Il colonnello Vincenzoni lascia il Salento

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Indagini su omicidi e Sacra corona, il colonnello Vincenzoni lascia il Salento

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Una vita trascorsa in prima linea, al servizio dello Stato nella lotta contro il crimine, indossando con orgoglio e onore la divisa da ufficiale dell’Arma. A soli 49 anni la carriera del colonnello Paolo Vincenzoni è già piena di incarichi prestigiosi e brillanti operazioni condotte in giro per l’Italia. Originario di Spoleto, Vincenzoni dopo aver frequentato il liceo classico si è arruolato nell’Arma, frequentando il corso ufficiali. Nella sua brillante carriera, ha ricoperto importanti incarichi nella Locride e nella Piana di Gioia Tauro; a Torino come responsabile della Sezione omicidi; a Rimini, dove ha comandato il Reparto operativo; e a Lecce, dove per alcuni anni ha guidato il Ros (Raggruppamento operativo speciale).

Nel Salento l’ufficiale di origini umbre ha raccolto una lunga serie di successi nella lotta alla criminalità organizzata, assestando colpi letali ai clan con arresti, condanne e sequestri per milioni di euro. Le indagini dei Ros hanno documentato la riorganizzazione di uno dei clan storici della Scu, quello dei Padovano. L’operazione Galatea ha svelato la lotta fratricida tra i due fratelli Salvatore e Rosario, con quest’ultimo mandante dell’omicidio del primo, e l’eredità raccolta dagli eredi di una delle frange più potenti della quarta mafia pugliese, da sempre alleata del clan Tornese di Monteroni, altra roccaforte della Scu.

Dall’operazione Augusta è emerso, invece, il processo di riorganizzazione di un altro clan storico della Scu, quello legato alla figura carismatica del boss Salvatore Rizzo, detto Totò, 63 anni, già condannato nel primo maxi processo alla quarta mafia pugliese e noto per il tentativo, poi risultato vano, di fondare la “Famiglia salentina libera”, un’associazione mafiosa parallela operante a Lecce e dintorni. Un’operazione che, secondo il procuratore Cataldo Motta, ha dimostrato come la Sacra corona unita continui, nonostante gli arresti operati dalle forze dell’ordine e l’attività incessante di contrasto, a rinascere dalle proprie ceneri e rimanere radicata nel territorio e nella realtà salentina. L’operazione Network ha tracciato i nuovi interessi economici dei clan, tra servizi legati al turismo, monopolio nella security e in alcuni settori nevralgici.

Dagli abissi del tempo è emerso anche il presunto autore materiale di uno dei delitti più atroci e crudeli mai avvenuti nel Salento, quello di una bimba di poco più di due anni, Angelica Pirtoli, prima ferita e lasciata agonizzante sul cadavere della madre (assassinata a colpi di fucile), e poi, a distanza di poco più di un’ora, afferrata per un piedino, quello già ferito, e sbattuta ripetutamente contro un muro, come un pupazzo gettato via dopo un gioco perverso e crudele. Paola Rizzello (di appena 27 anni) e sua figlia Angelica furono uccise la sera del 20 marzo 1991. Un duplice omicidio legato alla criminalità organizzata e alla Sacra corona unita. Uno dei delitti di mafia più feroci nella storia del crimine. Fondamentale anche il contributo nella risoluzione dell’omicidio della piccola Sarah Scazzi.

E ancora l’operazione Sabr, che ha delineato la struttura piramidale di un’organizzazione criminale finalizzata allo sfruttamento dei clandestini nella raccolta di angurie e di pomodori.

Il colonnello Vincenzoni dalla settimana prossima il Salento per andare a ricoprire un incarico di prestigio, guidare la squadra dei super investigatori del reparto “crimini violenti” del Ros, la punta di diamante dell’Arma. Un’élite che nei casi più difficili unisce al metodo classico dell’investigazione le più sofisticate tecnologie, l’analisi psicologica dei criminali e dei frammenti repertati sulla scena del crimine con tecniche d’indagine sviluppate in anni di lotta alla mafia e al terrorismo.

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