“Ci sono le cimici”. E Lerario in ufficio utilizzava i pizzini durante gli incontri

Il potente capo della Protezione civile regionale in carcere per corruzione dal 23 dicembre, cambiava stanza quando doveva ricevere imprenditori e direttori, dava appuntamenti nelle stazioni di servizio e lasciava il telefono in auto per parlare in tutta tranquillità – fonte: Chiara Spagnolo – bari.repubblica.it
 
All’interno del suo ufficio comunicava tramite pizzini per timore di essere intercettato Mario Lerario, il potente capo della Protezione civile regionale in carcere per corruzione dal 23 dicembre, che cambiava stanza quando doveva ricevere imprenditori e direttori, dava appuntamenti nelle stazioni di servizio e lasciava il telefono in auto per parlare in tutta tranquillità. Per la guardia di finanza, che gli stava addosso dalla scorsa primavera, il dirigente regionale era talmente consapevole di mettere in atto comportamenti illeciti da cercare di nasconderli costantemente, provando a « inquinare o nascondere elementi di prova a suo carico ». Senza tralasciare di riservare una serie di commenti tutt’altro che lusinghieri nei confronti di finanzieri e magistrati.

Ancora in carcere

La gip Anna Perrelli ha rigettato l’istanza di scarcerazione del dirigente, ritenendo che la revoca degli incarichi dirigenziali da parte della giunta regionale, la sospensione dal servizio e poi le dimissioni da dipendente della Regione (che «non risultano allo stato recepite in alcun provvedimento») non facciano venire meno le esigenze cautelari. Il procuratore Roberto Rossi e l’aggiunto Alessio Coccioli avevano dato parere negativo alla scarcerazione, anche sulla scorta di ulteriori accertamenti effettuati dal Nucleo di polizia economico- finanziaria della guardia di finanza. Per la giudice, dal giorno dell’arresto a oggi non si sono verificate novità tali da mutare il quadro indiziario e le esigenze cautelari. Al contrario, il fatto che Lerario abbia «abusato delle sue prerogative, interferito su altri funzionari regionali, sfruttato la sua rete di relazioni per condizionare l’azione amministrativa piegandola a fini privati » non depone a suo favore. Così come non viene giudicato positivamente il fatto che l’ex dirigente sia tuttora imputato in un processo per corruzione a Potenza. Senza tralasciare il pericolo di inquinamento probatorio, che la gip collega al fatto che le indagini siano ancora in corso e che restino ancora da chiarire i fatti relativi alla fuga di notizie sull’inchiesta.
 
L’avvocato Michele Laforgia rinuncerà a discutere la richiesta di scarcerazione anche davanti al tribunale del riesame (dove l’udienza era fissata per oggi) ma impugnerà il provvedimento della gip. Proprio al Riesame sono stati depositati una serie di atti, che la Procura ritiene utili per sostenere la propria posizione ovvero la necessità che Lerario resti in carcere. Le ipotesi di corruzione fin qui contestate riguardano le presunte tangenti pagate dagli imprenditori Luca Leccese di Foggia e Donato Mottola di Noci ( « regali di Natale » da 10mila e 20mila euro a loro dire), in cambio dell’aiuto dell’allora capo della Protezione civile ad ottenere importanti appalti. L’indagine, però, è molto più ampia e riguarda un vero e proprio «sistema», che per anni sarebbe stato tenuto in piedi negli uffici regionali, anche grazie a una rete di complicità e connivenze che gli accertamenti in corso stanno progressivamente facendo venir fuori.

La documentazione carente

Per i militari del Nucleo di polizia economico-finanziaria non è facile districarsi nel mare di atti firmati negli ultimi anni da Lerario e sui quali sono in corso anche gli accertamenti amministrativi di una specifica task force regionale. Dopo l’arresto del dirigente, i pm hanno firmato un ordine di esibizione della documentazione relativa agli affidamenti alla Dmeco Engineering di Donato Mottola e alla Edil Sella di Luca Leccese negli anni 2020- 2021. Stando a quanto comunicato pochi giorni dopo da Nicola Lopane (che è stato nominato dirigente della Protezione civile al posto di Lerario), nei confronti della la Dmeco la Regione ha assunto impegni di spesa per 8 milioni di euro negli ultimi due anni e 4,8 milioni di euro verso la Edil Sella. Lopane ha però chiarito che la documentazione esibita agli investigatori non era completa, integrandola il 10 gennaio e ribadendo che probabilmente ci sono altri atti relativi alle due ditte, detenuti direttamente da Lerario o da persone non ancora identificate. Dall’esame della documentazione acquisita la Finanza ha ritenuto che «Lerario ha avuto un ruolo quanto meno importante nella procedura di selezione del contraente ed è parzialmente detentore di documentazione indispensabile alla piena cognizione dell’iter procedurale adottato e all’individuazione dei responsabili delle scelte adottate e della formazione degli atti».

Le cimici e i marescialli

Le intercettazioni erano il chiodo fisso di Lerario. Che fin dalla scorsa primavera immaginava di essere protagonista di un’indagine, considerato che le notizie sull’inchiesta sulla realizzazione dell’ospedale Covid alla Fiera del Levante erano di dominio pubblico. I magistrati, però, sospettano che oltre alle supposizioni il dirigente avesse ricevuto anche alcune soffiate e stanno cercando di capire da chi. Del resto, le conversazioni intercettate sia tramite le ambientali nell’ufficio sia tramite il telefonino lasciano pochi dubbi. Il 21 maggio, per esempio, parlando con un uomo nella sua stanza, si faceva riferimento all’acquisto di una lampada da usare nelle ore serali, « quando Mario rimane da solo in compagnia del maresciallo » . Il 3 giugno Lerario diceva a una donna che «ci sono le cimici, ma lo spuntino si può comunque fare » . A settembre è partita la bonifica della stanza, nel corso della quale gli operai hanno scoperto l’apparato per le riprese video piazzato dalla Finanza ma non hanno trovato il microfono che ha consentito quindi di continuare a registrare le altre conversazioni ormai senza freni del dirigenti con gli uomini a lui vicini, che a qul punto erano convinti di non essere più ascoltati.

I pizzini

La consegna dei biglietti manoscritti è stata immortalata dalle telecamere nascoste piazzate negli uffici della Regione. In un episodio, in particolare, è stato ripreso un uomo — rappresentante di un’associazione di Putignano — che entrava nell’ufficio di Lerario, si sedeva davanti a lui e parlava di un incontro che dovevano fare con Donato Mottola, e comunque prima di Natale, per la consegna di qualcosa. Poi l’uomo faceva vedere dei fogli custoditi in una cartellina e Lerario replicava scrivendo qualcosa su un post- it e mostrandoglielo: l’interlocutore faceva sì con la testa, Lerario strappava quindi il biglietto e lo gettava nella pattumiera. Tale gesto — annota la Finanza — era avulso dalla conversazione in atto e dimostrava come le parole fossero soltanto di facciata e l’interlocuzione vera avvenisse tramite i biglietti.

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