“Non ho ricevuto soldi da altri avvocati oltre a Giancarlo Chiariello, non sto coprendo nessuno ma non voglio accusare nessuno”: così ha detto il giudice Giuseppe De Benedictis durante l’interrogatorio di garanzia. Contestualmente, ai pm di Lecce ha fornito indicazioni sul possibile coinvolgimento di altri magistrati, in servizio negli uffici giudiziari di Bari, in vicende poco chiare e che meriterebbero di essere approfondite.
Potrebbe diventare una valanga capace di travolgere l’intero sistema giudiziario barese, l’inchiesta salentina che il 24 aprile ha portato in carcere De Benedictis, Chiariello e un pregiudicato di Vieste, Danilo Pietro Della Malva, e nell’ambito della quale sono stati notificati avvisi di garanzia per corruzione in atti giudiziari e rivelazioni di segreti d’ufficio ad altre nove persone (quattro gli avvocati).
Chiuso il capitolo degli interrogatori, si attende la decisione della gip Giulia Proto sull’istanza di scarcerazione presentata dagli avvocati Saverio Ingraffia e Gianfranco Schirone per conto di De Benedictis, dimessosi dalla magistratura e autore di una parziale confessione e dunque, per i suoi difensori, materialmente impossibilitato a reiterare il reato o a inquinare le prove. La concessione degli arresti domiciliari, però, potrebbe essere collegata alla volontà del giudice di collaborare con gli inquirenti, ai quali ha manifestato disponibilità.
Per il momento ha fornito soltanto indicazioni su voci che da anni si rincorrono nei tribunali di Bari in merito ai rapporti privilegiati fra alcuni avvocati e alcuni magistrati. Rapporti che in alcuni casi sarebbero stati molto stretti e conditi da frequentazioni extraprofessionali, legami di amicizia e perfino relazioni sentimentali.
Sul punto, però, la Procura di Lecce va con i piedi di piombo, com’è giusto che sia e come ha già fatto, negli anni passati, nell’inchiesta che nel 2019 portò all’arresto degli ex magistrati tranesi Michele Nardi e Antonio Savasta, poi condannati a 10 e 16 anni. Il timore di una condanna pesante per De Benedictis è grande, alla luce di elementi probatori che già ora appaiono molto solidi come la mazzetta che i carabinieri gli hanno trovato addosso, i 60mila euro a casa e le intercettazioni.
La posizione di Chiariello
Ma la situazione è complicata anche per l’avvocato Chiariello e non è un caso che pure lui — assistito dai colleghi Andrea Sambati e Raffaele Quarta — abbia ammesso tre dei quattro episodi di corruzione contestati, così come ha fatto il giudice. Sul modo in cui il sistema di mazzette è stato messo in piedi, però, i due indagati non soltanto hanno fornito versioni contrastanti, ma si sono addossati reciprocamente le responsabilità.
“L’avvocato Chiariello mi ha proposto un accordo per la scarcerazione di Della Malva — ha spiegato il magistrato ai colleghi di Lecce — Ha fatto pressioni su di me e io non ho saputo dire di no, anche in virtù del rapporto di amicizia che ci legava”. Alla domanda sul motivo che lo ha spinto a portare avanti l’accordo corruttivo anche in relazione ad altri indagati, De Benedictis ha fatto capire che temeva un ricatto: “Quando resti bloccato nel sistema, non puoi uscirne”. Chiariello, da parte sua, ha riferito che sarebbe stato De Benedictis a chiedere il suo aiuto in relazione ad alcuni problemi e che lui è stato lieto di fornirglielo.
Versioni che non convincono del tutto i pm Roberta Licci e Alessandro Prontera, timorosi di veder replicare un nuovo ‘caso Savasta’, ovvero ammissioni di responsabilità limitate a ciò che gli indagati non possono negare perché ampiamente provato. Ciò a cui si punta, invece, è capire se a Bari sia esistito un ‘sistema’ che inquinava il funzionamento della giustizia e chi ne abbia fatto parte. Come emerge dall’ordinanza della gip, “alcune vicende sono ricostruite e altre ancora in corso di approfondimento”.
Il pregiudicato
Nei prossimi giorni saranno fissati altri interrogatori, mentre è finito con la negazione di ogni addebito quello di Danilo Pietro Della Malva, il pregiudicato intercettato mentre diceva alla moglie: “Ho speso 30mila euro per comprarmi un giudice a Bari”. Quella frase, stando a quanto Della Malva (assistito dall’avvocato Salvatore Vescera) ha detto alla gip, riguardava la cifra complessiva versata all’avvocato Chiariello per sostenere la sua difesa in diversi procedimenti.
L’uomo ha spiegato di avere versato il dovuto al legale, ma di non avere mai preso accordi con lui affinché consegnasse una parte di quel denaro al giudice De Benedictis. Secondo l’accusa, invece, avrebbe ottenuto gli arresti domiciliari proprio grazie a una cospicua mazzetta e con un provvedimento favorevole di De Benedictis. Successivamente la giudice Rossana De Cristofaro, lo ha rispedito in carcere, perché sorpreso più volte insieme con altri pregiudicati.