simbiotico;

il mare davanti a Molfetta, è una delle più grandi discariche di bombe chimiche disseminate di tutto l’occidente. Ancora manca una ricognizione precisa dell’effettiva quantità e della dislocazione sott’acqua, ma una sostanza come l’iprite, caricata in ogive ormai corrose, sta lentamente fuoriuscendo; i pescatori vengono spesso a contatto con queste sostanze nocive quando le reti che tirano su si impigliano in qualche ordigno. «Succede quotidianamente, ci dice il dottor Guglielmo Facchini, che ha in cura molti pescatori». 239 sono i feriti gravemente e 5 i morti accertati ufficialmente dal 1946 alla fine degli anni 90. I numerosi e continui incidenti recenti non sono stati ancora riconosciuti; il nuovo porto commerciale, un vero ecomostro, costruito su un letto pieno di bombe spezza la vista dell’orizzonte prima visibile. In una situazione tale era un progetto del tutto irrealistico che non doveva mai iniziare e non potrà mai finire ha scritto la procura di Trani che nell’ottobre 2014 ha sequestrato la grande opera, non terminata, già costata 70 milioni di euro. Intanto è stato distrutto un panorama unico che era sottoposto a vincolo storico paesaggistico. Ed è sparita un’alga preziosa e rara la posidonia che si trovava in quelle acque, una pianta protetta, soppiantata da un altra, l’alga tossica come ha denunciato Legambiente nel 2009 con un esposto;

con il grande porto nuovo, voluto da Antonio Azzollini, sindaco di Molfetta dal 2006 al maggio 2013, e insieme presidente pro tempore della commissione bilancio del Senato si apriva il «rubinetto-porto» per finanziare qualunque attività e spese correnti come emerge dagli atti della procura di Trani che ha rinviato a giudizio Azzolini per associazione a delinquere, truffa a danno dello Stato, concussione e altri reati l’ottobre 2013. Tra i 63 rinviati a giudizio anche la Cooperativa Muratori e Cementisti (Cmc) di Ravenna, per associazione a delinquere, che è anche la maggiore azionista dei lavori per la Tav della Val di Susa. Il 6 marzo a Trani inizierà la procedura probatoria;

Matteo d’Ingeo, coordinatore del movimento civico Liberatorio politico che da anni si batte per un’operazione verità sul porto e sulle bombe chimiche a mare, autore di numerosi esposti, indica le «zone rosse» del cantiere, così chiamate perché particolarmente affollate di bombe tanto da rendere impossibile il lavoro di dragaggio e ancor prima di ricognizione preliminare: il motivo per cui la ditta incaricata di farlo, la Lucatelli di Trieste, ha rimesso l’incarico. Il dragaggio poi ha stuzzicato le bombe disseminate creando una discarica nella discarica, la cosiddetta cassa di colmata dove finivano scarti vari mischiati a ordigni; i lavori di bonifica dello Sdai (nucleo della Marina militare addetto allo sminamento) iniziati nel 2008 si basavano su una ricognizione solo parziale, non sistematica. 15 mila sono stimate le sole bombe caricate di sostanze chimiche come l’iprite, chiamato anche gas mustarda, il fosfogene, la lewisite, gas tossici e vescicanti contenuti in fusti e damigiane – creati per uccidere e per durare –, oltre a decine di migliaia di ordigni convenzionali affondati nel mare davanti a Molfetta; questo arsenale chimico si trovava nelle stive delle 17 navi inglesi e americane che nel 1943 furono sventrate da un feroce bombardamento nazista nel porto di Bari. Fu una notte d’inferno, con la città illuminata a giorno dalle fiamme e invasa da fumi tossici, coperto da un silenzio durato per decenni. Il porto di Bari andava liberato in fretta e le bombe smaltite a largo di Molfetta. Ma, non sempre arrivarono alle tre miglia e a 600 o 800 metri di profondità previsti; affidate a cooperative di pescatori pagati a tratta finirono spesso in acque più vicine; nel basso Adriatico, a Molfetta sono state sganciate anche le bombe Nato della guerra del Kosovo. Nel 2009 l’accordo di programma per la bonifica del basso Adriatico tra Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e regione Puglia riguardava la zona da Vieste a Otranto, ma ha finito per concentrarsi su Molfetta e sulla sola zona del porto; «Bisogna riconoscere Molfetta come zona di disastro ambientale» insiste D’Ingeo: i pescatori, ricattati tra salute e lavoro pagano il prezzo più alto venendo in contatto con le sostanze che avvelenano il mare e i pesci. Questi ultimi vengono dichiarati edibili poiché le tracce di veleno sono state trovate, ma negli organi interni e non nella carne bianca; sono state trovate dai ricercatori dell’Icram (Istituto centrale per la ricerca scientifica applicata al mare, oggi Ispra) anche mutazioni genetiche. Il pesce non viene pescato a riva ma a largo, fa presente Matteo d’Ingeo. Come ha dichiarato il professor Amato coordinatore dell’Icram: « I pesci dell’Adriatico sono particolarmente soggetti all’insorgenza tumori, subiscono danni all’apparato riproduttivo, sono esposti a vere e proprie mutazioni genetiche che portano a generare esemplari mostruosi». Monitorando un rettangolo di cinque miglia per due al largo di Molfetta gli esperti hanno individuato ben 102 «possibili ordigni». Solo sedici sono stati ispezionati e undici erano proprio bombe all’iprite; il posto più insidioso della costa molfettese è Torre Gavetone, al confine con Giovinazzo. L’acqua color turchese nasconde il più alto concentrato di bombe chimiche. È l’unica spiaggia pubblica di Molfetta, perciò nessuno rispetta lo sbrindellato cartello di divieto di balneazione e di pesca. Mentre le discariche più grandi e pericolose sono segnalate a circa 35 miglia dalla costa; di fronte a Torre Gavetone c’è un cimitero di ordigni imprigionati in una colata di cemento;

mentre a Torre Calderina che si trova dal lato opposto, un’oasi naturale senza cemento, con gli uliveti che arrivano fino a riva, l’acqua è marrone, per via degli scarichi direttamente a mare di Molfetta e paesi limitrofi, in quanto il depuratore è rotto ed è sotto sequestro; si è costituito a Molfetta il « Comitato cittadino per la bonifica marina, a tutela del diritto alla salute e all’ambiente salubre». Il comitato chiede «la verità sul tipo di ordigni presenti sui fondali del nostro mare. La bonifica completa dal porto a Torre Gavetone. Un monitoraggio ambientale del mare nelle zone interessate dalla presenza di ordigni a caricamento chimico per verificarne la balneabilità del mare e la commestibilità del pesce. Informazione trasparente e aggiornata da parte di tutte le istituzioni coinvolte nelle attività di bonifica» :

– se non ritengano urgente verificare, per quanto di competenza, lo stato reale dei lavori di bonifica, presentando un’apposita e dettagliata relazione sui siti esposti in premessa in modo da poter chiudere definitivamente una vicenda troppo a lungo sottovalutata e ignorata;

– se non intendano verificare, anche attraverso un monitoraggio, l’esposizione ai rischi della popolazione interessata dai dati dello studio dell’Icram esposto in premessa;

– se non intendano assumere iniziative per istituire, per quanto di competenza, una commissione finalizzata a predisporre, realizzare e completare le bonifiche, anche attraverso lo stanziamento di uomini, mezzi e fondi adeguati, di tutti i siti inquinati;

– quali iniziative intenda intraprendere per prevenire e riconoscere le ricadute sanitarie dell’esposizione ad agenti altamente tossici dispersi in mare sui cittadini esposti a tali fattori di inquinamento ambientale. (4- 04515)

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