Giuseppe Manganelli nel mirino della Dda. ” A Molfetta bisognava chiedergli il permesso prima di avviare un cantiere”

Il procuratore Rossi aveva lanciato su Repubblica l’allarme “ricchezze non giustificate”fonte: Chiara Spagnolo – bari.repubblica.it
 
«Giuseppe Manganelli trafficava in stupefacenti. E prima del suo arresto ha nascosto miliardi di vecchie lire, che una volta uscito ha iniziato a investire nelle costruzioni e nelle pompe di benzina. Il suo tenore di vita è sempre stato altissimo: auto di grossa cilindrata, barche, Rolex, vacanze, pagava sempre in contanti»: il collaboratore di giustizia Giuseppe Pappagallo ha sintetizzato in poche frasi messe a verbale un anno e mezzo fa migliaia di pagine di indagini dei carabinieri. Sono quelle che hanno portato al sequestro di un impero da 50milioni di euro a carico dell’imprenditore 52enne molfettese Giuseppe Manganelli, soprannominato “Pinuccio della Madonna“, l’ex narcotrafficante che una volta uscito dal carcere si era apparentemente ripulito e aveva cominciato a investire nel mattone e nei carburanti.
La sola Unione Petroli l’anno scorso aveva fatturato 20 milioni di euro. Una cifra spropositata o, più probabilmente, come quelle che il procuratore Roberto Rossi — nel forum di qualche giorno fa a Repubblica — aveva definito «una ricchezza non giustificata» . Il capo della Procura già nelle sue vesti di aggiunto aveva coordinato importanti indagini patrimoniali. E pochi mesi fa la Dda ha chiuso quella su Manganelli, conclusa con la richiesta di sequestro poi disposto dal tribunale di prevenzione (presieduto da Giulia Romanazzi). I sigilli sono stati apposti a 16 fabbricati, tra i quali la villa sul demanio in cui abita la famiglia Manganelli, quattro terreni per 5mila metri quadrati, cinque società, sei veicoli e una imbarcazione da diporto nonché 11 conti correnti e quote partecipative ad un fondo di investimento.
Beni intestati a moglie e figlia dell’imprenditore ma anche a prestanome, come la donna che una ventina di anni fa lo nascose durante la latitanza. Il 52enne ha un passato burrascoso, segnato dalla vicinanza al clan Telegrafo di Bari: arrestato nel 1994 per traffico di stupefacenti, ha raccolto condanne anche per rapina, lesioni, estorsione. Fino al 2011 è stato in carcere. Dove — a detta di due pentiti — si sarebbe affiliato alla ’ndrangheta. Di certo una volta uscito, nel 2011, ha cominciato a costituire società: prima la Nicoletta Acquaviva (con il nome della moglie) e poi la Edilduemmegi, che la Procura definisce «inquinate» perché nate grazie «al reimpiego di capitali di derivazione delittuosa».
Come ha raccontato anche un altro collaboratore, Michele Giangaspero, che con Manganelli ha avuto a che fare nella sua qualità di affiliato al clan Maisto. «Quando è uscito dal carcere ha ripreso il settore del narcotraffico — ha detto ai pm — ma questa volta senza esporsi tanto ovvero servendosi di più intermediari per la vendita della cocaina. Oltre a questa attività si è ben inserito nel settore delle costruzioni edili, nel quale estorce denaro o altri beni a costruttori del posto. A Molfetta quando qualcuno deve iniziare lavori edili deve chiedere il permesso a Manganelli. E se lui decide che un costruttore non deve lavorare, nessuno si permette di contrastarlo ». Sul fatto che il denaro usato per avviare le attività fosse illecito, Giangaspero non ha dubbi.
Così come sul fatto che Manganelli facesse una vita all’insegna del lusso, dopo essersi ripulito: «Ha la proprietà di barche, autovetture e abbigliamento firmato, fuma sigari molto costosi e usa un tagliasigari d’oro» . Per arrivare alle informative che hanno consentito alla Procura di chiedere il sequestro, i carabinieri hanno confrontato migliaia di dati e verificato che dal 1996 al 2018 la famiglia del costruttore ha impiegato mezzo milione di euro in più rispetto alle entrate ufficiali. Cosa che, secondo gli inquirenti, «è la manifestazione finanziaria di una provvista illecita». Risulta difficile capire, d’altronde, come un uomo che nel 2017 dichiarava un reddito di 50mila euro nello stesso anno comprasse un peschereccio da 14 metri pagandolo 80mila mentre la moglie acquistava una Smart per sé e una per la figlia.
 

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