Tre giornate di tensioni durante la festa di San Nicola, a Bari, con la rivolta degli ambulanti abusivi, manovrati come burattini dai clan della criminalità organizzata, che hanno dato vita a blocchi stradali, minacciato commercianti e rivolto minacce di morte al sindaco Antonio Decaro, nel mirino per aver imposto la tolleranza zero verso il gran bazar dell’illegalità che da sempre ha caratterizzato la sagra di San Nicola. Fino ad arrivare agli scontri di lunedì sera, quando nel bel mezzo della festa,c’è stato un violento faccia a faccia tra abusivi, pregiudicati e forze dell’ordine. È un’altra faccia di Bari – brutta, sporca e cattiva – a essere riemersa durante la rivolta degli abusivi alla festa di San Nicola? “Bari è tante cose, anche questo dunque e non bisogna dimenticarlo”, osserva il sociologo Franco Cassano: “La malavita organizzata e le sue profonde e radicate infiltrazioni nel tessuto sociale sono qualcosa che non abbiamo del tutto superato. Non bisogna scordare che, ancora una ventina d’anni fa, i venditori di sigarette di contrabbando presidiavano ogni angolo della città”.

Eppure uno scontro così diretto e aspro come quello che si è consumato durante la festa sembra non avere precedenti. Non le pare?
“Certo. Forse perché nell’ambito dell’organizzazione di determinati eventi di matrice popolare, la sagra di San Nicola in primo luogo, la criminalità organizzata ha sempre pensato di poter svolgere un ruolo egemone e dominante nel controllo del territorio. Averla sfidata su questo terreno, allora, ha prodotto un contraccolpo, la reazione di manifesta arroganza alla quale si è assistito”.

Fino alle minacce di morte al sindaco.
“Va dato atto e merito a Decaro di questa risolutezza e tenacia. Ma soprattutto bisogna evitare di lasciarlo solo. E non solo esprimendogli solidarietà: non è sufficiente. È necessario invece cercare di ricostruire un clima e un contesto nel quale la lotta ai clan ridiventi una priorità, ma nella consapevolezza che il terreno dello scontro si è fatto più complesso”.

Segno che a Bari si è abbassata la guardia rispetto al contrasto della criminalità?
“Durante gli anni Novanta in Puglia c’è stato un impegno molto deciso da parte delle istituzioni nella guerra alle mafie. Forse si è peccato di ottimismo nel ritenere che le vittorie conseguite fossero tali da far sì che la criminalità restasse sotto i livelli di guardia, ovvero che si ponesse in una sfera seminvisibile a eccezione di quei momenti di recrudescenza che pure ci sono stati. Non è così, invece, ma ripeto: gli scenari si sono fatti più articolati”.

In quali termini?
“Il punto è che all’interno del contesto barese ha avuto il suo drammatico peso la crisi economica che ha consegnato una serie di funzioni che normalmente sono proprie dello Stato alla criminalità, che si è posta come potere alternativo nel controllo del territorio. Il caso della festa di San Nicola ha svelato questo: i clan si sono ritagliati una funzione di assegnazione del lavoro, profittando ribadisco della pervasività di una crisi economica che ha messo in discussione l’occupazione e la fiducia nel domani”.

D’accordo, ma allora cosa bisogna fare?
“Serve un gioco di squadra che consenta alle istituzioni di assolvere ai propri compiti, riponendo come priorità l’impegno comune per riaffermare il primato della legalità e del rispetto delle regole per il bene comune”.

Anche ridiscutendo la fisionomia della festa di San Nicola, a questo punto?
“Nient’affatto. Si parla di un simbolo di tale rilevanza e importanza da non poter essere messo in discussione da quanto è accaduto: la festa non può e non deve essere monopolizzata dalla Bari dei clan, che in ogni caso sono parte minoritaria della città. Sono i baresi, quindi, che debbono reagire”.

In che senso?
“Esiste una maggioranza della città che è legata alla dimensione popolare, anche mangereccia, della festa: se si vuole che resti tale, allora, sono i baresi a non consegnarla nelle mani dei clan criminali. È questa Bari che dovrebbe avere un moto d’orgoglio e dimostrare di essere diversa dalla città dei clan. Il punto, insomma, non sono il panino e la bottiglia di birra come simbolo della sagra, ma la necessità che restino vivi purché nel rispetto delle regole non diventando così ostaggio dell’interesse dei boss. Perché concludere una festa con l’intervento delle forze dell’ordine, come è accaduto lunedì sera, non è accettabile. È una ferita alla città, un colpo duro agli sforzi che si sono fatti per ridare slancio e vitalità a Bari”.