‘Francesco Padre’: recuperare per affondare?

Fermo immagine dal video del relitto del 'Francesco Padre' realizzato da Gianni Lannes

costruendo.lindro.it

Nato: colpito e affondato’, ovvero, come recita il sottotitolo, “la tragedia insabbiata del Francesco Padre”, a firma di Gianni Lannes, edito, nel 2009, da Edizioni La Meridiana. Il ‘Francesco Padre’ è un motopesca, che il 4 Novembre del 1994, nell’Adriatico orientale, a largo della Puglia, con cinque uomini a bordo (Giovanni Pansini, 45 anni, Luigi De Giglio, 56 anni, Saverio Gadaleta, 42, Francesco Zaza, 31 anni, e Mario De Nicolo, 28), che con il loro cane stanno pescando,affonda, sotto i colpi di “un attacco militare”, probabilmente prima mitragliato e poi colpito da un siluro, insomma un’azione di guerra partita dalle navi Nato. “Quella notte, in quelle acque, era in corso l’operazione della Nato ‘Sharp Guard’” scrive Lannes.

Una “tragedia insabbiata”, una vicenda che “rientra tra quelle su cui vige il segreto di Stato”. Le indagini non avevano portato a nulla ed erano state chiuse nel dicembre 1997.
Nell’autunno 2009 esce il libro di Lannes, e ‘Francesco Padre’ emerge dall’oblio. Nel febbraio 2010 la Procura della Repubblica di Trani riapre le indagini, e, in questi giorniè stato reso noto che la Procura manderà, nelle prossime settimane, sul luogo del disastro,una nave attrezzata con robot che dovranno esplorare il fondale marino a 230 metri di profondità dove giacciono i resti  del motopesca, e recuperare i resti che saranno rinvenuti,  di quella barca che “ora è un rantolo contorto”. Poco si potrà per “quei faticatori del mare, brandelli di umanità insepolta”  -solo un corpo venne recuperato-, ma certamente è un segnale, sta indicare che “qualche volta il giornalismo d’inchiesta può fare miracoli; che qualche volta il giornalismo può essere autenticamente servente il sistema Paese” dice Lannes.

Copertina diel libro inchiesta ‘Nato: colpito e affondato’ di Gianni Lannes, edito da Edizioni La Meridiana

L’autore però nutre dubbi: “Il recupero sarà compiuto dalla Marina Militare, la stessa che è parte in causa nel depistaggio di tutti questi anni. Questo mi preoccupa molto. Temo possa trasformarsi in un recupero che affonda  definitivamente il caso”.

Il libro è stato il frutto di un lavoro di anni di indagini di Lannes. In esso l’autore ripercorre a ritroso i fatti, fino ad arrivare al 12 giugno 2009, giorno in cui il Presidente del Consiglio firma un decreto, denominato “Determinazione nell’ambito dei singoli livelli di segretezza, dei soggetti con poteri di classifica, dei criteri di individuazione delle materie oggetto di classifica nonché dei modi di accesso nei luoghi militari o definiti di interesse per la sicurezza della Repubblica”, in cui all’articolo 2 si legge “Il presente decreto si applica a tutti i soggetti pubblici e privati che, per fini istituzionali o contrattuali, hanno necessità di trattare informazioni, atti, attività, documenti, cose e materiali classificati, sia nazionali che originati nel quadro del Trattato Nord Atlantico, dell’Unione europea e di qualunque altro accordo internazionale stipulato dallo Stato”. Nel libro Lannes riporta documenti, testimonianze, nomi di sommergibili, imbarcazioni militari, velivoli che quella notte erano sul posto. L’autore ha fatto immersioni subacquee che lo hanno portato a raccogliere filmati del relitto (alcuni dei quali presentati alla Camera dei Deputati lo scorso anno) sui quali poi ha lavorato nei mesi successivi. Soprattutto ha lavorato sui documenti ufficiali secretati della NATO, e sulle indagini autoptiche sull’unico corpo recuperato. Insieme Lannes ricostruisce la “versione ufficiale dell’accaduto inventata a tavolino dai responsabili dell’Alleanza Atlantica con il tacito accordo dello Stato Maggiore della Marina tricolore”, le “innumerevoli manomissioni di provesparizione e distruzione dei reperti, depistaggi”, “le menzogne dei militari rilanciate dai media”, le responsabilità dei consulenti tecnici e la “superficialità dei magistrati”.

C’è un filo rosso e oscuro che attraversa la storia di questo paese, un filo al quale restano appesi come fantasmi i misteri che avvelenano la memoria e impediscono di definirci una democrazia matura, ragionevole, compiuta…” scrive Andrea Purgatori, autore della prefazione, definendo “la tragedia insabbiata del Francesco Padre” un paradigma della storia più recente del Paese. Considerando la piega che sta prendendo questa vicenda -riapertura dell’indagine e decisione a far eseguire il recupero dei resti dell’imbarcazione- c’è da auspicare che il paradigma proposto da Purgatori si avveri. “Me lo auguro, è per questo preferisco preoccuparmi per la scelta della Procura di far eseguire i lavori alla Marina”.

LA NOTIZIA
nei giorni scorsi, dopo un vertice a Trani tra il procuratore di Trani, Carlo Maria Capristo, il Pubblico Ministero Giuseppe Maralfa, l’ammiraglio di squadraAndrea Toscano, comandante in capo del Dipartimento Militare Marittimo dello Jonio, e il contrammiraglio Salvatore Giuffrè, comandante della Guardia Costiera di Bari, è stato deciso di procedere al recupero del relitto.
Alla somma necessaria per avviare le operazioni (un milione di euro) mancavano quasi 600mila euro fino alla scorsa settimana (300mila euro già stanziati dal Comune di Molfetta e 100mila dalla Regione Puglia), ora coperti dalla Marina Militare, che coordinerà anche il recupero dopo aver svolto un preliminare sopralluogo a 240m di profondità.

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