Inviamo virtualmente al Sindaco Azzollini l’intervista rilasciata dal Prof. Gianni Tamino, biologo del Comitato Nazionale per la Biosicurezza e le Biotecnologie intervenuto lunedì 12 maggio alla conferenza “Centrali a biomasse a Molfetta ed in Puglia. Rischi su ambiente e salute”.
L’autore dell’intervista è Lorenzo Pisani di Molfettalive
Nel suo intervento ha più volte fatto riferimento al CIP6 e certificati verdi: può spiegarci in cosa consistono? «Il CIP6 è un provvedimento con cui si incentiva l’energia prodotta da fonti rinnovabili e assimilate, consentendo di immetterla nella rete elettrica nazionale a un prezzo superiore al normale valore del mercato. Tali incentivi vengono addebitati sulla bolletta dei consumatori. Le prime leggi per incentivare le forme rinnovabili vennero emanate nel 1991. Oggi l’energia elettrica da fonti rinnovabili viene pagata fino a 4 o 5 volte il suo valore. Al momento dell’approvazione del decreto vennero aggiunte le cosiddette “fonti assimilate” che oggi portano via la fetta più grossa di tutti gli incentivi. Le principali sono le code di raffinazione del petrolio: in pratica un rifiuto tra i più inquinanti viene spacciato come rinnovabile e pagato un sacco di soldi. Un’altra fonte assimilata è l’energia elettrica prodotta dagli inceneritori: questo ha determinato l’aumento della produzione di rifiuti, motivo per il quale l’Italia è stata richiamata dall’Unione Europea. Oggi ai CIP6 si sono affiancati i certificati bianchi e i certificati verdi, di cui tutti i nuovi impianti possono usufruire. I primi premiano il risparmio energetico e l’efficienza, i secondi riguardano le fonti rinnovabili, i rifiuti e le biomasse. Per rinnovabili si intendono quelle fonti di energia utilizzate nel tempo e nello spazio in cui sono prodotte. Tenendo presente questa definizione, le centrali a biomasse a cui sono attribuiti certificati verdi utilizzano materie prime che non possono essere prodotte nella zona. Lo confermano differenti studi condotti dai prof. Giampietro, Ulgiati, Paletti, Pimmentel che arrivano alla stessa conclusione: in Italia per produrre il 10% di energia da biomasse avremmo bisogno di tre volte la superficie agricola nazionale. La sostenibilità si ha quando il bilancio energetico è positivo, la risorsa si riproduce nel tempo di utilizzo e il bilancio dell’anidride carbonica (CO2) è quantomeno in pareggio». Tutti i documenti delle centrali a biomasse sostengono che le emissioni di anidride carbonica (CO2) è pari a zero perché la quantità emessa durante la combustione è pari a quella assorbita dalla pianta durante il processo di crescita, attraverso la fotosintesi. «È vero. Ma alla CO2 che si ottiene bruciando devo aggiungere la CO2 consumata per ottenere la pianta, più quella consumata per trasportare dall’Estero l’olio su una nave sino al porto e dal porto alla centrale: il bilancio non è più in pareggio. Ma non solo. Se, come nel caso di soia, girasole, colza, il consumo di petrolio e metano utilizzati per produrre fertilizzanti, per alimentare i mezzi agricoli e per trasportare i materiali è uguale o superiore all’energia che ottengo dall’olio è evidente che la CO2 emessa è maggiore di quella assorbita dalla pianta e quindi l’energia ottenuta da una centrale è inferiore a quella che consumata a monte. A conti fatti si consumerebbe meno energia utilizzando come combustibile il petrolio. Siccome tutte le grandi centrali a biomasse hanno questo difetto, le biomasse si possono utilizzare solo con scarti di attività agricole, forestali, zootecniche, rifiuti organici al fine di realizzare piccoli impianti a biogas con produzione finale di energia sottoforma di metano e di compost destinato all’agricoltura. Le biomasse sono significativamente interessanti se si rende l’agricoltura autonoma dai consumi energetici: è questa la grande sfida, non certo quella di produrre energia elettrica che non avrebbe nessun vantaggio economico se non venisse pagata in maniera “drogata” con i soldi dei cittadini. Il bilancio economico passivo di queste centrali, diventa attivo grazie ai certificati verdi, come dichiarato dalle stesse aziende. Questi impianti sono spesso incentivati da fondi dell’Unione Europea. Vengono utilizzati soldi pubblici per costruirli e acquistare l’energia elettrica in modo assurdo: il cittadino paga per avere energia elettrica da fonti in realtà non rinnovabili, per avere inquinamento ed effetto serra, in quanto l’olio vegetale inquina più del gasolio. Inoltre, nella combustione degli oli vegetali vengono rilasciate polveri sottili, formaldeide e acroleina, responsabile del caratteristico odore di frittura». Le emissioni di ossidi di azoto e carbonio – stando ai progettisti – verrebbero abbattute con l’installazione di particolari filtri. «Un filtro è un dispositivo che non elimina l’inquinamento, ma lo sposta. Secondo il principio di Lavoisier "in natura nulla si crea e nulla si distrugge, ma tutto si trasforma". Un filtro va periodicamente pulito: dove saranno conferiti i residui? Si dimentica di dire che c’è bisogno di una discarica per le ceneri, senza contare il calore disperso. La vendita di energia elettrica è un guadagno, la distribuzione di calore, al contrario, è una perdita se la condotta supera una certa distanza».
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GIANNI TAMINO, professione biologo Gianni Tamino da Mogliano Veneto (TV), biologo, laureato nel 1970 in Scienze Naturali. Docente di Biologia presso il Dipartimento di Biologia dell’Università degli Studi di Padova dal 1974, è membro del CSA. Ha svolto ricerche sugli aspetti fisici e molecolari del flusso d’informazione genetica, sugli effetti mutageni e cancerogeni degli inquinanti ambientali e, più recentemente, sui rischi biologici dei processi e dei prodotti frutto delle moderne biotecnologie e dei campi elettromagnetici (CEM). E’ stato membro della Camera dei Deputati dal 1983 al 1992 e membro del Parlamento Europeo dal 1995 al 1999, dove ha seguito in particolare la Normativa Comunitaria in tema di Biotecnologie. Sul tema delle Biotecnologie ha pubblicato numerosi articoli su riviste a carattere scientifico, culturale e divulgativo. Ha partecipato a numerosi Convegni e a numerose trasmissioni televisive e radiofoniche. E’ autore, con Fabrizia Pratesi, del libro "Ladri di geni", pubblicato a gennaio del 2001 dagli Editori Riuniti e del libro "Il bivio genetico" pubblicato nel 2001 dalle edizioni Ambiente. Fa parte del Comitato Nazionale per la Biosicurezza e le Biotecnologie. |
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