Il Liberatorio chiede l’annullamento dell’autorizzazione all’ampliamento della “Bellifemine Recycling srl” per il trattamento di rifiuti pericolosi

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Il 17 dicembre scorso abbiamo depositato un esposto presso l’ufficio protocollo del Comune di Molfetta, invitando il sindaco a ritirare il provvedimento del Dirigente del Servizio ‘Edilizia Pubblica, Territorio e Ambiente’ della Provincia di Bari n. 8790 del 02/12/2014 avente a oggetto: “ Det. Dir. n. 25 del 16.05.2008: ‘L.R. n. 30/86 – L.R .n 17/2000. Art. 209 D.Lgs. n.152/06 Società ‘Bellifemine Recycling srl” – Molfetta. C.da S. Teresa. Centro di raccolta di veicoli fuori uso. Presa d’atto.“- Provvedimenti (Reg. Amb. n. 1037 del 27/11/2014)”; la stessa richiesta è stata inoltrata, con posta certificata, il 23 dicembre 2014 al Presidente della Provincia di Bari, Sindaco della Città Metropolitana di Bari, Dirigente Provinciale del Servizio Edilizia Pubblica, Territorio e Ambiente, Dirigente Provinciale del Servizio Agricoltura, Caccia, Pesca e Laboratorio di Biotecnologie Marine, Dirigente del Servizio Caccia e Pesca della Regione Puglia, Dirigente del Servizio Assetto del Territorio della Regione Puglia, alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Trani e Bari.

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Si chiede il ritiro del provvedimento richiamato in oggetto (Allegato n.1), in pubblicazione all’Albo pretorio della Provincia di Bari fino al 17.12.2014, relativo all’annullamento di precedente provvedimento di diniego e contestuale autorizzazione all’ampliamento di impianto per il trattamento di rifiuti pericolosi ubicato in agro di Molfetta, in quanto in contrasto con la normativa vigente in materia secondo quanto di seguito riportato.
La citata determinazione adottata è illegittima in quanto al di là del nomen iuris utilizzato si configura come un anomalo atto amministrativo composito, con cui si dispone contestualmente:
1. il ritiro della precedente determinazione dirigenziale n. 23 del 7.01.2013;
2. l’autorizzazione di nuova attività di trattamento di rifiuti pericolosi (messa in riserva di oli e batterie esauste per una potenzialità di stoccaggio rispettivamente pari a 1.000 t/anno e 500 t/anno);
3. l’approvazione dell’ampliamento della superficie dell’impianto di circa ulteriori 3200 m2 (pari a circa il 34% della superficie iniziale); in contrasto con la normativa vigente come di seguito meglio specificato.

L’atto adottato viola il principio di legalità dell’azione amministrativa in quanto l’azione amministrativa deve essere improntata al rispetto dei fini stabiliti dalla legge, nel senso di non contraddittorietà dell’atto amministrativo alla legge, sia in senso formale, rispetto alle modalità di adozione, sia in senso sostanziale, rispetto ai contenuti. Inoltre, lo stesso viola il principio di tipicità e nominatività degli atti amministrativi che costituisce diretta derivazione di quello di legalità, in quanto possono essere emanati solo gli atti espressamente previsti dalla legge ed in presenza dei presupposti previsti e dei motivi da questa indicati. Nella specie, il provvedimento adottato oltre a non essere annoverato fra i tipi espressamente definitivi dal legislatore, risulta illegittimo in quanto adottato in spregio delle disposizioni previste dalla legge sul procedimento amministrativo per le seguenti motivazioni.
1. Per la parte inerente al provvedimento di ritiro della precedente determinazione adottata:
A. Il provvedimento non risulta preceduto da comunicazione di avvio del procedimento imposta dagli artt. 7 e 8 della L.n. 241/90;
B. non si dà atto della ricorrenza dei presupposti previsti dalla legge sul procedimento amministrativo L.n. 241/90, art. 21 nonies e necessariamente prescritti per l’adozione di atto di ritiro, costituiti da:
i. ragioni di pubblico interesse,
ii. valutazione interessi destinatari e contro interessati,
iii. termine ragionevole; 
C. non si dà conto dei vizi di illegittimità (incompetenza, violazione di legge ed eccesso di potere) riscontrati che soli avrebbero potuto determinare il ricorso all’atto di ritiro adottato;
D. non si dà atto dello svolgimento di attività istruttoria tale da poter supportare il provvedimento di ritiro adottato a seguito del riesame richiesto e sollecitato dalla parte.

2. Per la parte relativa alle nuove disposizioni adottate, si fa rilevare che:

a. il provvedimento adottato, sotto le mentite spoglie di un provvedimento di integrazione della autorizzazione già detenuta dalla Ditta proponente, in realtà costituisce atto di autorizzazione di nuove attività di trattamento rifiuti in spregio a tutte le norme imposte dal legislatore in materia. Infatti, il legislatore impone per il rilascio di siffatte autorizzazioni l’adozione di uno specifico modello procedimentale, dettagliatamente disciplinato dall’art. 208, mediante i ricorso alla conferenza di servizi istruttoria, per l’acquisizione di tutti i necessari atti di assenso e caratterizzato da precise sequenze istruttorie, che nella specie non risulta essere stato implementato. Né vale obiettare che si tratta di un procedimento di riforma dell’atto di diniego precedentemente adottato in quanto, anche per gli atti di ritiro il principio del contrarius actus impone di seguire analoga procedura adottata per l’emanazione dell’atto che si intende rimuovere, come ampiamente chiarito dalla giurisprudenza amministrativa in quanto “secondo il principio del contrarius actus, qualora un provvedimento sia stato emanato a seguito di conferenza di servizi, l’eventuale esercizio del potere di riesame in autotutela deve seguire il medesimo procedimento di emanazione degli atti che s’intende rimuovere o modificare (Consiglio di Stato , Sez. V, 27.09.2004 n.6291) dovendosi pertanto convocare nuovamente la Conferenza, alla quale devono partecipare tutte le Amministrazioni precedentemente intervenute” (in tal senso TAR Puglia – BARI n.1704/2011). Nella specie detto procedimento non è stato eseguito e l’Amministrazione procedente, in forma del tutto autonoma e senza consultare gli altri Enti interessati, ha autorizzato le nuove attività e l’ampliamento di superficie;

sull’opportunità di acquisire i pareri degli Enti competenti, corre l’obbligo di segnalare che:
▪ il parere richiamato nella DD n. 8790 del 2.12.2014 è stato rilasciato dall’ASM, Società del Comune di Molfetta attualmente concessionaria del servizio di raccolta e trasporto dei Rsu e non dall’Amministrazione Comunale (cfr pag. 3, 11 rigo: “parere del Comune di Molfetta – ASM del 9.10.2012);
▪ il Comune di Molfetta con deliberazione di Giunta n. 129 del 27.12.2013, ha formalizzato specifica osservazione al Piano Paesaggistico Territoriale della Regione Puglia per la conservazione e il rafforzamento della tutela dell’Oasi in questione (Allegato n.2);
▪ il Comune di Molfetta con deliberazione di Giunta n. 3 del 9.01.2014 ha proposto formale opposizione alla riperimetrazione dell’Oasi Torre Caldeno approvata dal Consiglio provinciale con il citato provvedimento (Allegato n.3).

b. La nuova attività di recupero di rifiuti pericolosi è stata adottata in spregio delle specifiche disposizioni di settore (con riferimento alle disposizioni del piano regionale di gestione dei rifiuti speciali ex DGR n. 2668 del 28.12.2009) che inibiscono l’esercizio di dette attività in aree sottoposte a vincolo escludente nonché in barba alle disposizioni della pianificazione paesaggistica regionale che considera l’area in questione rientrante nel perimetro di area sottoposta a piano faunistico venatorio. Né varrebbe a superare detto palese contrasto il riferimento alla modifica del Piano faunistico adottato dal consiglio provinciale con deliberazione 16 del 20/09/2013, atteso che fra i diversi livelli di pianificazione, nella gerarchia delle fonti, è indubbia la prevalenza del piano di settore regionale sovraordinato, rispetto a quello provinciale, sottordinato, di diretta derivazione da quello regionale e non connotato da profili di autonomia fino al punto di poter addirittura considerare di contrastarlo!!
c. Si fa notare che con sentenza n.2755/211 il Consiglio di stato, Sez.VI, su ricorso proposto dal WWF sul piano faunistico venatorio regionale, ha statuito che “l’accoglimento dell’appello proposto comporta unicamente la produzione di effetti conformativi, in assenza di atti caducatori e d’annullamento, in quanto la Regione Puglia deve emanare ulteriori provvedimenti sostitutivi ex nunc di quelli risultati illegittimi”, e che “ in attesa della rinnovata emanazione del P.F. regionale, nel rispetto dei procedimenti previsti dalla legge, rimangono ferme tutte le prescrizioni contenute nella deliberazione n. 217 del 21.07.2009 del Consiglio regionale della Puglia, e la presente sentenza non produce ulteriori conseguenze, sulla legittimità ed efficacia di qualsiasi atto o provvedimento che sia stato emesso in applicazione o a seguito della medesima deliberazione, ovvero che sia emesso fino a quando sia approvato il nuovo piano faunistico venatorio regionale”. Con DGR n.1400 del 27.06.2014, inoltre, la Regione Puglia ha disposto la proroga fino al 21.7.2015 del vigente Pano faunistico venatorio e relativo regolamento di attuazione. Tanto premesso, si deve concludere che la proposta di perimetrazione dell’Oasi Torre Caldeno in Molfetta, approvata con Deliberazione del Consiglio Provinciale n. 16 del 20/09/2013, non produce alcun effetto.
d. Val la pena poi rimarcare la violazione della disposizione dell’art.301 del codice dell’ambiente, che codificando il principio di precauzione nel nostro ordinamento, ha prescritto, in attuazione dell’ art. 174, paragrafo 2 del Trattato CE, in caso di pericoli, anche solo potenziali per la salute umana e l’ambiente, che “deve essere assicurato un alto livello di protezione”. Risulta per tabulas la violazione delle vigenti disposizioni in materia specifica oltre che di protezione per l’ambiente, con possibili responsabilità anche sotto il profilo penale. Si rammenta infine che la tutela del diritto alla tutela dell’ambiente e della salute umana risulta preminente rispetto a qualsiasi altro interesse o diritto, ivi compreso quello imprenditoriale all’avvio di nuova attività, cosicché nel difficile bilanciamento tra interesse privato alla iniziativa economica e quello collettivo alla tutela della salute e dell’ambiente, ogni altro interesse risulta recessivo. Tanto anche il considerazione della recente istituzione dell’Area Marina Protetta “Grotte di Ripalta – Torre Calderina” (Legge n. 147 del 27.12.2013, art. 1 c. 116 e 117) ubicata a soli 450 m dall’impianto in questione.
e. Non appare utile a dare fondamento all’atto adottato il richiamo al parere di conformità urbanistica reso dall’Ing. Rocco Altomare, Dirigente del Settore Territorio del Comune di Molfetta in data 1.7.2009, là dove non può che essere confusa la destinazione d’uso dell’area rispetto alla tipizzazione impressa al sito dal PRG secondo la classificazione operata dal legislatore in materia urbanistica, che non contempla fra le zone ammesse (agricola, industriale, residenziale) dal DM quella a centro rottamazione veicoli. Si valutino in proposito le Deliberazioni del Consiglio Comunale di Molfetta n. 29 del 18.02.1999 e n. 63 del 2.6.2000 con cui si dà espressamente atto della richiesta di ‘cambio di destinazione d’uso dei citati suoli’. Il Consiglio comunale di Molfetta, infine, ha espresso le proprie deliberazioni sulla base di un presupposto – più volte richiamato nel testo dei citati provvedimenti di Consiglio – non più attuale e completamente stravolto, dall’autorizzazione rilasciata, i.e. l’esclusione di rifiuti pericolosi da quelli trattati nell’impianto in questione.
f. Non si richiedono le integrazioni formulate da Arpa, tralasciando la preventiva istruttoria e la valutazione di aspetti fondamentali tra i quali: il piano di ripristino ambientale dell’area, l’individuazione di una adeguata organizzazione dell’impianto con separazione dei diversi settori di trattamento e stoccaggio e, infine, in merito a un adeguato sistema di gestione e trattamento delle acque meteoriche.

In attesa dei conseguenti provvedimenti.

Distinti saluti – Molfetta, 17.12.2014

IL TESTO DELL’ESPOSTO LEGGI QUI

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