Le maglie larghe delle reti? Un falso problema

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Due sagome di possibili bombe ritrovate e fotografate qualche giorno fa da un ignaro bagnante
proprio a riva al confine di battigia con Giovinazzo
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di Matteo d'Ingeo

Nonostante sia Giugno, gli odori, la luce e il sole che preannunciano l’estate sono ancora sbiaditi da un mormorio che si agita fuori dal mare. Tutti parlano del mare senza immergersi e sembrano voler ritardare il rito del primo bagno di stagione, ognuno con le proprie ragioni.

Il Comitato Seagull agita una guerra tra poveri, scende in piazza e manifesta per la tutela dei diritti dei lavoratori del mare, per la loro sicurezza e per la revisione delle cosiddette tabelle d’armamento che stabiliscono il numero e la nazionalità dei marittimi a bordo delle navi.

Il Partito Democratico prima e il Popolo della Libertà poi, con Giovanni Abbattista e con il neo consigliere regionale Antonio Camporeale si schierano con i lavoratori del mare in una dura mobilitazione in difesa di un settore economico vitale per la nostra città e che ha fatto la storia di Molfetta.

Azione Giovani in merito alle proteste dei pescatori contro il regolamento comunitario in materia di pesca dopo una lunga ricerca sulla nostra città, su internet o sui vari libri di storia, ha scoperto che : “Molfetta: città che sorge a 25 km a nord-ovest di Bari, sulla costa del mare Adriatico, ha sempre avuto un rapporto simbiotico con il mare” e ci fa sapere che gli europarlamentari Silvestris e Baldassarre nei giorni scorsi hanno presentato un’interrogazione al Parlamento Europeo chiedendo “una proroga riguardo all'applicazione del Regolamento, per permettere ai nostri pescatori di adeguarsi a normative altrimenti devastanti per il settore"

L’Associazione Armatori da Pesca è fortemente preoccupata dell’impatto devastante sulla redditività dell’attività di pesca di dette nuove misure restrittive che rischiano di marginalizzare definitivamente un settore già in strutturale condizione di debolezza; annuncia una manifestazione nel Porto di Molfetta con consegna delle licenze di pesca all’Autorità Marittima del Compartimento, per rivendicare il diritto a continuare a fare impresa nel mondo della pesca e ad esercitare il mestiere di pescatore, in un contesto di regole coerenti e sostenibili. Inoltre non esclude azioni più eclatanti come il completo disarmo delle imbarcazioni nel caso in cui perduri il silenzio del Governo Regionale e Nazionale.

Il Governo Regionale per il tramite del Governatore Vendola risponde subito all’appello e scrive al Ministro Galan : “Se è vero, così come lamentano gli operatori, che sia impossibile reperire le nuove maglie più larghe previste dallo stesso regolamento, allora occorre agire responsabilmente per ricercare soluzioni adeguate che consentano di dare delle risposte a chi oggi si trova nella difficoltà di produrre reddito. Soluzioni che ci permettano di rispondere alla crescente agitazione che sta scuotendo l’insieme delle marinerie, soprattutto delle regioni che si affacciano sull’Adriatico.

Se, come appare, la via della deroga diviene difficilmente percorribile, le uniche risposte che si possono dare come misure di accompagnamento a questo nuovo scenario non possono che essere quelle di un fermo biologico, insieme a risorse e strumenti capaci di ammortizzare il disagio dei lavoratori.

 

Invece la Giunta Municipale di Molfetta, condotta dal sindacosenatore Azzollini (che gioca in questa partita in duplice veste di interrogato e interrogante) , in una delibera straordinaria ha dichiarato che “… Le marinerie dell’Adriatico a seguito della sperimentazione avviata con le nuove reti da pesca e dei risultati negativi ottenuti, sono entrate in agitazione minacciando astensioni dell’attività di pesca, il che creerebbe ulteriori disagi a un’economia già provata dalla crisi internazionale con conseguente aumento della disoccupazione oltre che disagi alle abitudini e tradizioni alimentari locali”.

«Porterò all’attenzione del ministro Giancarlo Galan – annuncia il sindacosenatore di Molfetta – la necessità di sospendere per dodici mesi l’entrata in vigore delle nuove regole. Non ci sono né tempo né margini per misure tampone. C’è bisogno di riflettere serenamente sul futuro di questo settore e rinegoziare l’attuale regolamento che mi pare tarato sulle caratteristiche delle flotte atlantiche senza tener conto delle peculiarità della pesca in Adriatico e nel Mediterraneo. Per di più, al danno si potrebbe aggiungere la beffa di trovare nei nostri mercati pesce di piccola taglia importato da altri paesi non europei. »

 

Insomma nel giro di poche ore tutti si mobilitano per il mare, la pesca e per il futuro dei lavoratori del settore ma il popolo, quello che va al mercato per comprare la frittura di mare o pesce di piccola taglia da mangiare crudo e non lo trova, non ha ancora capito il perché di questa mobilitazione.

 

Le marinerie hanno proclamato uno stato di agitazione, con natanti ormeggiati in porto ed arresto di ogni attività di pesca, per protestare contro l’entrata in vigore, a partire dal 1 giugno, di alcune disposizione del Reg. 1976/2006(CE) recante “Misure di gestione per uno sfruttamento sostenibile delle risorse per la pesca nel Mediterraneo(Regolamento mediterraneo), con particolare riferimento a quelle riferibili alle zone di pesca protette, alla distanza dalla costa e alle restrizioni relative agli attrezzi di pesca (nuove misure delle maglie delle reti)”.

Un regolamento, in verità, che non è giunto all’improvviso, essendo stato approvato già nel 2006; ci sembra, a nostro modesto parere, un po’ strumentale tutto questo rumore e ci chiediamo perché questo dissenso non è stato manifestato prima? Dal 2006 c’era tutto il tempo di discutere, manifestare, proporre iniziative alternative, fare interrogazioni parlamentari, creare nuovi tavoli di concertazione; ed invece no, tutti si sono ricordati il 1 giugno 2010 (data in cui entrava in vigore il regolamento 1976/2006-CE) che c’era un problema che remava contro i lavoratori del mare, la loro occupazione e gli interessi degli armatori.

 

Cari politici di terra e di mare ci sembra molto riduttivo spostare l’attenzione dell’opinione pubblica sulla grandezza delle maglie delle reti da pesca, state mentendo a voi stessi e ai lavoratori, volutamente ignorate il vero problema e nascondete la polvere sotto il tappeto. Tra non molto gli armatori consegneranno le licenze di pesca e rottameranno i loro pescherecci non perché le maglie delle loro reti faranno perdere il pescato, ma semplicemente perché il pescato non ci sarà più.

In questi anni perché mai nessun armatore, nessun politico di quelli che si sono espressi in questi giorni si sono pronunciati sullo stato di salute del nostro mare e della diminuzione del pescato.

Il nostro mare è già in agonia e il vostro colpevole silenzio servirà solo a dargli il colpo di grazia. Il nostro mare è malato, i nostri pesci e le nostre alghe si nutrono dei veleni delle navi a perdere e delle migliaia di bombe che giacciono ancora sui nostri fondali. Gli armatori e molti pescatori hanno contribuito in questi anni ad avvelenarlo, perché invece di denunciare alle autorità preposte il ritrovamento di ordigni nelle loro reti hanno preferito, perché più comodo, abbandonarli lungo il tragitto di rientro in porto o nel porto stesso.

Questa è la realtà, vi piaccia o no. Il Liberatorio è impegnato da oltre due anni nel denunciare la straordinarietà e la pericolosità della situazione sia sotto il profilo sanitario che della sicurezza e da parte di tutte le autorità preposte interpellate c’è stato solo un colpevole e omertoso silenzio.

Per non dimenticare nessuno è giusto ricordare che anche la Provincia di Bari sta facendo la sua parte per la salvaguardia del mare e dell’ecosistema. Come? Dopo aver speso negli anni scorsi un milione di euro per creare una non ben definite “oasi di ripopolamento ittico” nelle acque antistanti Torre Gavetone, ha tirato fuori, in questi giorni, un vecchio progetto di risanamento ambientale per rendere più fruibili le zone demaniali intorno alla Torre.

Ma anche la Provincia ha dimenticato, stranamente, che lo specchio d’acqua antistante la Torre era ed è pieno di ordigni bellici di diversa natura. Solo a fine 2009 ne sono stati individuati altri 172 tra la Torre e la vecchia fabbrica.

Le ultime due sagome di possibili bombe ritrovate e fotografate qualche giorno fa da un ignaro bagnante proprio a riva al confine di battigia con Giovinazzo sembrano non interessare neanche alla Capitaneria di Porto; invece di far scattare l’allarme ed isolare la zona ha rimandato a casa il cittadino che ha fatto il suo dovere, quasi maltrattandolo e accusandolo di aver violato una fantomatica ordinanza di divieto di balneazione nella zona. Noi non abbiamo mai saputo di tale ordinanza, anzi abbiamo chiesto pubblicamente, in una conferenza, ad un rappresentante della Capitaneria di Porto se l’unico cartello esistente dal 1993, ormai corroso e illeggibile, che avvisava i bagnanti del pericolo di ordigni esplosivi, fosse ancora valido o no.

Ad oggi non abbiamo ancora ricevuto risposte. Forse non arriveranno mai più, visto che il “corpo del reato” dopo 17 anni è stato rimosso dalla Provincia durante le opere di sbancamento presso il Gavetone della zona che stanno risanando.

Noi denunciamo questo ulteriore grave episodio e chiediamo a tutti i protagonisti della mobilitazione in atto sulle problematiche della marineria di esprimersi e manifestare la loro preoccupazione per il silenzio calato sulla bonifica bellica in atto nel Porto e a Torre Gavetone perché il vero problema non sono le maglie più larghe delle reti ma il futuro del nostro mare e della nostra salute.

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