Giudice arrestato a Bari, così spiava i colleghi e cercava di scoprire i segreti delle indagini

Giuseppe De Benedictis si informava sul lavoro della procura per cercare di favorire i suoi amici. I pm erano inavvicinabili. E lui in molti casi imprecava. Vavalle ritenuto vicino al clan Mercante: “Mai avuto rapporti con lui”. –  fonte: Chiara Spagnolo – bari.repubblica.it

Con Marazia non perdo tempo ad andare a parlare, che poi quello si insospettisce pure…“; “Pinto ne ha combinata un’altra delle sue…“; “Questo trimone di pm continua a dire che io avevo interessi, come dobbiamo fare per farlo stare zitto...”; “Rossi speriamo che non lo trasferisce a quel carabiniere…“; “Bretone se ne è andato ora i suoi fascicoli andranno alla Digeronimo… “; “L’altro fascicolo tuo sta in pendenza dalla Curione...”: c’è un elenco di frasi relative ai sostituti procuratori in servizio alla Procura di Bari nelle centinaia di pagine di intercettazioni delle conversazioni che l’ex giudice Giuseppe De Benedictis intratteneva con i suoi amici, con esponenti politici e imprenditori.

Dal tenore dei discorsi si evince come il magistrato fosse il destinatario di una serie di richieste di favori, che andavano dalla semplice informazione sullo stato delle indagini al mettere una buona parola con chi conduceva le inchieste o i processi. Se il giudice lo abbia fatto veramente sarà la Procura di Lecce a stabilirlo.

Di certo negli atti allegati all’ordinanza di custodia cautelare per concorso in corruzione (eseguita il 24 aprile anche a carico dell’avvocato Giancarlo Chiariello) si evince che il lavoro della Procura era tenuto costantemente sotto controllo. E che i sostituti procuratori risultavano inavvicinabili. Del resto, sono stati proprio i pm della Dda i primi ad accorgersi – e segnalare – che in alcune scarcerazioni di esponenti della criminalità barese e foggiana, firmate da De Benedictis, c’era qualcosa di sospetto. Dopo le segnalazioni dei sostituti, l’allora procuratore Giuseppe Volpe e l’aggiunto dell’Antimafia Francesco Giannella, interessarono la Procura di Lecce della questione.

E così, nella primavera 2020, da Bari partirono decine di sentenze sui clan, verbali dei collaboratori di giustizia, segnalazioni delle case circondariali, misure del Tribunale di sorveglianza. Mettendo insieme quegli atti, i pm Roberta Licci e Alessandro Prontera hanno capito che alcuni provvedimenti potevano essere pilotati e avviato l’inchiesta sul giudice e su Chiariello.

Le indagini spiate
Allora Pinto ne ha fatta un’altra delle sue – diceva De Benedictis in una telefonata al carabiniere (richiesta di diritto all’oblio), in servizio alla pg della Procura – Stanno facendo l’indagine su Pisicchio, che avrebbe fatto uno sgamuffo con una ditta. Puoi vedere se ha iscritto questa qui, che è la convivente di un direttore generale?“. La richiesta di informazioni riguardava l’inchiesta per corruzione e truffa che nel luglio scorso coinvolse l’ex assessore regionale all’Urbanistica Alfonso Pisicchio e altre dieci persone. Al giudice la sollecitazione a capire le intenzioni del pm sarebbe arrivata da un importante dirigente del mondo sanitario.

Sul punto le verifiche sono in corso, così come sulla nomina fatta da De Benedictis alla sorella di un imprenditore di Bitonto, come amministratore giudiziario delle proprietà di un cliente dell’avvocato Chiariello. “Sto preparando una bella cosa per tua sorella“, gli diceva nella telefonata ascoltata il 13 luglio dell’anno scorso, nella quale l’imprenditore chiedeva anche notizie di una sua vicenda giudiziaria e il gip sollecitava buoni benzina e un aiuto per la riparazione dell’auto.

Altri fascicoli su cui il magistrato aveva buttato un occhio su commissione erano quelli del pm Bretone su una truffa agricola all’Unione europea e del collega Marazia su un imprenditore di Altamura indagato per false fatturazioni nonché sul sequestro agli imprenditori dei rifiuti Columella.

La perquisizione
Effettuata dai carabinieri del Nucleo investigativo il 9 aprile, dopo che De Benedictis aveva ricevuto dall’avvocato Chiariello una busta contenente 5.500 euro, ha dato esiti sorprendenti. Addosso, oltre al denaro (con il quale inizialmente asserì di dover pagare alcuni operai) il giudice aveva una sentenza del collega Francesco Agnino, che disse di avere ricevuto da Chiariello perché conteneva spunti interessanti in materia balistica, che voleva approfondire.

Nella cassettiera del suo ufficio, poi, una serie di atti giudiziari che i pm di Lecce sospettano essere quelli per i quali il magistrato aveva ricevuto sollecitazioni da parte dei suoi amici per verificare lo stato dei procedimenti o per cercare di sistemarli.

C’era, per esempio, un avviso di conclusione delle indagini preliminari, firmato a dicembre dal pm Marazia e con un nome evidenziato; un avviso di fissazione di incidente probatorio; un’opposizione a richiesta di archiviazione pendente presso un altro gip; un verbale di sommarie informazioni reso ai carabinieri; la richiesta di ottemperanza di una sentenza da parte di una cliente di una banca.

E poi un manoscritto riportante i nomi di colleghi e relativi procedimenti: Agnino, Bretone, Quercia, Romita, De Bari, Mattiace; nomi di persone offese e di indagati.

Nell’abitazione di Molfetta, invece, oltre a altro denaro contante nascosto nelle prese elettriche (per un totale di 65mila euro) sono state trovate cinque agende, relative agli anni 2007 e dal 2018 al 2021; 13 pen drive senza nome, una delle quali racchiuso in un pupazzo a forma di gufo, e due con la dicitura “aste giudiziarie”.

In casa c’erano anche due castelli per pistola Beretta e 15 cartucce in più rispetto a quelle dichiarate. Una pistola, inoltre, la portava addosso, com’era sua consuetudine nota in Tribunale.

La difesa di Vavalle
Non ho mai avuto rapporti con il giudice De Benedictis“: così Francesco Vavalle, prende le distanze da una storia che coinvolge in pieno alcuni membri della sua famiglia. Vavalle è uomo che la Dda di Bari ritiene vicino al clan Mercante, tanto da avergli fatto confiscare nel 2014 un patrimonio milionario. Oggi Vavalle si dice estraneo alle attività di due società in cui hanno quote alcuni suoi familiari: la Point Benz (di cui è stata socia la nipote Maria Amoruso) e la Slot Italy Engineering (in cui compare la consuocera).

Nella prima società De Benedictis aveva una quota del 25%, della seconda gli sono state trovate cambiali. “Non può affermarsi che Vavalle sia un pregiudicato – ha chiarito l’avvocata Gelsomina Cimino – né corrisponde al vero che abbia gestito, direttamente o per interposta persona, sale slot. Non ha infine mai avuto rapporti con la società Point Benz”.

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