
Molti proventi delle attività illecite sono stati riciclati nell’acquisizione di bar, ristoranti, stabilimenti balneari, b&b, garage e aziende che venivano sistematicamente intestate a prestanome – fonte: Chiara Spagnolo – bari.repubblica.it
Dopo gli arresti arrivano i sequestri: è definitivo il colpo inferto dallo Stato ai clan Parisi e Palermiti di Japigia. Beni per 12 milioni sono stati sequestrati a tredici esponenti dei due gruppi criminali – tra i quali Eugenio Palermiti, capo dell’omonimo clan e Tommy Parisi detto “il cantante” figlio del boss Savinuccio – che li avevano acquistati grazie ai proventi delle attività illecite, in primis il traffico di droga che rappresenta il core business delle consorterie.
L’indagine patrimoniale è la prosecuzione dell’inchiesta denominata Codice interno, che il 26 febbraio ha portato la Squadra Mobile e lo Sco ad eseguire 130 misure cautelari a carico di capi e affiliati ai due clan di Japigia. Quel giorno in carcere finì anche l’ex consigliere regionale Giacomo Olivieri (ai domiciliari la moglie Maria Carmen Lorusso e il suocero Vito Lorusso), accusato di voto di scambio politico-mafioso per aver chiesto e ottenuto l’appoggio dei clan per l’elezione della consorte al Consiglio comunale di Bari.
Anche nei confronti di Olivieri era stato disposto un sequestro di beni, quote societarie e conti correnti per circa 20 milioni di euro. Nel corso delle indagini sull’associazione mafiosa è emerso come molti proventi delle attività illecite fossero stati riciclati nell’acquisizione di attività legali (bar, ristoranti, stabilimenti balneari, b&b, garage, aziende di commercializzazione di vini e caffè), che venivano sistematicamente intestate a prestanome.
Tra le altre cose è emerso l’interesse degli affiliati per gli investimenti nel settore turistico. Il collaboratore di giustizia Domenico Milella ha anche raccontato come gli esponenti di vertice dei due clan avessero investito denaro anche nella costruzione di ville abusive a Torre a mare.
I sequestri sono stati disposti dal giudice Alfredo Ferraro, su richiesta dei pm Fabio Buquicchio, Federico Perrone Capano e Marco D’Agostino. Le persone indagate in questo filone di indagini patrimoniali, oltre a Tommy Parisi ed Eugenio Palermiti sono il figlio di quest’ultimo, Giovanni (di 48 anni), Anna Pascazio (50), Lorenzo Lafronza(45), Lorenzo e Nicola Catalano (44 e 69), Giuseppe Sciancalepore (69), Ignazio Froio(61), Giuseppe Scaglione (75), Floriana Froio (31) Luigi Mendola (48), Ruggiero Polli Diomede (53).
Oltre agli affiliati ai clan si tratta dei loro prestanome, ai quali vengono contestati i reati di associazione mafiosa e trasferimento fraudolento di beni. I sequestri sono stati eseguiti anche a carico di Antonino Palermiti, Cosimo Fortunato, Otello Natangeli, Antonio Carrassi.
È stato disposto il sequestro preventivo finalizzato alla confisca della società Arca Puglia srl, che si occupa di produzioni televisive, intestata a Ruggiero Polli Diomede, della società Antares titolare di un garage-autolavaggio in via G. Petroni, il Gran Autolavaggio di via Padre Pio, la sede e il centro estetico Biblo Sun di via Kolbe, la Cornetteria di Maria Vivace di via Caldarola, la Caffetteria Johanna sempre in via Caldarola, il Superlavaggio di via Peucetia, il Moloco caffè di via Salapia.
Poi la villa di Eugenio Palermiti in via Caldarola intestata a un prestanome, parte di un fabbricato in via Salapia, parte in via padre Kolbe a Bari, tre case a Barletta. Inoltre, vari conti correnti aperti da Giovanni Palermiti, uno intestato a lui, altri quattro ad Anna Pascazio, due al Centro carni pugliese dello stesso Palermiti; due conti del cugino Antonino Palermiti (figlio di un fratello di Eugenio), i conti correnti di Cosimo Fortunato e Otello Natangeli. E ancora un’Audi Q2, una Fiat 500 L. Tutti i beni sono stati affidati all’amministratore giudiziario Fabrizio Colella.
Un secondo decreto di sequestro è stato chiesto al gip dal pm Marco D’Agostino, nell’ambito dell’altro filone investigativo confluito poi nella stessa operazione Codice interno del 26 febbraio. Il giudice ha disposto l’apposizione dei sigilli alla società che commercializza caffè Raro srl, ad Artigianato italiano di Altamura, Immobiliare italiana di Matera, Falegnameria italiana di Altamura e un fabbricato a Matera ad essa intestato, Rf Group e Real Effe di Matera, la somma di 100mila euro nei confronti di Tommaso Lovreglio, Giovanni Sforza e Giuseppe Barracchia. Inoltre l’impresa G&G di Mazzelli Giuseppe di Gioia del colle, la somma di 55mila euro a Christopher Petrone, le quote della società CS di Casamassima, la pizzeria Il Vesuvio di Japigia, il patrimonio aziendale della ditta Salotti di Altamura, una quota della Evo Sofà, fabbricati e box auto ad Altamura. Sotto sequestro anche la casa di Tommaso Lovreglio (nipote del capoclan Savino Parisi) in via Archimede, la sua Jeep Compass e la Vespa.
I beni sequestrati in questa tranche d’inchiesta sono riconducibili a Giuseppe Petronella, Massimo Patella, Giuseppe Sette, Roberto Paolicelli, Tommaso Lovreglio, Giovanni Sforza, Giuseppe Barracchia, Tommaso Parisi, Christopher Petrone, Giuseppe Mazzelli, Vitantonio Liturri, Michele Calzolaio, Francesco e Raffaele Tagliaferro.