Giudice arrestato a Bari, c’è un’altra tangente. Chiariello: “Pagai De Benedictis anche per aiutarlo”

 
L’avvocato, sospeso per dieci mesi dall’Ordine, rilancia contro il giudice della sezione Gip del tribunale di Bari fonte: Francesco Oliva ,  e Chiara Spagnolo – bari.repubblica.it

Altri soldi versati dall’avvocato Giancarlo Chiariello al giudice Giuseppe De Benedictis: le ha confessate lo stesso penalista barese, che il 31 maggio è stato sospeso dall’Ordine degli avvocati di Bari. Si tratterebbe di due dazioni al magistrato: una per una scarcerazione e una a titolo di favore personale. Chiariello è in carcere dal 24 aprile per corruzione in atti giudiziari – così come l’ex giudice – e per cercare di ottenere almeno gli arresti domiciliari, qualche settimana fa ha chiesto la cancellazione dall’albo degli avvocati.

Il procedimento disciplinare a suo carico, però, era già scattato nel momento stesso in cui è stata eseguita l’ordinanza di custodia cautelare e tre giorni fa è arrivato al capolinea con la sospensione cautelare per dieci mesi, decisa dal Consiglio di disciplina presieduto dall’avvocato Francesco Mascoli.

Troppo forte “lo strepitus fori o clamore conseguenziale ai fatti contestati“, è scritto nel provvedimento di sospensione. Di fronte a tanta eco a poco sono serviti i tentativi di discolparsi fatti da Chiariello tramite un difensore ma in sua assenza, nonostante la giudice salentina Giulia Proto lo avesse autorizzato a presenziare all’udienza cautelare. “La confessione escluderebbe l’inidoneità degli arresti domiciliari“: era già stato scritto nella richiesta di scarcerazione avanzata al tribunale del riesame e da questo rigettata.

Chiariello proprio davanti al Riesame aveva ammesso i reati contestati nell’ordinanza cautelare (quattro episodi di corruzione relativi alle scarcerazioni dei pregiudicati Antonio Ippedico Roberto Dello Russo e Danilo Della Malva e dell’avvocato Michele Pio Gianquitto, disposte da De Benedictis) e indicato di avere effettuato altre dazioni di danaro. Una in particolare riguarderebbe il pregiudicato foggiano Davide Carpano, detto Daviduccio, arrestato nell’ottobre 2019 nell’ambito dell’operazioneNeve di marzo” della Dda di Bari, che aveva sgominato un sodalizio riconducibile al clan Raduano e dedito al traffico di stupefacenti.

Nella stessa inchiesta era coinvolto Danilo Pietro Della Malva, esponente di spicco del gruppo latitante alle Canarie. Dalle intercettazioni effettuate a carico di Della Malva dopo la scarcerazione decisa da De Benedictis, i carabinieri di Foggia hanno capito che gli uomini del clan avevano santi in paradiso nel tribunale di Bari.

Ho pagato 30mila euro per essere scarcerato“, diceva il pregiudicato. E faceva il nome del giudice di Molfetta in quelle conversazioni che i pm dell’Antimafia hanno poi mandato ai colleghi di Lecce. A fare scattare i campanelli d’allarme erano state anche le liberazioni facili di esponenti della criminalità organizzata: prima i baresi del clan Parisi-Palermiti, poi i foggiani, che uno ad uno erano stati mandati agli arresti domiciliari.
La maggior parte di quei provvedimenti sono stati appellati dalla Dda e quasi tutti revocati. Anche quello che aveva spedito fuori dal carcere Davide Carpano, contro il quale ha presentato ricorso il pm Ettore Cardinali e che è stato revocato proprio pochi giorni fa. Il caso Carpano, a questo punto, diventa l’ennesimo su cui dovranno concentrarsi i carabinieri di Bari, ai quali la Procura di Lecce ha affidato l’inchiesta per corruzione. Da verificare c’è una lunga lista di scarcerazioni firmate da De Benedictis su sollecitazione di un gran numero di avvocati baresi e foggiani.

Il sospetto è che non solo Chiariello abbia goduto dell’atteggiamento favorevole dell’ex gip, ma anche altri penalisti. Chiariello, intanto, tramite gli avvocati Raffaele Quarta e Andra Sambati si prepara a presentare un’istanza per chiedere di lasciare il carcere, essendo stato sospeso dall’Ordine e quindi venendo meno i pericoli sia di reiterazione del reato sia di inquinamento delle prove. Il penalista ha ammesso di avere dato a De Benedictis anche 5mila euro a titolo personale, in virtù dell’antica amicizia che li lega e in un momento in cui il giudice ne aveva bisogno.

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