Ecco cosa ha scritto il presidente Stefano, confermando la richiesta di arresti domiciliari per il Senatore Azzollini

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Legislatura 17ª – Giunta delle elezioni e delle immunita’ parlamentari – Resoconto sommario n. 75 del 07/07/2015

GIUNTA DELLE ELEZIONI E DELLE IMMUNITA’ PARLAMENTARI

MARTEDÌ 7 LUGLIO 2015

75ª Seduta

Presidenza del Presidente

STEFANO

 

La seduta inizia alle ore 20,05.

 

IMMUNITA’ PARLAMENTARI

 (Doc. IV, n. 8) Domanda di autorizzazione all’esecuzione dell’ordinanza applicativa della misura cautelare degli arresti domiciliari nei confronti del senatore Antonio Azzollini

(Seguito dell’esame e rinvio)

La Giunta riprende l’esame iniziato nella seduta del 16 giugno e proseguito nella seduta del 18, del 23 giugno e del 2 luglio 2015.

Il PRESIDENTE rammenta preliminarmente che l’articolo 68 della Carta costituzionale prevede che: “I membri del Parlamento non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell’esercizio delle loro funzioni. Senza autorizzazione della Camera alla quale appartiene, nessun membro del Parlamento può essere sottoposto a perquisizione personale o domiciliare, né può essere arrestato o altrimenti privato della libertà personale, o mantenuto in detenzione, salvo che in esecuzione di una sentenza irrevocabile di condanna, ovvero se sia colto nell’atto di commettere un delitto per il quale è previsto l’arresto obbligatorio in flagranza. Analoga autorizzazione è richiesta per sottoporre i membri del Parlamento ad intercettazione, in qualsiasi forma, di conversazioni o comunicazioni e a sequestro di corrispondenza”.

La legge 20 giugno 2003, n. 140, “Disposizioni per l’attuazione dell’articolo 68 della Costituzione nonché in materia di processi penali nei confronti delle alte cariche dello Stato”, all’articolo 3 rafforza e spiega il senso di questainsindacabilità giudiziale, nella parte in cui spiega che “L’articolo 68, primo comma, della Costituzione si applica in ogni caso per la presentazione di disegni o proposte di legge, emendamenti, ordini del giorno, mozioni e risoluzioni, per le interpellanze e le interrogazioni, per gli interventi nelle Assemblee e negli altri organi delle Camere, per qualsiasi espressione di voto comunque formulata, per ogni altro atto parlamentare, per ogni altra attività di ispezione, di divulgazione, di critica e di denuncia politica, connessa alla funzione di parlamentare, espletata anche fuori del Parlamento”.

Il Presidente relatore osserva che tutela della funzione parlamentare, il diritto costituzionale dello stesso ad esprimere un proprio punto di vista – in tutte le forme in cui la di lui funzione si esprime – contiene il senso della guarentigia punitiva, e della compressione della ordinaria tutela e procedura giurisdizionale, la cui restrizione viene dunque attuata, a queste condizioni, in modo proporzionato allo scopo per cui la limitazione medesima si realizza.

In altre parole, a suo avviso, l’assunzione di una posizione, in senso lato politica, non può essere sindacata e sanzionata, dunque non può essere perseguita dall’autorità giudiziaria, la cui ordinaria competenza si arresta – tanto è rilevante tale libertà parlamentare – ben prima della effettiva e conclamata persecuzione, ma già alle soglie del fumus, della parvenza di persecuzione politica. Sia essa del magistrato stesso, animato da dissenso personale, sia essa di un terzo estraneo, il quale veicoli la propria istanza punitiva e persecutoria attraverso l’impulso alla obbligatoria iniziativa penale, il membro del consesso parlamentare non può vedere limitata la propria funzione rappresentativa a causa di una iniziativa procedimentale che trae origine da un probabile, o possibile, intento persecutorio.

Il Presidente relatore sostiene quindi che il fumus persecutionis sia esattamente il recinto logico delle riflessioni della Giunta. Egli si ritiene fermamente convinto che l’organismo giuntale non possa in alcun modo qualificarsi come organismo di giurisdizione parlamentare, non possa cioè in alcun modo addivenire ad alcun sindacato processuale, ulteriore rispetto a quello previsto dal codice di procedura penale, né possa in alcun modo cedere alla tentazione di configurare un privilegio sistemico per il parlamentare, tanto odioso quanto non facilmente spiegabile, sia dal punto di vista costituzionale che sovranazionale.

La corposa richiesta proveniente dalla magistratura, inquirente e decidente, assistita da massiccia documentazione probatoria, rappresenta, a suo avviso, un punto di vista, logico e giuridico, meritevole di attenzione tanto quanto la altrettanto ragionevole richiesta del parlamentare di vedere accolte le proprie argomentazioni difensive, supportate da un ragionamento alternativo a quello contenuto nella richiesta di misura cautelare.

Le due verità, quella per così dire accusatoria e quella difensiva, possiedono una dignità e una ragionevolezza che la Giunta non può – secondo il Presidente relatore – in alcun modo sindacare nelle forme di un improbabile accertamento di merito, a meno di non volere accedere alla impostazione che la Giunta, in epoca recente, ha già collegialmente ritenuto di non dover condividere: natura giurisdizionale, autodichia, regole del giusto processo, terzietà e conseguente astensione o ricusazione, sono temi che già si sono affacciati nella riflessione giuntale sin dal caso “Berlusconi”, e risolti nei termini di una visione d’insieme avversa all’idea di una giurisdizione speciale, di un grado di giudizio parallelo a quello ordinario, di un “secondo tempo” capace addirittura di sovrapporsi e neutralizzare il “primo tempo” giurisdizionale.

La rivisitazione logica e giuridica del punto di vista cautelare è naturalmente possibile, ma è affidata, per il parlamentare quanto per il comune cittadino, alle forme di discussione processuale – dal riesame fino al grado di legittimità – quali appuntamenti procedurali di un giusto processo e di un giusto equilibrio fra punti di vista differenti in materia così delicata, quale quella della libertà personale dei cittadini. Al Senato, e prima ancora alla Giunta, compete invece una lettura d’insieme volta a comprendere l’esistenza o meno di una persecuzione politica espressa nelle forme di una dinamica giudiziaria, eventualmente viziata dal fumus persecutionis e in questo senso, solo in questo senso, insincera e intollerabile e, dunque, censurabile dal controllo parlamentare.

Ancora una volta il Presidente relatore si dice convinto di dover sfuggire alla logica binaria del colpevole versus innocente, accusa versus difesa, e debba invece condurre il ragionamento alla sola ed esclusiva valutazione espressa nel sintagma che traduce il senso della tutela costituzionale da cui ha preso le mosse: nulla di più, nulla di meno del fumus persecutionis.

Questo particolare angolo di osservazione spiega, a suo parere, anche quello che, altrimenti, potrebbe apparire un innaturale disequilibrio dialettico, la facoltà cioè del parlamentare di esporre il proprio convincimento – quanto appunto alla presenza del fumus – in assenza di un garantito contraddittorio con la parte alla quale si addebita la parvenza di persecuzione, a riprova di una traccia logica che contiene il senso del sindacato giuntale e senatoriale, interessato alla funzione parlamentare, nel caso in questione raccontata dal senatore Azzollini, e dalla derivata ostilità, affidata anch’essa al racconto del senatore interessato, di cui appunto l’iniziativa giudiziaria sarebbe diretta o indiretta derivazione. Non vi è scambio di punti di vista, non vi è dibattito fra colui che perseguita e colui che è perseguitato, non vi è spazio per prova contraria; il senatore può ampiamente dire e sostenere tutto quello che ritiene rilevante sulla subita persecuzione, sapendo di dover documentare il proprio punto di vista ed offrirlo unilateralmente al dibattito giuntale e parlamentare. È così importante la posta in giuoco, la di lui libertà politica e parlamentare, da essergli consentita la più ampia dimostrazione di una persecuzione non altrimenti fronteggiabile, se non con l’ausilio di una decisione di collegio e di colleghi.

A rileggere e riascoltare la difesa del senatore Azzollini – osserva il Presidente relatore – il processo di cui la Giunta è chiamata ad occuparsi, nella particolare forma di autorizzazione alla richiesta di custodia domiciliare, sarebbe legato alla persecuzione da lui subita in ragione di alcune iniziative a lui riconducibilia) un particolare indirizzo politico legislativo a favore dell’ente;  b) una ostilità dell’ufficio procedente in conseguenza di un diniego per una diversa indagine, anch’essa curata dalla medesima Procura;                                                                                                                                              c) una anomala vicinanza del commissario straordinario, contiguo alla idea accusatoria, con professionista legato da rapporto di parentela con altro magistrato, appartenente al medesimo ufficio di Procura; d) la presentazione da parte del senatore Azzollini di una denuncia penale e un esposto al Consiglio Superiore della Magistratura nei confronti di magistrati che, nella diversa e citata indagine sempre a suo carico, avrebbe esercitato le proprie funzioni in maniera disciplinarmente anomala e, persino, penalmente rilevante; e) infine, una personale ostilità del principale testimone d’accusa, veicolata in dichiarazioni accusatorie insincere e contraddittorie.

In verità la prova di tale dichiarata persecuzione resta confinata, secondo il Presidente relatore, in documentazione piuttosto fragile, ai limiti della inconsistenza, e soprattutto esposta a plateali contraddizioni logiche.

Iniziando dall’indirizzo legislativo a favore dell’ente, rileva che la costruzione accusatoria si sofferma sulla coerenza delle iniziative parlamentari del senatore Azzollini, ma al dichiarato intento di indagarne e svelarne la finalità illecita maturata all’interno di un contesto delinquenziale di cui il senatore Azzollini è considerato parte integrante. L’indirizzo legislativo, patrocinato dal senatore Azzollini, nella idea accusatoria rappresenta una parte della complessa dinamica di cui si sospetta la anomalia, e dunque è ben lontana da sostanziare un motivo di risentimento e di persecuzione attuata per altre vie. Detto in altro modo, il sindacato legislativo – ammesso che possa esercitarsi e venga di fatto esercitato – è connesso esattamente al tipo di indagine svolta dai pubblici ministeri inquirenti, i quali ritengono di ritrovare elementi di conferma di un punto di vista accusatorio interno al processo per cui è causa e che esprime, semmai, la ricerca di una logica d’insieme, e non l’occasione di una persecuzione per via giudiziaria. Resta inverosimile l’intento persecutorio, tanto quanto l’idea di poter minimamente sindacare direttamente la scelta legislativa, sulla quale non può immaginarsi alcun controllo di legalità penalistica.

Rispetto, invece, alla presunta ostilità dell’ufficio procedente, il Presidente relatore evidenzia che la cosiddetta indagine sul porto di Molfetta appartiene in realtà, e così la richiesta di uso delle intercettazioni, a magistrati diversi da quelli che hanno chiesto l’applicazione della misura cautelare. E parimenti diverso risulta il giudice per le indagini preliminari che ha firmato la ordinanza cautelare. Il che esclude di poter ritenere che si palesi un rapporto di causa effetto fra l’una e l’altra iniziativa processuale, a meno di non addivenire all’incredibile deduzione di ritenere che l’insoddisfazione di alcuni magistrati possa essere la causa di una soddisfazione ricercata da altri magistrati in una incredibile visione corporativa, palesemente antitetica all’idea di servizio e ricerca della verità che guida – salvo prova contraria – le iniziative processuali dei singoli magistrati.

Come pure rispetto alla anomala vicinanza tra commissario straordinario e professionista parente di altro magistrato, il Presidente relatore rileva che, il sostituto procuratore, il cui fratello avrebbe ricevuto incarico legale dal commissario straordinario, è anch’egli figura estranea al procedimento penale del quale la Giunta si occupa, né ritiene che l’incarico affidato a professionista esterno possa incontrare qualche chiave di lettura, che consegni elementi certi a favore del supposto fumus persecutionis.

Rispetto, poi, a denuncia penale ed esposto al Consiglio Superiore della Magistratura, evidenzia che i magistrati attratti nelle segnalazioni presentate dal senatore Azzollini – e a quanto pare non seguite da iniziative concludenti – sono anch’essi diversi dai due pubblici ministeri firmatari della richiesta, e dal giudice per le indagini preliminari firmatario della ordinanza. C’è di più, semmai ve ne fosse bisogno, poiché l’argomento incontra una ulteriore e definitiva smentita, nel punto di vista espresso dal Tribunale del riesame, la cui composizione collegiale, e persino autorevole, allontana la già remota possibilità di una congiura giudiziale viziata da un fumus persecutionis che avrebbe pervaso, a questo punto, il giudizio di ben sei magistrati, gli ultimi tre, come detto, distanti anche topograficamente dalle vicende di cui alla presente riflessione.

E, infine, sulla presunta ostilità del principale testimone d’accusa, il Presidente relatore sottolinea che il corposo supporto probatorio, di quasi 20 faldoni e migliaia di documenti, posto a base della richiesta cautelare – naturalmente leggibile in chiave accusatoria, tanto quanto in chiave difensiva, e naturalmente sindacabile dal primo ed immediato controllo di legalità dinanzi al Tribunale del riesame oltre che dalla successiva verifica di legittimità – consentono di guardare al fumus persecutionis del citato testimone d’accusa come uno solo dei tasselli argomentativi sui quali è costruita la richiesta sulla quale la Giunta sta svolgendo le sue riflessioni.

Per quanto argomentato nell’analisi del relatore, e non intravedendo il richiesto fumus persecutionis, il Presidente relatore propone quindi alla Giunta di votare e approvare la presente relazione, favorevole alla concessione della autorizzazione alla esecuzione della misura cautelare degli arresti domiciliari emessa dal giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Trani nei confronti del senatore Antonio Azzollini.

Si apre quindi la discussione generale sulla proposta formulata dal Presidente relatore.

Il senatore AUGELLO (AP (NCD-UDC)) ritiene che l’impostazione seguita dal Presidente relatore dovrebbe essere rovesciata poiché la Giunta, in casi come quello in esame, è chiamata a valutare la sussistenza o meno del fumus persecutionis partendo necessariamente dalla documentazione trasmessa dall’autorità giudiziaria, mentre solo in un secondo momento l’organo parlamentare approfondisce le argomentazioni difensive sostenute dal senatore interessato.

Nella propria esperienza di componente della Giunta da alcune legislature, ha avuto modo di riscontrare, nelle varie fattispecie esaminate, tipologie di fumus persecutionis, talvolta di natura occasionale oppure determinato dall’inesperienza di alcune Procure o innescato da piccole furbizie con le quali si sono rappresentati i fatti in modo distorto. Nella vicenda riguardante il senatore Azzollini ritiene che gli elementi di valutazione posti a conoscenza della Giunta siano stati del tutto mal confezionati.

In primo luogo, appare assai grave che l’episodio più rilevante attribuito al senatore Azzollini – ossia una frase offensiva rivolta ad una religiosa – sia sorretto sul piano probatorio da dichiarazioni testimoniali discordanti e contraddittorie, non idonee a circoscrivere o ad indicare il periodo temporale in cui si sarebbe verificata una così grave circostanza, oggetto del linciaggio mediatico cui è stato da subito esposto lo stesso senatore.

Ritiene che l’intento persecutorio, per essere definito come tale, si accompagni comunque ad un minimo di dignità, presupponendo una qualità di argomentazioni che in questo caso sono del tutto assenti, denotando conseguentemente un fumus persecutionis maldestro. Peraltro, a conferma di un quadro probatorio carente e fragile si percepisce in modo evidente come talvolta le risposte dei soggetti chiamati a deporre siano state sollecitate e in qualche modo suggerite dalle stesse domande formulate dai magistrati inquirenti.

In secondo luogo, il fumus persecutionis va necessariamente valutato anche e soprattutto alla luce dell’attualità del pericolo di reiterazione dei reati addebitati al senatore Azzollini, che costituisce il presupposto indispensabile per dare fondamento alla misura cautelare. In questo caso, non sussistono elementi tali da configurare tale necessario presupposto, limitandosi l’ordinanza trasmessa dal Tribunale di Trani a ricostruire un contesto di natura locale all’interno del quale è possibile anche supporre un forte pregiudizio da parte dei vertici della stessa Procura nei confronti del senatore Azzollini, coinvolto, solo pochi mesi fa, da una domanda di autorizzazione all’utilizzo di intercettazioni per una fattispecie relativa al porto di Molfetta. A suo avviso proprio la dimensione locale di tale contesto induce a sfuggire alla tradizionale dicotomia tra giustizialismo e garantismo, che si sente ripetere davanti alla Giunta quando sono in discussione richieste dell’autorità giudiziaria di questo tenore.

In conclusione, la pochezza delle argomentazioni contenute nella ordinanza applicativa della misura cautelare, l’assenza di ogni riferimento al senatore Azzollini – chiamato in causa esclusivamente per una frase che ha innescato una campagna mediatica a suo danno – nonostante l’inchiesta nel suo complesso appaia ampia e seria, inducono a ritenere che la proposta avanzata dal Presidente relatore non possa trovare accoglimento.

Il senatore GIOVANARDI (AP (NCD-UDC)) sottolinea che la frase offensiva attribuita al senatore Azzollini e rivolta, secondo l’accusa, ad una delle religiose della Casa della Divina Provvidenza ha alimentato una vicenda mediatica che fin da subito ha avuto un’eco nazionale. Eppure proprio la frase sulla quale ruota l’ordinanza trasmessa dal Tribunale di Trani non risulta fondata, essendo le testimonianze in argomento del tutto contraddittorie; inoltre la stessa religiosa, in una successiva deposizione, ha negato l’episodio.

Tale vicenda può essere inquadrata anche tenendo conto del processo storico che ha condotto, nell’anno 1993, ad una riforma dell’istituto dell’autorizzazione a procedere, rispetto alla quale non può essere più avanzata la tesi della precostituita difesa corporativa che i parlamentari azionerebbero in modo automatico ogni qual volta uno di loro sia interessato da richieste provenienti dall’autorità giudiziaria.

Appare poi grave che uno dei cardini sui quali poggia la richiesta dell’autorità giudiziaria pugliese sia costituita dall’attività parlamentare svolta dallo stesso senatore Azzollini, attività che deve ritenersi insindacabile. Inoltre, lo stesso senatore non è più in grado di incidere o di interferire nella gestione della casa di cura in questione, che è stata commissariata.

Ancor più incongruo, a suo avviso, è prospettare al Parlamento una richiesta di misura cautelare degli arresti domiciliari – la più grave delle richieste poiché comprime la libertà personale del parlamentare – tale da alterare, qualora fosse accolta, la composizione di un organo elettivo e lo stesso gioco democratico, rischiando di ripercorrere quanto già accaduto, per effetto di circostanze simili, in occasione della caduta del governo Berlusconi nella precedente legislatura. In particolare, viene richiamato il caso dell’arresto dell’onorevole Papa. Il senatore Giovanardi evidenzia che l’accoglimento della richiesta di arresto del senatore Azzollini potrebbe rischiare di compromettere la durata della legislatura in corso.

Il fatto che su tale vicenda si siano pronunciati diversi magistrati e che siano state spese migliaia e migliaia di pagine documentali non rappresentano circostanze tali da dimostrare ex se la fondatezza delle accuse nei confronti del senatore Azzollini; al contrario, sono stati impiegati argomenti, a suo giudizio, grotteschi e vergognosi, soprattutto in relazione alla attualità del pericolo nella reiterazione dei reati, presupposto indefettibile delle misure cautelari che, tuttavia, in questo caso risulta del tutto inconsistente.

Il senatore MALAN (FI-PdL XVII) richiama preliminarmente l’attenzione sulla ratio sottesa alle prerogative di cui all’articolo 68 della Costituzione, evidenziando che il carattere non elettivo della magistratura e la stessa indipendenza garantita a tale ordine dalla Costituzione postulano necessariamente un bilanciamento dei poteri, volto a salvaguardare la funzione legislativa e parlamentare da indebite ingerenze dell’autorità giudiziaria.

L’oratore effettua una disamina di tutte le incongruenze e contraddizioni riscontrabili rispetto alle testimonianze del signor Lo Gatto e di suo figlio, facendo presente che a seguito di tali diascrasie il magistrato procedente avrebbe avuto l’onere di ricercare riscontri oggettivi, senza limitarsi – come è stato invece fatto nel caso concreto – a prendere semplicemente atto di tali affermazioni. Il mancato assolvimento di tale onere costituisce uno degli elementi sintomatici della sussistenza di un fumus persecutionis da parte dell’autorità giudiziaria nei confronti del senatore Azzollini.

Il senatore Malan fa poi presente che non si è tenuto in alcun modo conto della circostanza che l’ente ospedaliero in questione è stato commissariato, con la conseguenza che nessun atto gestionale può attualmente essere effettuato senza il controllo preventivo dell’autorità giudiziaria. Quindi, nell’attuale contesto non vi sarebbe alcuna oggettiva possibilità per il senatore Azzollini di condizionare la gestione di tale struttura sanitaria.

Va poi rilevato che la ricostruzione dei fatti effettuata dall’autorità giudiziaria presenta delle lacune inspiegabili, atteso che in nessun caso vengono indicate le cifre precise degli ammanchi ricollegabili – secondo la tesi accusatoria – a comportamenti del senatore Azzollini.

Tutte le incongruenze fin qui evidenziate lasciano emergere un chiaro ed evidente fumus persecutionis.

Il senatore D’ASCOLA (AP (NCD-UDC)) precisa preliminarmente che la valutazione spettante alla Giunta risulta del tutto autonoma rispetto all’ambito di giudizio riservato al Tribunale della Libertà, dovendo il Senato riscontrare la sussistenza o meno del fumus persecutionis, a prescindere quindi dalle decisioni assunte nel frattempo dal predetto organo giurisdizionale. Sottolinea a tal proposito che l’ottica sottesa al giudizio della Giunta deve essere necessariamente orientata nella prospettiva della salvaguardia della funzione parlamentare e dei postulati democratici sottesi alla stessa.

Evidenzia inoltre l’oratore che il riscontro del fumus persecutionis non può essere circoscritto al solo fumus di primo grado – sussistente qualora si riscontri uno specifico animus persecutorio in capo al magistrato – essendo al contrario necessario estendere la verifica anche in relazione al fumus di secondo grado (o soggettivo) ed infine al fumus di terzo grado (o oggettivo). In particolare il fumus di secondo grado attiene ai tempi e alle specifiche modalità del procedimento penale volti a far emergere una persecutorietà delle attività poste in essere dall’autorità giudiziaria. Relativamente invece al fumus di terzo grado o oggettivo, rileva che lo stesso è configurabile nei casi in cui gli atti risultino manifestamente e palesemente infondati.

Occorre poi valutare anche la gravità del titolo di reato, come pure la gravità delle esigenze cautelari, che deve essere tale da giustificare l’adozione di una misura cautelare detentiva nei confronti del parlamentare, suscettibile di modificare la composizione dell’organo assembleare.

L’oratore sottolinea poi che nel caso di specie la configurabilità di un reato associativo ai sensi dell’articolo 416 del codice penale risulta palesemente infondata, atteso che la tesi accusatoria prospetta l’esistenza di un programma delinquenziale funzionale alla commissione di una serie determinata di delitti, che potrebbe essere astrattamente idoneo solo per la configurabilità di una fattispecie di concorso di persone nel reato, ma non certo per l’associazione a delinquere. Il reato associativo infatti presuppone che l’associazione stessa sia funzionale alla realizzazione di una serie indeterminata (e non quindi determinata, come nel caso di specie) di delitti, come ha chiarito in più circostanze la giurisprudenza della Corte di Cassazione.

Va inoltre rilevato che la veste di amministratore di fatto nella quale – secondo la tesi accusatoria – il senatore Azzollini avrebbe operato rispetto alla struttura sanitaria, avrebbe necessariamente richiesto una dimostrazione il più possibile stringente del nesso eziologico fra condotta posta in essere dallo stesso e dissesto. Nel caso di specie invece il predetto nesso eziologico non è in alcun modo comprovato, potendo tutt’al più emergere una causalità multifattoriale. È quindi ravvisabile nel caso di specie un “malgoverno” della norma di diritto sostanziale da parte dell’autorità giudiziaria, con conseguente configurabilità dei profili di manifesta infondatezza atti a connotare il fumus di terzo grado o oggettivo.

Un altro palese indice del fumus di terzo grado è ravvisabile sul piano delle esigenze cautelari, che nel caso di specie risultano del tutto prive del requisito di attualità, atteso che i fatti in questione risalgono addirittura all’anno 2013.

L’oratore evidenzia poi che l’esigenza cautelare deve essere connotata da un’oggettività, mentre nel caso di specie la stessa è desunta esclusivamente dalle affermazioni di un soggetto che risulta in conflitto di interesse con il senatore Azzollini.

Relativamente al fumus di secondo grado, il senatore D’Ascola precisa che le modalità concrete e la tempistica con cui è stato condotto il procedimento in questione lasciano emergere la sussistenza di tale tipologia di fumus in maniera inequivocabile, atteso che l’autorità giudiziaria non ha assunto alcun provvedimento cautelare nella fase in cui le esigenze cautelari erano potenzialmente più pregnanti, ossia prima della nomina del commissario straordinario, adottando al contrario tale provvedimento restrittivo in fase successiva, quando il rischio cautelare risulta oggettivamente minimo o addirittura nullo.

Il senatore Mario FERRARA (GAL (GS, MpA, NPSI, PpI, IdV, VGF, FV)) propone di rinviare la conclusione dell’esame del documento in titolo alla seduta di domani.

Il Presidente STEFANO sottopone alla Giunta la proposta di rinvio testè formulata dal senatore Ferrara.

Conviene la Giunta su tale proposta.

Il seguito dell’esame è quindi rinviato.

 

La seduta termina alle ore 22,05.

 

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