Guerra tra clan mafiosi baresi Gup: «Furono delitti d’onore»

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L’omicidio del boss barese Giacomo Caracciolese (nella foto) e la successiva risposta del clan con il triplice assassinio al quartiere San Paolo di Bari non furono delitti di mafia. Per i due episodi, e per un altro tentato omicidio, il gup del Tribunale di Bari Sergio Di Paola ha condannato sette persone a pene comprese fra l’ergastolo e un anno di reclusione, escludendo per tutti l’aggravante di aver favorito un’associazione mafiosa. Per il triplice omicidio è stato condannato solo uno dei quattro imputati accusati del fatto di sangue.

I fatti risalgono alla primavera 2013. Il boss Giacomo Caracciolese fu ucciso il 5 aprile “per una questione di onore” relativa a un’offesa subita dal boss rivale Pinuccio Fiore. Per il delitto è stato condannato oggi a 30 anni di reclusione il pregiudicato Donato Cassano, accusato anche di detenzione di armi ed evasione. Il 17 maggio successivo, un gruppo di fuoco ritenuto vicino al boss ucciso, tentò di ammazzare gli autori di quell’omicidio, tra i quali Vitantonio Fiore, figlio di Pinuccio, e quella stessa sera rimase ferito il pregiudicato Domenico Cantalice.

Per questi fatti sono stati condannati oggi Nicola Fumai, Vito De Tullio (20 anni di reclusione), Vito e Luigi Milloni e Michele Lanave (questi tre a 12 anni di reclusione).

Due giorni dopo, il tentato agguato agli autori del delitto Caracciolese si concretizzò con il triplice omicidio al quartiere San Paolo di Bari. Era una domenica mattina quel 19 maggio 2013. A colpi di kalashnikov furono ammazzati a pochi passi dalla chiesa del quartiere Vitantonio Fiore, Antonio Romito e Claudio Fanelli.

Il giudice ha riconosciuto come unico colpevole l’imputato Nicola Fumai, condannandolo all’ergastolo, mentre ha assolto gli altri tre pregiudicati che – secondo l’accusa – presero parte al gruppo di fuoco, Vito De Tullio, Vito e Luigi Milloni. Secondo il gup, che li ha assolti con la formula dubitativa “per non aver commesso il fatto”, non ci sono prove sufficienti a condannarli per il triplice delitto. Del commando, stando alla ricostruzione dell’accusa, avrebbe fatto parte anche Antonio Moretti, attualmente imputato per questi fatti dinanzi ai giudici della Corte di Assise di Bari. Condanna a un anno di reclusione (pena sospesa) per Giuseppe Ranieri, accusato di favoreggiamento personale nel delitto Caracciolese. Riconosciuto il risarcimento danni nei confronti delle parti civili: la moglie e i due figli minorenni di una delle vittime, Claudio Fanelli, con provvisionali immediatamente esecutive di 50 e 30mila euro. Risarcimento danni da quantificarsi in sede civile anche per il Comune di Bari.

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